Uomini che amano le donne
Il modo per non farsi beccare in flagrante ci sarebbe, basterebbe solo non tradire la propria moglie. Di questo particolare ne sono a conoscenza sia Fred che il suo compagno di avventure notturne Greg, ma si sa che al richiamo di una conquista non si può certo resistere facilmente. E' così che, se il lunedì riescono ancora a passare una tranquilla serata in famiglia con tanto di DVD e figli, il mercoledì sentono già il desiderio di evadere tra le braccia di un'altra donna, una a caso. Perché il loro tradimento non è quasi mai sentimentale, ma istintivo e completamente fisico. Un evento che nasce dalla casualità, dettato forse dall'ansia per la crisi economica, dalla paura della povertà o da un inverno troppo lungo e noioso. Sicuramente è una sorta di sport in cui conta prestanza e allenamento costante, ma anche furbizia e tecnica per afferrare l'occasione giusta senza lasciarsi scoprire da un avversario pronto a colpire con la terribile arma del divorzio.
Per riassumere questo mondo complicato fatto di sentimenti, egoismi e aspettative deluse, il cinema francese si è servito di sette registi (Emmanuelle Bercot, Fred Cavayé, Alexandre Courtès, Jean Dujardin, Gilles Lellouche, Michel Hazanavicius, Eric Lartigau) che, attraverso l'unico elemento costante rappresentato dall'interpretazione dell'ormai osannato Dujardin e dell'amico Lellouche, hanno provato a comporre in un film a episodi il ritratto di un uomo affannosamente alle prese con la propria natura. Così, da questo incontro di sensibilità e capacità narrative diverse prende vita il conquistatore con il sorriso da simpatica canaglia e la cabriolet d'epoca, mentre in sottofondo Pino D'Angiò e la sua Ma quale idea determinano immediatamente l'atmosfera e la filosofia del personaggio. A lui risponde l'uomo medio che, dopo imbarazzanti tentativi per avere una relazione durante un viaggio di lavoro, si arrende beatamente alla sua condizione di fedele. Tra questi due estremi s'inserisce un'umanità varia che, attraverso l'illusione fugace di chi si lascia sedurre da un amante fin troppo giovane e la passione distruttiva di una coppia messa a confronto con i rispettivi tradimenti, detta il ritmo di una commedia dolce amara in cui sorriso e riflessione si alternano costantemente fino a sovrapporsi. Anzi, nonostante il punto di vista sia costantemente maschile, Gli infedeli riesce ad andare oltre ogni "accusa" di sessismo deridendo e umiliando senza alcuna pietà proprio l'oggetto della sua osservazione. Un risultato che Dujardin e Lellouche, in questo caso sceneggiatori oltre che ideatori di tutto il progetto, hanno ottenuto seguendo lo stile politicamente scorretto delle commedie italiane degli anni Sessanta, lasciando però a ogni regista la possibilità d'interpretarlo e adattarlo secondo le proprie esigenze. E' per questo che dietro le inquadrature strette della Bercot, la sensibilità per le tematiche sociali di Lartigau e la regia più dinamica di Courtès non stupisce di veder far capolino un umorismo perverso e pungente che scruta l'umanità per raccontarla in tutta la sua fragile piccolezza. Lo sguardo è chiaramente rivolto a I mostri di Dino Risi. Si comprende dalla struttura in capitoli, dalla volontà di utilizzare il luogo comune fino all'eccesso e, soprattutto, dal gioioso affiatamento tra i due protagonisti, impegnati nel rifacimento francese e guascone dello storico duo formato da Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi. A rendere più personale e moderno il prodotto è, invece, l'utilizzo esplicito del corpo e del sentimento, perché "la nudità'" è la condizione costante in cui sembrano destinati a sopravvivere tutti gli uomini infedeli. Oltre questa esposizione, però il film non emette giudizi e sentenze, ma lascia a ognuno la possibilità di trovare la propria via di fuga. Che sia rappresentata da un gruppo di sostegno per adulteri cronici, da un coro inneggiante alle qualità delle proprie mogli o da un viaggio rivelatore a Las Vegas, non ha nessuna importanza. Fondamentale è non prendersi troppo sul serio perché, come ricorda François Truffaut, in fondo è solo questione di corna.
Movieplayer.it
3.0/5