Venezia 2014, Tre cuori per Jacquot

In lizza per il Leone d'Oro, il film dell'autore francese è un giro di valzer tra cuori feriti, uomini e donne che si incontrano, si amano e si perdono di vista; 'Non è sbagliato vedere nel film i grandi melodrammi di Hollywood. Più John Stahl e Leo McCarey che non Douglas Sirk, però. In ogni caso, c'è chi ha voluto vederci anche Francois Truffaut, ma sono solo congetture', ha spiegato Jacquot.

Probabilmente non esiste al mondo soggetto più complesso dell'amore. Ne è fortemente convinto anche Benoît Jacquot che ha presentato in concorso alla 71.ma edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia un dramma sentimentale sui casi fortuiti della vita e sul potere del destino. E' solo per un colpo di fortuna, infatti, che Marc, perdendo il treno, incontra Sylvie, una bella sconosciuta con cui si instaura una simpatia immediata. Se non è amore è qualcosa che ci va molto vicino, così, quando l'uomo dà appuntamento a Parigi alla donna, qualche giorno dopo, ci si immagina un lieto fine. Marc, però, non andrà, per un malore improvviso. Settimane dopo sarà un'altra bellissima donna a farlo palpitare, Sophie. E ancora il caso ci mette lo zampino.

A Venezia quasi in "formazione" tipo, Jacquot ha presenziato alla conferenza stampa assieme alle sue interpreti, Catherine Deneuve, Charlotte Gainsbourg e Chiara Mastroianni, rispettivamente la madre e le due sorelle del film, Sylvie e Sophie. Assente invece il protagonista, Benoît Poelvoorde. Ambientato in una provincia francese non meglio specificata, il film trae la sua forza, a parere del regista, proprio da questo luogo carico di significato. "La storia sarebbe potuta accadere ovunque - ha raccontato Jacquot -, ma la provincia francese era un ottimo palcoscenico. La Francia è divisa in Parigi e tutto il resto, per questo avevo bisogno di trovare uno spazio diverso. Senza però dare un nome preciso alla città".

Tris di donne (con abito da sposa)

Tre cuori: Benoît Poelvoorde e Chiara Mastroianni in una scena del film
Tre cuori: Benoît Poelvoorde e Chiara Mastroianni in una scena del film

Un film con un tris di interpreti d'eccezione, non può che scatenare qualche curiosità in più sul rapporto sul set fra queste prime donne. "Appena ho comunicato al loro la mia scelta relativa alle interpreti che avevo ingaggiato, sono state molto contente - ha detto il regista -, ed era già un buon punto di partenza sapere che sarebbero state felici di lavorare assieme". Per Catherine Deneuve e Chiara Mastroianni, poi, madre e figlia nella vita reale, la sfida ulteriore era quella di portare in scena dinamiche conosciute. "Io parlo poco e cucino molto nel film - ha spiegato divertita la Deneuve - e questa cosa mi è stata subito bene. E poi era più facile anche per me, perché fare da mangiare serve ad avere una relazione fisica e sensuale con le figlie, che è più intuitiva rispetto a quella che si ha con un figlio. Noi madri abbiamo un sesto senso che si esprime senza parole".

Tre cuori: Catherine Deneuve con Charlotte Gainsbourg in una scena del film
Tre cuori: Catherine Deneuve con Charlotte Gainsbourg in una scena del film

"Ero molto intimidita dal fatto che Catherine e Chiara fossero davvero madre e figlia - ha ribadito la Gainsbourg -, non avevo la stessa complicità, insomma, e mi sono interrogata spesso se invece questo sentimento non dovesse essere necessario per il film. Secondo Benoit, non lo era. Il resto lo ha fatto il personaggio di Sylvie, una donna che agisce al di là del suo controllo, portando con sé un senso di colpa molto forte". "E' bello avere una sorella al cinema - ha poi concluso la Mastroianni -, la mia intesa con Charlotte si è creata spontaneamente e mi è piaciuto molto, così come ho apprezzato il personaggio di Sophie, una donna timida e sempre preoccupata che non riesce a comprendere ciò che sta accadendo nella sua vita".

Genere, musica e voci fuori campo

Tre cuori: Benoît Poelvoorde in una tenera scena con Charlotte Gainsbourg
Tre cuori: Benoît Poelvoorde in una tenera scena con Charlotte Gainsbourg

Tra gli elementi destinati a far discutere nel film di Jacquot dobbiamo inserire l'impiego di un'atipica voce fuori campo, utilizzata solo in qualche punto della storia, e una colonna sonora che poco si concilia con l'aspetto melodrammatico della pellicola. "Niente di strano - ha aggiunto -, volevo che in certi punti il film fosse carico di suspense e la colonna sonora è stata composta con questo scopo, senza alcun mascheramento. Per quanto concerne la voce off, invece, l'ho inserita solo in quei momenti in cui si rendeva necessario allontanarmi dal racconto, per dare tempo allo spettatore. Altrimenti i sentimenti avrebbero preso il sopravvento. Lo ritengo un escamotage molto commovente".

Di difficile collocazione nel mondo del cinema di genere, Jacquot ha dato poi la sua risposta anche in merito alla questione. "Non è sbagliato vedere nel film i grandi melodrammi di Hollywood. Più John Stahl e Leo McCarey che non Douglas Sirk, però. In ogni caso, c'è chi ha voluto vederci anche François Truffaut, ma sono solo congetture. Non penso mai ad un genere preciso o ad un autore. E se mi dicono, in corso d'opera che il film ricorda qualcun altro, prendo e cambio tutto".

L'amore è un dardo

Tre cuori affronta il tema dell'infedeltà da un punto di vista diverso, senza ostentazioni o rivelazioni clamorose. "Chi dice che il film parli di precarietà dei sentimenti sbaglia di grosso - ha spiegato -, questa pellicola affronta invece la tenacia dei sentimenti, i protagonisti sono persone che non riescono a uscire dalla passione, dai legami amorosi, ma non sono affatto libertini, almeno non nel senso che si attribuisce in genere ai francesi. Ecco, non parliamo nemmeno di geografia, potrei dire che gli italiani abbiano un senso dell'adulterio e della doppia vita più spiccato dei francesi. Tre cuori può essere visto ovunque e parlerà a tutti quelli che vorranno vederlo e ascoltarlo".

Sipario finale

Naturalmente non vi sveleremo il finale del film, che sarà in sala con Bim il prossimo 17 settembre, ma di certo l'epilogo della storia è un argomento di cui il regista parla volentieri. "Ho scritto la sceneggiatura cominciando proprio dalla fine - ha rivelato - e tutto il resto è frutto di questa impostazione. Il film poteva finire in molti modi, anche come una commedia, volendo. Amo gli happy ending, ma non potevo scegliere un finale roseo, così ho creato qualcosa di diverso, e mi piace così".