Volveréis, la recensione: una commedia leggera e divertita sull'amore

Jonás Trueba, figlio d'arte di Fernando Trueba, scrive e dirige un film in bilico tra la malinconia della Nouvelle Vague e l'ironia brillante della commedia classica hollywoodiana. In sala.

Itsaso Arana  e Vito Sanz in una scena del film Volveréis.

Una commedia romantica e paradossale, proprio come le sfumature più intime e assurde della vita, in un continuo gioco di rimandi tra cinema e reale. Un film che della decostruzione del genere romance fa il suo imperativo. "Come un matrimonio, ma al contrario", a confermarlo in una delle battute finali del resto sono gli stessi protagonisti, dichiarandone così la poetica alla base. Ed è proprio in questa trama di realtà e finzione e di scampoli di quotidianità sublimati nell'immagine cinematografica, che si muove Jonás Trueba, figlio del premio Oscar Fernando Trueba.

Volvereis Itsaso Arana Scena
Volveréis: Itsaso Arana in una scena

Volveréis è un'opera di disarmante onestà che sin dal sottotitolo italiano, "Una storia d'amore quasi classica", ci avverte di non aspettarci la consueta parabola romantica. Al contrario, Trueba ci prende per mano e ci conduce non all'inizio di una storia, bensì alla sua fine, o meglio, al suo potenziale nuovo inizio. Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2024 e successivamente in anteprima italiana a La Nueva Ola - Festival del Cinema Spagnolo e Latinoamericano, il film arriva in sala dal 12 giugno.

La poetica del remarriage in Volveréis

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Volveréis: Itsaso Arana, Vito Sanz in un'immagine

Che succede se una coppia decide di celebrare la propria separazione con una festa? Se l'idea suona strana, surreale, perfino comica, Volveréis riesce a renderla poetica e sorprendentemente plausibile. Jonás Trueba, autore spagnolo di spiccata sensibilità, firma un'opera che esplora la fine dell'amore con uno sguardo gentile ma lucido, costruendo una commedia romantica al contrario, a tratti forse un po' troppo verbosa e ricca di un citazionismo strabordante che si muove tra i saggi di Kierkegaard (La ripetizione) e le riflessioni di Stanley Cavell sulla commedia hollywoodiana del "rimatrimonio" (The Hollywood comedy of remarriage), il genere che esplora le peripezie di una coppia dopo la separazione.

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Volveréis: Itsaso Arana, Vito Sanz in una foto

Il remarriage in questo caso è quello di Ale (Itsaso Arana) e Alex (Vito Sanz), lei regista e lui attore, che dopo quindici anni di vita assieme decidono di lasciarsi e di celebrare la loro separazione con una festa di addio. Un'idea bizzarra, quasi provocatoria, ispirata da una battuta ("Non dovremo celebrare le unioni ma le separazioni") del padre di lei, interpretato, ironia della sorte, proprio da Fernando Trueba. Sarà lui a mettere a disposizione la propria casa per quel party surreale. Gli amici e i familiari accolgono la notizia con scetticismo, ma Ale e Alex sembrano incrollabili, o almeno così vogliono far credere, occupandosi in prima persona dell'organizzazione della festa. Il risultato è una commedia in perfetto equilibrio tra l'ironia brillante della commedia classica hollywoodiana e gli slanci malinconici della Nouvelle Vague.

La dimensione metatestuale

Volvereis Itsaso Arana
Volveréis: Itsaso Arana durante una sequenza

Trueba rovescia il canone del tradizionale schema del rimatrimonio, mentre l'occhio della macchina da presa si poggia sul punto di rottura, su quel crinale sottile tra un noi che sta per dissolversi e la rinascita di due individui che tentano di ridefinirsi. Non c'è dramma, né tradimento evidente a giustificare questa separazione, il motivo resta un mistero, un elemento che Trueba desidera preservare per non ancorare il film a un realismo didascalico. È una scelta stilistica precisa, che allontana Volveréis dalla cronaca spicciola della rottura e lo avvicina a un'indagine più universale sui meccanismi delle relazioni umane. Uno degli aspetti più interessanti di Volveréis rimane però la dimensione metatestuale e il gioco di specchi tra finzione e realtà; come quando scopriamo che il film che stiamo guardando è in parte quello che Ale sta montando o come il momento in cui i due ex si ritrovano a condividere i ricordi della loro storia sfogliando video e foto.

Non uno sterile esercizio intellettuale del "film nel film", ma una riflessione profonda su come la vita e il cinema si intreccino e sul modo in cui l'arte possa essere un modo per rielaborare e ricomprendere la propria esistenza, perché "il cinema può renderci migliori". Dentro riecheggiano Truffaut, Rohmer, Linklater, autori a lui cari e che non perde occasione per omaggiare. Cinema come ricordo, memoria, tempo, ma soprattutto come montaggio, che con i suoi espedienti (split screen, cambi di asse, passaggi a pannelli) diventa un elemento narrativo a sé.

A dettare il ritmo del film è la ripetizione dell'idea che sia meglio celebrare una separazione che un'unione; l'annuncio della separazione viene ripetuto più volte quasi come un mantra. Non è un caso, visto che per sua stessa ammissione Trueba ama lavorare con la ripetitività, "ha a che fare con la fedeltà" e lo ribadisce anche all'interno del film facendo sue le parole di Kierkegaard: "L'amore della ripetizione è l'unico amore felice perché non comporta come l'amore il ricordo, l'inquietudine della speranza, né l'angosciosa fascinazione della scoperta, nemmeno la tristezza malinconica del ricordo. La peculiarità dell'amore della ripetizione è la beata sicurezza del momento".

Conclusioni

Volveréis si rivela un'opera profondamente umana, capace di ribalta i codici della commedia romantica a favore di una dimensione metanarrativa mai fine a se stessa. Il regista Jonás Trueba omaggia il cinema e i maestri che lo hanno ispirato da Truffaut a Rohmer, da Edwards a Linklater e trasforma l’intera narrazione sulla fine di un amore in un'indagine sul processo creativo e sulla fusione tra vita e arte. Un film circolare in equilibrio perfetto tra leggerezza e malinconia, umorismo e riflessioni esistenziali.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Il giusto equilibrio tra umorismo e malinconia.
  • Le interpretazioni autentiche di Itsaso Arana e Vito Sanz, capaci di rende i loro personaggi sempre credibili.
  • La capacità di Trueba di muoversi tra le atmosfere della Nouvelle Vague e l’umorismo della commedia classica hollywoodiana.

Cosa non va

  • Il ritmo lento potrebbe risultare ostico a chi cerca una narrazione più tradizionale.
  • L’elemento citazionista e metatestuale rischia di compromettere la fluidità della narrazione.