Mark Vincent Sinclair III è stato profetico. Ha scelto Vin Diesel come pseudonimo e la sua carriera è stata proprio così: un motore che ingrana poco per volta, con pazienza, e non ha alcuna intenzione di incepparsi. Ci piace pensarla così, ma la verità è un'altra. La dura verità è che Vin Diesel non è tipo adatto a poetici presagi. No, Diesel è un tizio pragmatico, pochi fronzoli e tanti fatti. Ha deciso di chiamarsi così quando faceva il buttafuori in un nightclub di New York, per adattarsi a un microcosmo in cui quasi nessuno porta il suo vero nome. Dai marciapiedi all'asfalto del cinema. Questo è stato il tragitto di Mark Vincent Sinclair III.
Sgomitare per allargare la strada, farsi valere per trovare la via, portarsi dietro quell'aria da ruvido bruto per dare forma a personaggi statuarie e granitici. Nelle braccia della recitazione ci è finito quasi per sbaglio, sul palco di un teatro, per punizione dopo una bravata scolastica. Da allora Vin Diesel ha fatto del suo corpo e della sua voce cavernosa due tratti distintivi di una carriera simile a una valanga inarrestabile. Dal 2000 in poi il roccioso Vincent ha raccolto un testimone pesante. Un fardello gestito con disinvoltura. E non solo grazie ai muscoli. Perché è da quasi vent'anni che Diesel è diventato un'icona assoluta del cinema action, degno erede di Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger in quanto a carisma, presenza scenica e attaccamento a personaggi diventati alter ego familiari. Oggi, in occasione dell'arrivo di xXx su Infinity, ci dedicheremo ai 5 ruoli cult di Vin Diesel. E lo faremo andando a scovare anche il suo lato più nascosto, meno esposto e meno virile di una star riservata. Perché nonostante quell'aria da duro, la pelle spessa e lo sguardo spesso torvo, c'è un gran cuore sotto tutta quella roccia.
Lo sa bene sua figlia Paulina, chiamata così in onore dell'amico fraterno Paul Walker, scomparso troppo presto. Lo sappiamo bene noi, che ci siamo commossi per quel suo sguardo lanciato fuori dal finestrino nel finale di Fast & Furious 7. Quella volta che Diesel fece confluire alla perfezione le strade del cinema e della vita.
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5. Nel segno del pericolo: Xander Cage
Squadra che vince non si cambia. Una squadra composta essenzialmente da tre cose: Vin Diesel, automobili in corsa e canottiere a favore di bicipite. Dopo il clamoroso successo di Fast & Furious, Rob Cohen torna al volante e chiede al suo fidato pilota di far correre XXX il più veloce possibile. Tamarro, fracassone e roboante, xXx narra le folli gesta del criminale Xanger Cage, diventato idolo della Rete per le sue incredibili imprese da fuorilegge. Costretto a collaborare con il governo americano in qualità di infiltrato, il buon Cage prova a giocare dalla parte dei buoni, mentre Diesel dimostra di sentirsi sempre più a suo agio tra inseguimenti forsennati e fucili tra le mani. Ha così inizio un nuovo franchise cinematografico in cui, dopo il deludente secondo capitolo privo del nostro, il ritorno di Vin Diesel è necessario per ridare ossigeno a una saga da ritirare a lucido.
4. Nel buio di Richard B. Riddick
I veri cult sono quelli che non vengono capiti subito, quelli riscoperti col tempo, quelli che hanno bisogno di anni per essere davvero compresi. Pitch Black è uno di questi. Progetto a basso budget partito in sordina, il film di David Twohy era un concentrato perfetto di fantascienza, azione e avventura. E così, quel piccolo esperimento sci-fi molto dark si è trasformato in un'apprezzata saga lunga tre film. Nonostante gli evidenti debiti nei confronti di Alien, l'epopea di Riddick ha delineato un suo immaginario ben definito, con un' impronta estetica e stilistica ben riconoscibile. Però, se il feroce assassino Richard B. Riddick è diventato un'icona del genere action lo deve soltanto a un Diesel in perfetto equilibrio tra oscurità e luce. Un antieroe spietato e glaciale, di poche parole ma sempre serafico e ficcante ogni volta che apre bocca.
3. Scusa, Gigante di Ferro
Ingiustizie cancellate dal tempo. Incompreso vent'anni fa, glorificato oggi, Il gigante di ferro fu un flop clamoroso, incassando soltanto 31 milioni di dollari a fronte di un budget di 80. Sfavorito da una campagna di marketing molto fuori fuoco e dalla difficoltà di rendere appetibile una fiaba ai tempi della Guerra Fredda, il folgorante esordio alla regia di Brad Bird è un racconto di formazione toccante, semplice e mai banale. Un gioiello animato il cui titolo sembra quasi descrivere Vin Diesel, che al Gigante di Ferro prestò la voce nella versione originale. Nonostante l'aspetto imponente e l'aria minacciosa, Diesel fu eccezionale nel mostrare l'anima dell'arma ferrosa. Attraverso una modulazione della voce capace di dare spessore umano alle parole del gigante, Vin Diesel si fece valere anche senza il suo punto forte: il corpo.
2. Non fatelo inalberare: Groot
Dal ferro al legno il passo è breve. Dal gigante malinconico all'albero ripetitivo anche. Prima di diventare il doppiatore di Groot nella saga de Guardiani della Galassia, Vin Diesel aveva sfiorato più volte il cinecomic, prima con Daredevil e in seguito con Hellboy, quando fu Guillermo del Toro a preferirgli Ron Perlman. Strano immaginare un attore così prestante fisicamente approdare nel genere soltanto grazie alla corde vocali, eppure è proprio la particolarità del ruolo a rendergli onore. Per un attore del genere sembrerebbe quasi riduttivo abbracciare il Marvel Cinematic Universe ripetendo solo e soltanto tre parole (le ormai mitiche "Io sono Groot"), ma Diesel è stato abilissimo del fornire sfumature diverse ogni volta che Groot apre bocca. Rabbia, affetto, empatia, istintività: sentimenti diversi che passano tutti dalla stessa battuta.
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1. Un quarto di miglia alla volta: Dominic Toretto
Più di un film, più di un lavoro, più di una saga. Per Vin Diesel Fast & Furious è un tatuaggio sul cuore, una fede, una causa sposata con fiera devozione vent'anni fa. Da protagonista a produttore (a partire dal quarto film), Diesel ha reso il suo Dominic Toretto il collante di una saga capace di crescere e reinventarsi film dopo film. Senza mai adagiarsi sui propri allori, Fast & Furious ha alzato sempre più in alto l'asticella dello spettacolo, è riuscita a celebrare l'addio a Paul Walker con sincero tatto, ha quasi raggiunto Star Wars nella classifica delle saghe puramente cinematografiche (ovvero non tratte da romanzi o fumetti) più ricche di sempre. Parte del merito va riconosciuto a un attore che ha dato sempre tutto per costruire questa coinvolgente epica familiare, in cui disprezzo delle regole e buoni sentimenti convivono a meraviglia. Il suo rassicurante Toretto dispensa pugni e sorrisi a chi di dovere, allarga il suo abbraccio verso la sua familia sempre più numerosa ed è pronto a combattere per il franchise. Lo sa bene The Rock, colpevole di aver alzato troppo la voce in un terreno in cui era solo ospite e non padrone di casa. Fast & Furious è roba di Vin Diesel, territoriale e geloso come un capobranco. Meglio non mettersi a giocare a braccio di ferro con lui. Uno con quel cognome ha l'asfalto al posto del sangue.