Recensione Street Dance 2 (2012)

Seguendo la scia del primo Street Dance 3D, che aveva conquistato il pubblico britannico, i registi provano stavolta a coinvolgere una più vasta platea europea, puntando tutto sulla multiculturalità e la mescolanza tra stili di danza.

Vamos a bailar!

Anche la saga anglosassone di Street Dance, esattamente come l'analoga serie americana di Step Up, è ormai diventata un vero e proprio fenomeno commerciale, complice anche il proliferare di numerosi talent show internazionali incentrati sulla danza. Non per niente gran parte del successo del primo Street Dance 3D (uno dei maggiori incassi del 2010 in Gran Bretagna), oltre alla curiosità dell'effetto stereoscopico applicato alle coreografie, è da attribuire in massima parte al traino del talent show Britain's Got Talent, da cui provengono alcuni ballerini del film come il vincitore George Sampson, e i gruppi Diversity e Flawless. Era dunque piuttosto scontato per i produttori investire in un sequel, magari questa volta con l'obiettivo di coinvolgere una più vasta platea europea. Sarà proprio per questo motivo che Street Dance 2 - realizzato ancora dalla coppia di registi Max Giwa e Dania Pasquini - punta tutto sulla multiculturalità: all'inizio proponendo allo spettatore un tour europeo alla ricerca dei migliori ballerini da strada sparsi per il Vecchio continente, e in seguito concentrandosi su una "love story meticcia" che fonde culture e stili di danza differenti.


Seguendo un'impostazione abbastanza prototipica per il sottogenere di film incentrati sulle gare di ballo, anche questo sequel ha come pretesto una competizione tra crew di street dance (in questo caso si tratta del prestigioso Final Clash, in cui si scontrano ogni anno i migliori gruppi di ballerini del mondo). Il protagonista di questa storia, lo streetdancer americano Ash (Falk Hentshel) ha un sogno: riuscire a battere l'agguerrita crew degli Invincible. Per farlo, su consiglio dell'intraprendente manager Eddie (di nuovo il George Sampson di Britain's Got Talent) decide di compiere un "Grand tour" per reclutare i migliori ballerini acrobatici delle principali città europee, da Ibiza a Copenaghen, da Roma a Berlino, passando per Praga e per la Svizzera. Centro nevralgico del gruppo è pero Parigi, dove Ash fa la conoscenza di Eva (la ballerina professionista Sofia Boutella, che ha lavorato anche con Madonna), esperta di salsa e dotata di uno stile così vigoroso da essere adatto anche all'incalzante ritmo dello street dance. Da qui nasce l'idea di sperimentare un'inedita combinazione tra hip-hop, breakdance e balli latino-americani, dando vita a un mix innovativo in grado di spazzare via tutti i concorrenti della gara. Allo stesso tempo, per il solitario e individualista Ash imparare a ballare insieme a Eva diventa anche un modo per sperimentare un nuovo tipo di relazione di coppia, in cui a contare è l'intesa reciproca, la fiducia e la condivisione delle emozioni.

Come è naturale che sia per produzioni di questo genere, la trama del film è un mero pretesto per inanellare spettacolari coreografie, sfruttando la profondità della tecnologia tridimensionale per rendere maggiormente partecipe lo spettatore e ricreare un'atmosfera di coinvolgimento simile a quella di uno spettacolo live (anche se va detto che in questo caso specifico il 3D non risulta particolarmente significativo e punta solo a effetti un po' dozzinali, come oggetti che piombano fuori dallo schermo).
Street Dance, esattamente come il suo predecessore e come numerosi altri titoli diffusisi di recente, è quindi un film esclusivamente "performativo", nel senso che a contare sono soltanto le prodezze fisiche e le raffinatezze tecniche dei ballerini (per certi versi un po' come nel caso del cinema di arti marziali, un altro genere che punta tutto sulla fisicità degli interpreti). Da questo punto di vista, il vero valore aggiunto del film è dato dal contributo dell'affascinante Sofia Boutella, ballerina franco-algerina dotata non solo di notevole talento, ma anche di una carismatica presenza scenica (basta citare il suo sensuale numero d'esordio dentro un ring di boxe). E se una come Jennifer Lopez è riuscita a diventare una star anche al cinema, perché lei non dovrebbe farcela?