Attenti a ciò che sognate, perché il sogno potrebbe avverarsi. Come sa bene Alberto, protagonista di Volevo un figlio maschio di Neri Parenti che, dalle (fortunate) commedie nazionalpopolari, passa ai family movie. Tempi che cambiano, e allora il family movie in questione diventa pure fantasy family movie. Già perché la storia è quella di un papà con ben tre figlie femmine. Emma, la moglie, sta per mettere al mondo un quarto nascituro, e dunque Alberto esprime un desiderio: diventare padre di un figlio maschio. Ma le stelle esagerano, e per magia le tre figlie si trasformano in tre ragazzi.
Nel ruolo di Alberto ed Emma, Enrico Brignano e Giulia Bevilacqua che, nella nostra video intervista, scherzano reciprocamente sui rispettivi sogni: "Non mi è mai capitato di rimangiarmi un desiderio!", racconta l'attrice; "Ne ho tre o quattro, ma sono stato fortunato con i miei desideri", prosegue Brignano.
Volevo un figlio maschio: video intervista a Neri Parenti, Enrico Brignano, Giulia Bevilacqua
A proposito di commedia, l'esperto Neri Parenti, spiega a Movieplayer.it che c'è stato effettivamente un cambio, con il cinema italiano ormai indirizzato verso i film per tutta la famiglia. "Sicuramente c'è stata una deviazione. Oggi ci sono delle regole, anche dettate dalle piattaforme. Ci sono direttive precise, e questo per i film comici è un problema. Non si possono più fare certe cose, in parte. Anche gli attori ne risentono. Penso a Checco Zalone, che ha fatto uno spettacolo teatrale sicuramente più libero. Ora comandano regole che sono irreversibili", e prosegue, "I figli? Quando crescono poi non ti ascoltano più..."
Giulia Bevilacqua: "Bisogna istruire all'ascolto e al dialogo"
Effettivamente, Volevo un figlio maschio riflette in chiave umoristica sull'ascolto e sullo scambio genitori-figli. Cosa ne pensano i protagonisti? "Ho avuto dei genitori con cui non c'era dialogo, a dire il vero. Dovevo capire e interpretare i loro umori", confida Enrico Brignano. "Oggi sento i ragazzi che dicono di non riuscire a comunicare con i genitori, per questo stanno al telefono. Quando all'epoca noi non parlavamo comunque, e avevamo il telefono a gettoni. Non c'erano le videochiamate... comunque, credo ci sia una mancanza di comunicazione vera a prescindere, da sempre. Figli e genitori hanno esigenze diverse. Magari da parte dei figli c'è meno propensione all'ascolto, quando all'epoca c'era massimo rispetto per le figure genitoriali. Adesso non si viene molto compresi, ma l'incomprensione persiste. E cosa fa un figlio? O va via, o si chiude sotto le cuffie ascoltando la musica".
A chiudere il pensiero, Giulia Bevilacqua: "Credo di ascoltare molto i miei figli, e sono piccoli. Insisto molto sul chiedere il perché, capire le emozioni. Le persone, fin da bambini, vanno istruiti al dialogo e all'esposizione dei sentimenti. Non tanto per creare un buon rapporto genitore e figlio, ma per generare persone libere e consapevoli".