Visioni Fantastiche, Bruno Bozzetto: “Avevamo una libertà che oggi non è possibile con il politically correct”

Bruno Bozzetto è stato il protagonista assoluto della seconda edizione di Visioni Fantastiche con un incontro, la proiezione dei suoi cortometraggi e di uno dei suoi film più famosi, Vip, mio fratello superuomo.

foto di Bruno Bozzetto
foto di Bruno Bozzetto

Si chiama Visioni Fantastiche il festival andato in scena a Ravenna (e on line su mymvovies.it) dal 9 al 15 novembre. E sono veramente delle visioni fantastiche quelle che, in tanti anni di carriera, ci ha regalato Bruno Bozzetto. Uno che faceva cinema d'animazione quando questo genere era ancora considerato qualcosa per bambini, i cartoni animati, e quando, in pratica, c'era solo un monopolista, la Disney. Bruno Bozzetto è stato il protagonista assoluto della seconda edizione di Visioni Fantastiche con un incontro, la proiezione dei suoi cortometraggi e di uno dei suoi film più famosi, Vip, mio fratello superuomo, un film che, in qualche modo, ha anticipato Gli incredibili della Pixar. Originale, innovatore, fuori da ogni moda, ironico, tagliente, intenso in ogni storia che racconta, Bruno Bozzetto è ancora oggi attualissimo. E vedere molte delle sue opere, tutte insieme, fa un certo effetto. Proviamo a raccontarvi Bruno Bozzetto tra i corti visti a Visioni Fantastiche (ve li presentiamo secondo il montaggio del festival, e non in ordine cronologico) e il racconto che ha fatto della sua arte e della sua carriera.

Una foto di Bruno Bozzetto
Una foto di Bruno Bozzetto

Quella di Bruno Bozzetto è un'animazione libera, mai debitrice di mode o tendenze, ma capace sempre di rinnovarsi e di trovare lo stile di volta in volta più adatto al racconto scelto. È un'animazione che sa essere fluida, con forme in divenire e personaggi che mutano, mentre oggi la regola è quella di mantenere spesso forme e personaggi fissi, in un racconto più tradizionale. Guardate la scena di Vip, mio fratello superuomo in cui il Colosseo viene spostato, ribaltato e fatto rotolare come una ruota. Ma il suo tratto, all'opposto, sa farsi anche rigido, fisso, squadrato, geometrico. In ogni caso, Bozzetto non è mai ridondante, in una sua opera non c'è mai più di quello che serve, tutto è funzionale al racconto, dal disegno, al colore, al suono e alla musica. Non c'è, al contrario dell'animazione di oggi, quella che è soprattutto per bambini, la ricerca del bello, del "carino", del tenero. Un personaggio di Bozzetto può essere anche brutto, sgraziato, disarmonico. L'importante è che, ogni volta, comunichi qualcosa.

Una volta non c'era il politically correct

Bozzetto non troppo: Bruno Bozzetto in un'immagine del documentario italiano
Bozzetto non troppo: Bruno Bozzetto in un'immagine del documentario italiano

Il cinema di Bruno Bozzetto colpisce per la libertà che si respira nei suoi tratti e nei suoi racconti. Qualcosa che oggi non sarebbe possibile. "Io ero regista e produttore, avevo in mano completamente la baracca. Quando mai capita oggi?" ha raccontato a Visioni Fantastiche. "Quando si hanno intorno persone con cui lavori bene, si ha una libertà totale. Non c'erano qui divieti dovuti al politically correct che oggi tagliano le gambe alle idee più strane, anche cattive... ma occorrono anche quelle. Non avevamo questo tipo di pastoie, avevamo totale libertà. Potevamo cambiare il film durante la lavorazione, non c'era una sceneggiatura, ma solo uno storyboard. Ci si divertiva. Una condizione assolutamente unica che oggi non è possibile". Avrebbe ancora il coraggio di fare tutto questo oggi? "Oggi avrei coraggio di fare tutto ma non me lo permetterebbero" risponde. "Tanti registi degli anni Sessanta e Settanta oggi non potrebbero fare quei film. Oggi ci sono spesso coproduzioni, con la Francia, con la Spagna. Ognuno di loro ha delle cose che non può fare per il loro pubblico. Allora, quando facevamo una cosa, se c'era un'idea che piaceva a me a chi lavorava con me, la usavamo".

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Bozzetto e il 3D

Una foto di Bruno Bozzetto
Una foto di Bruno Bozzetto

Bruno Bozzetto è un artista in costante evoluzione. Ma non è detto che debba abbracciare ogni nuova tecnologia. Il 3D, ad esempio. "Il 3D è un mezzo che non so usare manualmente e quindi devo servirmi di altri animatori, e se lo fai devi uniformarti al loro stile, al linguaggio che usano" ha spiegato in occasione di Visioni Fantastiche. "Ho sempre fatto cosi: una cosa nuova, se mi piaceva, la accettavo subito. Il 3D ti chiede un realismo, una maggior definizione nei dettagli, che è una cosa che a me non è mai interessata. Non ho un gran feeling con questa tecnica, non avendola usata personalmente non mi sento in grado di guidarla come vorrei".

Bozzetto non troppo: Bruno Bozzetto in un'immagine del documentario a lui dedicato
Bozzetto non troppo: Bruno Bozzetto in un'immagine del documentario a lui dedicato

Tapum! La storia delle armi

Tapum   La Storia Delle Armi
Una scena di Tapum! La storia delle armi

Tapum! La storia delle armi (1958) è il primo corto di Bruno Bozzetto, una sorta di storia dell'evoluzione umana in cui, purtroppo, l'evoluzione delle armi va di pari passo con la nostra. Dalla clava alla bomba atomica, con l'iride ad aprirsi e chiudersi tra un quadro e l'altro. L'animazione di Bozzetto è libera, è sfrenata, con momenti geniali come quello in cui la tipica iconografia egiziana si anima. Costruiamo civiltà per poi poterle distruggere: questo, in modo amaro e ironico, vuole dirci Bozzetto.

L'animazione secondo Bruno Bozzetto

Cavallette

Cavallette
Una scena di Cavallette

Cavallette (1990), che è stato candidato all'Oscar, è un corto essenziale, fatto di un'inquadratura fissa, frontale, e un colore tendente alla monocromia, varie sfumature di blu. Siamo dalle parti di Tapum!, perché assistiamo a guerre e guerriglie di migliaia di anni, dalla preistoria ai terrorismi sempre più incomprensibili, in una sorta di tutti contro tutti. Passano le civiltà, i re e i soldati, ma la natura ogni volta rinasce, continua la sua storia, assiste impassibile. Per la natura, nel grande orologio dell'evoluzione terrestre, cinque o diecimila anni non rappresentano che una manciata di secondi. E allora che posto abbiamo noi?

Una vita in scatola

Una Vita In Scatola
Una scena di Una vita in scatola

Una vita in scatola (1967) usa ancora infinite sfumature di blu per raccontarci come, dalla nascita alla morte, in fondo, non facciamo altro che vivere in scatole, che sono le nostre case. La nostra vita non è altro che passare da una scatola all'altra: ospedale-casa-chiesa-scuola-università-discoteca-lavoro. E passare da una scatola a un'altra è sempre più veloce. Abbiamo pochi momenti di libertà, di fuga dalla routine, di commistione con la natura, e allora è un'esplosione di colori e di musica: una pausa andando a scuola, l'innamoramento, la nascita di un figlio: Ma forse torniamo liberi con la morte. Poetico, spietato, e terribilmente vero, Una vita in scatola è attualissimo, visto che in tempi di Covid siamo costretti a stare ancor di più dentro le nostre case-scatole.

Opera

Opera (1973) ci mostra la creatività che rende grande l'animazione. Parte dai disegni in bianco e nero di grandi musicisti per modificarli, con giochi di colore e movimento. Il corto ci racconta dell'esperienza di vivere un'opera a teatro, compreso l'intervallo e la ressa al bar, per poi aprirsi ancora una volta a un messaggio pacifista ed ecologista.

Baby Story

Baby Story (1978), con una voce narrante e le scritte da film muto, è forse il miglior modo possibile di fare educazione sessuale e rispondere alla domanda: come nascono i bambini? Dal concepimento alla nascita è ancora una volta un viaggio, tenero, divertente ma anche molto preciso, sulla riproduzione. Con lo stile unico, eppure sempre nuovo di Bozzetto.

Europa&Italia

Europa&Italia (1999) racconta con ironia la diversità di comportamento degli italiani rispetto agli altri popoli europei. Tante piccole usanze, dal comportamento sulla strada alle elezioni, dal teatro al caffè al bar. È realizzato al computer, grazie a Flash, in maniera geniale. Bozzetto usa solo due forme geometriche, il cerchio per le persone e il rettangolo per le automobili, e disegna tutto come se fosse inquadrato dall'alto. Lineare, ultra-essenziale, ed efficacissimo.

Drop

Drop (1994) è un breve corto che parte da un classico fastidio che abbiamo tutti noi, la classica goccia che cade dal rubinetto e ci disturba, rivelandosi insopportabile. E che finisce per innestare una serie catastrofica di eventi. Si parte da un'inquadratura fissa, un uomo e la sua poltrona. È un corto da cui si vede la capacità di Bozzetto di partire dalle piccole cose per riuscire, ogni volta, a dare una sua lettura del mondo.

Sigmund

Sigmund (1983) è dedicato al grande Sigmund Freud. È un corto di poco più di due minuti, fulmineo e fulminante, e, ancora una volta, geniale. Sempre con le tonalità del blu, ci mostra un bambino che, davanti alla tv, diventa grande (cioè sogna di farlo) guardando lo sport: diventa atleta, potente, prestante. Fino a che la madre, chiamandolo a cena, interrompe i suoi sogni. "Da quel giorno Sigmund Freud cominciò a interessarsi alla psicanalisi" ci avvisa una didascalia alla fine. Con poche immagini, Bozzetto qui riesce a ricostruire un personaggio, un mondo, la Storia, in maniera completamente inedita e originale.

Mister Tao

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Una scena di Mister Tao

Mister Tao (1988) è un corto premiato con l'Orso d'Oro a Berlino, nel 1988. Ancora una volta è un'animazione stilizzata, essenziale, per un racconto efficacissimo. È la storia di una camminata in montagna dove il nostro eroe finalmente arriva in vetta. Pensiamo sia il punto d'arrivo. E invece... "Mister Tao nasce con una camminata in montagna" ha raccontato Bozzetto. "Avevo davanti a me il fotogramma di due piedi che avanzavano. Salivo e ragionavo - la montagna è il posto migliore per pensare - e ragionando mi sono accorto che la vita era quello, era andare avanti. La vita è trasformazione. Questo è il concetto del film".

Neuro

Neuro (2004) è il suo corto più recente, tra quelli visti a Visioni Fantastiche. È uno spaccato di vita in un "tranquillo" condominio. Lo descrive così Bruno Bozzetto. Ma è molto di più. Un altro apologo sulla natura dell'uomo la litigiosità, la difficoltà nel convivere. Ma è geniale ancora una volta dal punto di vista visivo. Ancora una volta Bozzetto arriva alla massima stilizzazione, un rettangolo che contiene altri 5 rettangoli (6 con l'ascensore) per rappresentare un condominio in sezione, e con un'inquadratura fissa. "Sono diventato sempre più asciutto, limitato all'essenziale" ha spiegato. "Non ho fatto scuole di disegno: mi sento più un soggettista, uno sceneggiatore. Se arriviamo a un disegno stilizzato riesco a esprimermi meglio, amo la semplicità, la sintesi. Mi piace la stilizzazione: sono sempre stato affascinato dal disegno orientale. Lo spazio serve a sviluppare la fantasia dello spettatore. Se ha troppe cose è oberato. Mi piace la povertà del disegno". "Anche con Piero Angela a Quark dovevamo usare un disegno semplice" ha aggiunto. "Se devi spiegare allo spettatore e lo distrai con troppi disegni non riesci a spiegare quello che vuoi. Abbiamo puntato sul concetto e sul disegno più semplice".

I due castelli

I due castelli risale agli anni Sessanta (1963). Anche qui la stilizzazione è estrema, ma il tratto è morbido, arrotondato, dove in Neuro è squadrato e spigoloso. È un disegno con dei semplici tratti in bianco e nero, un'inquadratura in campo lungo e lunghissimo, con due castelli. A volte lo zoom ci porta verso alcuni particolari, per poi tornare in campo lungo. Il protagonista è un povero cavaliere che deve andare a conquistare un castello nemico, senza sapere a cosa andrà incontro. "Adoro il campo lungo" ha spiegato Bozzetto. "Mi è sempre piaciuto vedere un uomo da lontano come un insetto. Oggi non potrei farlo perché i film si vedono sul cellulare..."

Vip, mio fratello superuomo

Un'immagine del film d'animazione Vip, mio fratello superuomo
Un'immagine del film d'animazione Vip, mio fratello superuomo

Già il prologo di Vip, mio fratello superuomo è un film nel film: una stirpe di superuomini che si tramanda dalla notte dei tempi. Solo che uno di loro, per sbaglio, ingannato dalla parola super mercato, sposa una commessa. E così nascono due figli: Super Vip e Mini Vip. Il film, che anticipa l'estetica e il senso de Gli incredibili della Pixar, guarda anche un po' a Metropolis e un po' a James Bond. Ma è soprattutto una ludicissima critica del mondo della pubblicità, quella occulta e subliminale, ci parla dell'automazione nel lavoro, concetti attuali allora, ma ancora attualissimi adesso. "Vip, mio fratello superuomo prendeva in giro la pubblicità, è un argomento adulto" ci ha raccontato Bruno Bozzetto. "Erano sempre film a più livelli, come la Pixar, che ha vari livelli di lettura. Spero di aver fatto film che piacciano a tutti e che ognuno possa interpretare a modo suo. La Pixar mi ha omaggiato con Gli Incredibili e mi ha fatto piacere". A proposito del film, Bozzetto ha raccontato un aneddoto che ben rappresenta la libertà con cui lui e il suo team lavoravano. "Stavamo lavorando a una scena in cui c'era Vip in acqua" ha ricordato il regista. "Arrivava un pescecane, e ci siamo detti: che gli facciamo fare? Vip infila la mano nella bocca del pescecane e gli toglie i denti. E allora il pescecane si sgonfia. E allora lui lo rigonfia e lo manda in aria come un palloncino. In pochi minuti era nata una gag. Guido Manuli era ricco di idee."