Vermiglio, i David e il giorno dopo di Maura Delpero: “Bisogna aver consapevolezza di cosa si racconta”

"La vittoria è un coronamento, ma ora voglio fare altro. Il mio film anti-militarista? Sì, il coraggio testosteronico è sopravvalutato". Il nostro incontro con la regista trionfatrice ai David di Donatello.

Maura Delpero ai David

Gli incontri stampa post premiazione sono i migliori. Sono più sinceri, più liberi. L'adrenalina della sera precedente è ancora alta, ma intanto l'emozione viene lasciata decantare, e crollano gli scudi tipici di ogni percorso promozionale che, appunto, culmina con i premi. È accaduto, di nuovo, con Maura Delpero e il suo Vermiglio, capace di mettere in bacheca sette David di Donatello (tra cui film e regia).

Vermiglio Anna Thaler E Roberta Rovelli
Sul set con Maura Delpero

L'ufficio stampa ci scrive un'ora prima, lasciando il link per connetterci alla ristretta conferenza con la regista. Quaranta minuti di chiacchierata, partendo da una cinquina contraddistinta da ben tre donne (oltre Delpero anche Golino e Comencini). "Una donna vincitrice era possibile e probabile, vista una cinquina decisamente femminile", dice la regista "Intorno al film, in questi mesi, abbiamo sentito grande affetto. Mi hanno stupito i premi tecnici, con i capo-reparto sul palco dei David. È un segnale notevole da parte dell'Accademia, forse un cambio di passo: premiare dei nomi non conosciuti".

Vermiglio, il giorno dopo

Vermiglio Roberta Rovelli Una Scena
Vermiglio: Martina Scrinzi in una scena

L'attenzione ritorna poi sul discorso di Maura Delpero legato a quanto Vermiglio sia un titolo marcatamente anti-militarista. Uno speech, come dicono agli Oscar, che ha lecitamente ricevuto il plauso dei colleghi, oltre che da parte della stampa. "Ho parlato di un film anti-militarista perché credo sia importante soffermarsi su questo aspetto, oggi", prosegue Delpero. "Ma la sfida era: come racconto una guerra evitando l'adrenalina subliminale? Evitare il testosterone che ci eccita, nonché complice della nostra ossessione verso la guerra. Anche per questo continuiamo a fare le battaglie. La guerra genera uomini rotti e senza parole, rendendoli stupidi. Magari 'sto coraggio è sopravvalutato, e se ci fosse più codardia ci sarebbero meno guerre. Per questo è importante avere le giuste consapevolezze riguardo i nostri racconti".

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Maura Delpero e il percorso del film

Maura Delpero, il giorno dopo il trionfo, confida quanto un film come Vermiglio, lontano dai circuiti mainstream, non sia un titolo produttivamente facile, al netto della produzione di Rai Cinema. "C'era fiducia, e non abbiamo ricevuto tanti no secchi, ma è stato però faticoso produrre il tutto senza un grande budget e senza uno star system a supporto. Ho però difeso la qualità, allenando una resistenza psico-fisica. Film come Vermiglio vanno sostenuti, perché non c'è una garanzia di qualità o fiducia nel fondo pubblico. Facciamo un lavoro vulnerabile. I nostri errori sono anticamera dei successi, di film bellissimi, o viceversa. Parliamo di arte, e se vogliamo sostenere questa industria bisogna sostenere autori e autrici in questo percorso".

Un percorso non sempre facile, prosegue l'autrice: "È stato un cammino in salita, senza nessun tipo di direzione. Per anni ho lavorato sulla metà di ciò che avrei voluto per portare a casa uno stipendio. Questo mi ha aiutato a fare palestra. Penso al documentario, permette agli autori di sperimentare, essere accessibili. C'è la sensazione di aver affrontato un percorso lungo, ma anche utile e fruttuoso. Tutti vogliono vincere i David, chiaro, però ora ho bisogno di chiudere con Vermiglio. La vittoria è un coronamento, ma ora voglio cambiare storia, puntare ad altri progetti".

Il racconto consapevole

Vermiglio Una Scena Di Gruppo
Lo sguardo cinematografico di Maura Delpero

Un appunto, poi, da parte della Delpero, a chi le chiede se sia stata una soddisfazione battere un autore come Paolo Sorrentino (candidato per Parthenope). "Sono felice per me, non sono contro gli altri. I premi non sono una corsa di cavalli. Alcuni anni è più difficile, perché magari ti trovi a giudicare ottimi film. È una grande festa, e mi è sembrato che questi David celebrassero la vita del cinema". Una riflessione che torna a girare sulla partita di genere, e sull'orgoglio da parte della regista di essere stata la prima a vincere ai David. "Il discorso sulla parità nasconde insidie", spiega. "È un discorso di passaggio, e l'ho affrontato sia in Italia che in Argentina. Le cose stanno cambiando, ma l'obbiettivo è non accorgersene più: non dire più che ci sono tre donne in cinquina. Cambiano i numeri e cambiano le nomination. Non dobbiamo dimenticarci del percorso, e non dobbiamo fare passi indietro. Se fossi nata in una ricca famiglia romana cinematografica sarebbe stato più semplice, ho dovuto lottare il doppio".

Come già rimarcato, molti discorsi - da Elio Germano a Margherita Vicario - hanno respirato la complessa atmosfera socio-politica che, ormai, viviamo da anni. Per questo la festa non poteva essere avulsa dalla drammatica realtà che viviamo, e che il settore artistico prova a raccontare. "C'è la sensazione diffusa di imbarazzo nel festeggiare. C'è l'arte per l'arte, sì, ma anche la responsabilità di stare nel mondo", dice Maura Delpero. "Non è nata ieri l'idea di Vermiglio come film anti-militarista, era scritto fin dalle note di produzioni. Ho rintracciato un sentiero comune evitando lo slogan. Doveva esserci una volontà di non chiudere occhi e orecchie, evitando comunque di chiacchierare di tutto".