Nel 2012 Ivano De Matteo portò a Venezia la storia di una famiglia disgregata, con un padre disperato per la separazione dai figli, costretto a vivere ai margini della società. Da Gli equilibristi a I nostri ragazzi, presentato nelle Giornate degli Autori, sono passati due anni, ma è ancora la famiglia ad essere al centro delle riflessioni del regista capitolino, che questa si addentra nelle pieghe della vita di due irreprensibili cittadini, due fratelli, interpretati da Alessandro Gassmann e Luigi Lo Cascio, opposti per carattere e visioni del mondo.
Avvocato di successo il primo, con tendenza a difendere i colpevoli, pediatra progressista il secondo, entrambi devono fare i conti con figli adolescenti in piena crisi. Benedetta, la primogenita di Massimo, è una sedicenne bella e spigliata, che ama sfrecciare per le strade cittadine con una macchina 50; Michele, l'introverso figlio di Paolo, è invece uno studente complessato, affascinato in maniera perversa da quella cugina che adora. Una sera, di ritorno da una festa, i due diventano protagonisti di un agghiacciante caso di cronaca nera. E il mondo perfetto di Massimo e Paolo crolla in un istante.
Incontriamo Ivano De Matteo e il cast del film, composto tra gli altri da Barbora Bobulova, Giovanna Mezzogiorno, Rosabell Laurenti Sellers e Jacopo Olmo Antinori, a due passi dal Palazzo del Cinema a Venezia, dove in questi giorni di Festival le cose sembrano andare ad una velocità doppia.
Due (a)normali famiglie italiane
In uscita nelle nostre sale con 01 Distribution a partire dal 5 settembre, I nostri ragazzi adatta liberamente per il grande schermo il romanzo di Herman Koch, La cena, proiettandoci in un mondo da incubo, un universo che sotto la perfezione estrema di vite inappuntabili, nasconde il marcio di una società che ha poco rispetto per gli esseri umani. Tutto questo, visto dalla prospettiva di due adolescenti e soprattutto dei loro spaventosi genitori. "Il libro di Koch è stato letto dalla mia compagna, che è anche sceneggiatrice del film - ha raccontato De Matteo -, è un romanzo di cui ho adorato il plot che sembra proporci una sola domanda, cosa faresti in una situazione del genere, quando cioè una bravata si trasforma in tragedia? Sono stato anche io adolescente e spesso mi sono ritrovato nella stessa situazione dei personaggi del film, senza mai andare oltre ovviamente. Ecco, la domanda che ci pone il libro è molto semplice, ma la risposta è complicatissima. Inutile esprimersi, bisogna trovarsi in quella situazione".
I pericoli della rete
"Ringrazio Ivano per avermi dato la possibilità di interpretare un ruolo che non avevo mai fatto in trentadue anni di carriera", ha detto Alessandro Gassman. "Fortunatamente esistono dei personaggi così, in grado di cambiare idea. Ho un figlio di sedici anni e appartiene ad una generazione felice solo in presenza del wi-fi e credo sia una cosa paurosa, poiché non si comprende più quale sia il confine tra verità e fantasia", ha concluso. "Non ho intenzione di parlare male della rete - ha poi aggiunto De Matteo -, negli anni '70 un gruppo di ragazzi massacrò di botte un somalo e il web non esisteva ancora. Eppure Internet, per me, è equiparabile all'eroina negli anni '70, che fu messa in circolazione per spazzare via una generazione di contestatori. Oggi ci si chiude in casa e si pensa di essere liberi. A volte dico a me stesso che dovrei buttare l'iPad e il computer e cominciare a parlare sul serio. Altrimenti, si rischia, come nel film, di resettare tutto con un click".
Chi siamo davvero?
Benedetta e Michele, i ragazzi del film, si macchiano di un orribile delitto, un gesto di atroce freddezza che mette in crisi i rispettivi genitori. "Difficile giudicare una donna come Clara - ha raccontato Giovanna Mezzogiorno -, all'inizio è tenera e dolce, quasi intimorita da quel figlio, ma in realtà cova una grande violenza, una disperazione feroce che il marito non ha. E' troppo sbilanciata - ha continuato -, ma chi può dire cosa farebbe in quella situazione? E' troppo comodo quando si è seduti in poltroncina. Per quello che posso dire, nessuno dei personaggi cambia nella realtà, penso che esca fuori qualcosa che hanno dentro da molto". "Non possiamo pensare di interpretare personaggi che ci somiglino, sarebbe folle - ha detto Lo Cascio -, io da un film pretendo che metta in crisi le mie certezze. Anzi, il fatto di non somigliare per nulla al ruolo che interpreto mi dà la lucidità necessaria per lavorare, il film è estremo".
I ragazzi
Per Rosabell Laurenti Sellers (che vedremo nella prossima stagione di Il trono di spade) e Jacopo Olmo Antinori, la sfida è stata doppia. "Internet normalizza la violenza - ha spiegato la Laurenti Sellers -, penso che i due personaggi siano il prodotto del loro ambiente familiare. Sono cresciuti in una bolla, con genitori che non gli hanno mai detto di no. La mia Benedetta è una ragazzina viziata e non è mai una cosa buona".
"E' la natura umana ad essere rabbiosa e violenta, non credo sia una questione sociale - ha aggiunto Antinori -, Michele è viziato dalla madre che addirittura gli porta la cena in camera, una cosa che per me è inammissibile". Queste le parole dei due giovani protagonisti, alle prese con due personaggi disturbanti. "Noi siamo portati ad empatizzare con i personaggi, ma dobbiamo tenere conto della situazione raccontata - ha spiegato il regista -, ho voluto mantenere intatta la freddezza di fondo che c'è nel libro, volevo ghiacciare il loro pensiero per far comprendere lo spaesamento di tutti di fronte ad un evento del genere".
Italia violenta
Padri e figli distanti ("Non si scontrano nemmeno solo su valori diversi - ha spiegato Lo Cascio -, ma vogliono solo essere lasciati in pace"), famiglie all'apparenza perfetta. E' il frutto di un'Italia sempre più violenta? "Non riesco a pensare a questo, ma certamente il nostro è un paese in grande crisi culturale e una popolazione disinformata e ignorante ha spesso reazioni scomposte", ha sostenuto Gassman. "Non compete a me fare un'analisi sociologica dell'Italia, preferisco pensare all'aspetto umano della questione - ha detto la Mezzogiorno -, mi sembra che dietro questi atti ci sia una solitudine irrisolvibile. Oggi tutti si fotografano la faccia perché milioni di persone la guardino - ha aggiunto -, è una cosa curiosa questa necessità ed è sintomatica del terrore dell'isolamento, non so disgiungere le due cose".