L'attività vulcanica e le sue conseguenze sismiche sono stata d'attualità negli ultimi mesi, con la crescita d'intensità del bradisismo dei Campi Flegrei e proprio di recente l'Etna, che è tornato alla ribalta con un'eruzione più drammatica e spettacolare del solito. Due realtà diverse che hanno un aspetto in comune: il contatto stretto con la popolazione che le vive quotidianamente, le cui esistenze si sviluppano in simbiosi con questi vulcani. Di questo, anche di questo almeno, parla VULC - L'essenza di un legame, il documentario realizzato dai Mecenati di Geopop e Andrea Moccia, girato tra i Campi Flegrei, Stromboli, Etna e Vesuvio.

Quattro vulcani, quattro realtà diverse, un unico grande legame tra la terra e i suoi pericoli e i centri abitati che vi sorgono attorno... o addirittura all'interno, come è il caso dei Campi Flegrei che sono un'enorme caldera in cui vivono oltre 500.000 persone. Di questo legame, ma anche dell'esperienza produttiva, abbiamo parlato con Andrea Moccia, che ha confermato la lucidità, precisione e brillante capacità espositiva che avevamo già immaginato divorando i video che realizza con il suo gruppo online.
Il contatto col pubblico
Un film come VULC è anche l'occasione per mettere in piedi proiezioni e portare avanti il contatto col pubblico, una strategia distributiva che ha molto senso oggi date le modalità con cui si sta sviluppando il mercato. Ma l'idea di fare un film per la sala è venuta in corsa: "L'idea ci è venuta durante il montaggio, perché stavamo producendo le musiche che abbiamo realizzato noi internamente e ci siamo detti di fare il mix 5.1" e da lì ad arrivare all'idea di fare delle proiezioni in passo è stato breve. "Nasceva per pubblicarlo su YouTube, però poi ci siamo detti, ma facciamola al cinema, cacchio, è bellissimo."

Ed è bellissimo VULC, con una cura delle immagini che si enfatizza quando fruito nel contesto sala, oltre ad avere una costruzione di più ampio respiro rispetto ai video realizzati per i canali YouTube e social di Geopop, da grande documentario classico, da lungometraggio per la sala. Ed era uno degli obiettivi di questo progetto, "dimostrare a noi stessi, prima di tutto, di poter sviluppare e non far sfigurare un contenuto da 80 minuti."
L'evoluzione e la visione di Geopop
Un primo esperimento in questo formato, che ci viene spontaneo chiedere di confrontare con le prime esperienze in ambito diverso. "L'unica cosa in comune rispetto al primissimo video era la tematica, guarda caso. Parlavamo di vulcani, il primo video di Geopop che feci nel 2018 era sui Campi Flegrei, però è veramente incredibile se tu metti play al primo video e poi metti play al documentario. Ecco, per me questi due play rappresentano tutto il percorso, un percorso importante di 7 anni al momento, dove ovviamente la differenza la fa la squadra. Il salto è proprio enorme, universale, gigantesco."

Sette anni che su web sono un tempo incredibile, che li ha resi una realtà storica, consolidata. Uno dei punti di riferimento. "Geopop nasce per passione, non a tavolino per un obiettivo economico o di business. Per noi lo sviluppo del progetto è a lungo, lunghissimo termine. Come ho detto in una sala a Napoli, spero di avere veramente dei risultati percepibili tra 20 anni, quando mio figlio ne avrà 22, 23. Spero che allora vedremo qualcosa, perché l'obiettivo di Geopop è tentare di contribuire, di alzare il livello culturale del paese. Una visione più che un obiettivo, perché ha un'ambizione gigantesca. Però secondo me uno 0,1% si può fare, con tanto lavoro."
L'uomo e i vulcani
Un aspetto significativo del nuovo progetto, di VULC, è di affrontare anche la traccia antropologica, indagare sulle popolazioni che vivono a contatto con le quattro realtà esplorare. "Noi abbiamo sempre affrontato le tematiche soprattutto da un punto di vista tecnico-scientifico. È un po' il nostro macchio di fabbrica. Però è chiaro che in tutto c'è un'evoluzione e questo era il caso in cui ci siamo sentiti di spingere questo confine. Perché nel ripetersi e raccontare i vulcani è sempre lo stesso modo i primi a stancarsi siamo noi. Quindi l'idea è stata quella di fondere l'aspetto tecnico-scientifico con un aspetto puramente antropologico, umano. Perché la narrazione, secondo me, più interessante sta in quel legame che abbiamo definito viscerale, tra uomo e vulcano."

Un legame evidente, ma non per questo comprensibile. "Un legame che non si spiega solamente con la sfera razionale. Perché noi siamo, forse in gran parte, esseri irrazionali. Quindi la mia idea è stata che ho bisogno di qualcuno. La fusione di due menti. Ed ecco che è entrato in campo Claudio Morelli, che è un fotoreporter, un carissimo amico, autore, regista. E lui è la mente più antropologica, conosce molto bene i territori, conosce bene molto le persone. E quindi è stato questo connubio a portare alla riuscita del progetto."
Da YouTube ai social a VULC, per respirare
Una narrazione diversa, quindi, sia per tematiche che per formato. "I nostri video durano 10 minuti, 12 minuti" ci ha detto ancora Andrea Moccia, "poi facciamo anche i reel che sono 2, 3 minuti. In quel tempo c'è la narrazione di un'intera storia. Nei primi 3 minuti, per l'esattezza 2 minuti e 48, di VULC non c'è una parola, solo immagini e musica. È proprio un'altra dimensione. La testa si apre e c'è una quantità di ossigeno narrativo ineguagliabile rispetto al web. E questo rappresenta anche una mia personale necessità artistica. Bisogna respirare. Andiamo dentro alle cose. Dico spesso che stiamo diventando come i vocali di Whatsapp, tutto a 2x. Ma se continueremo a questa velocità, cosa ci rimarrà?"
Andare in controtendenza
Una riflessione interessante, importante, che sentiamo nostra. Soprattutto quando Andrea Moccia aggiunge che "la bellezza a 2x non funziona, non può funzionare." E lo stesso vale per il pensiero, che ha bisogno di tempo per sedimentare, per il nostro cervello che è come se "si impermeabilizzasse", bombardato com'è da stimoli continui. Quindi, con Geopop, anche sul web, cerchiamo di andare un po' in controtendenza. Perché la tendenza negli ultimi anni è stata a ridurre i tempi. 5, 3, 2, 1, 30 secondi, a ridurre tantissimo. E noi, invece, abbiamo fatto il contrario. Perché vogliamo fare una divulgazione e divulgare in dieci minuti è già una riduzione di complessità enorme. Stiamo già facendo una sintesi gigantesca."_
Le armi per la divulgazione
Video da 10 minuti, reel da 3, un documentario. Armi diverse per combattere sullo stesso campo: divulgare. "Sarebbe sbagliato considerare la divulgazione un qualcosa che può camminare solo su un binario. Si può fare attraverso i video sul web, attraverso i programmi TV, attraverso la radio, attraverso il teatro, attraverso le piazze, attraverso i libri, attraverso i podcast. Quindi noi cerchiamo di fare tutto, anche perché siamo un gruppo estremamente dinamico, estremamente energico. Ci piace fare cose diverse. Ora, per esempio, abbiamo fatto il primo programma TV grazie a Missione Cultura e il prossimo obiettivo è proprio una serie sul futuro, sul futuro dell'Italia. Infatti l'abbiamo chiamata per ora Italia 2100 e andremo probabilmente su quattro episodi da 40 minuti."
Rispondere alle domande
Una cosa che ci ha colpiti guardando VULC è il modo in cui il documentario riesce a rispondere alle domande che ci venivano in mente guardandolo. E ci sembra l'emblema perfetto della buona divulgazione, il far nascere domande e subito soddisfarle con delle risposte. "Questi anni sono stati molto utili a questo scopo, perché essere a contatto con milioni di persone, con i loro feedback, riesci a calibrare le risposte del pubblico. Per noi la scrittura è Dio, non c'è niente più potente della scrittura. Un video anche di un minuto, forte, che va virale, lo fa perché ha una superscrittura dietro. Questo fa parte del nostro manifesto." Ed è la scrittura che può portarci a quella che è la chiusura ideale di VULC, l'idea che "la cultura può salvarci." Come si fa a far passare questo concetto?
"Secondo me un po' tutti lo pensiamo, che la cultura possa essere la più grande ricchezza per un paese, ma forse in pochi ci crediamo veramente. Quanti sono disposti a investire sulla cultura? E poi soprattutto, a volte mi chiedo, che cosa è la cultura per le persone? Se andassimo in piazza ora con un microfono a intervistare 100 persone, probabilmente la maggior parte delle persone assocerebbe alla cultura una mostra d'arte, una statua, un quadro, un dipinto, ma quella è una piccola fetta della cultura. Quello è l'ultimo passo estetico della cultura. La cultura è, secondo me, un modo di pensare, un modo di essere consapevole, un modo di agire. La cultura è proprio il motore che poi genera anche i quadri e le altre forme d'arte. Cerco di lottare proprio sul che cos'è la cultura, perché se non capiamo che cos'è la cultura, come facciamo a investire?"