Il cinema polacco si conferma più vitale che mai, come sottolineato nella recensione di Un'altra vita - Mug, eccentrico dramedy heavy metal in bilico tra tragedia e toni grotteschi. Małgorzata Szumowska costruisce il suo film come una parabola morale percorsa da un'ironia sottile, da uno spirito anarchico che permea anche i momenti più neri della storia. La regista polacca si distingue per uno stile diretto, a tratti aggressivo, che non disdegna le tinte forti, e dimostra coraggio nel tratteggiare la sua Polonia impadronendosi dei suoi elementi costitutivi per piegarli ai propri scopi narrativi.
Tra i simboli della Polonia odierna troviamo l'enorme statua del Cristo Re di Świebodzin, eretta nel 2010, che ha un'altezza complessiva di 52,5 metri ed è considerata la più alta statua di Cristo al mondo. Simbolo della Polonia nazionalista, fieramente attaccata alle proprie radici e alla fede cattolica, una statua molto simile a questa vede impiegato nella costruzione l'operaio Jacek (Mateusz Kosciukiewicz, marito della regista), giovane metallaro dalla vita apparentemente perfetta. Eccentrico e capellone, Jacek viene visto con sospetto dagli abitanti del suo paese, ma il giovane non sembra rendersene conto. A lui importa solo della sua musica, della sensuale fidanzata Dagmara, della palestra e dell'auto con cui sfreccia per la campagna polacca. Tutto cambia dopo un terribile incidente sul lavoro che lo lascia sfigurato. Dopo esser precipitato dal collo della statua del Cristo, Jacek è il primo polacco a subire un trapianto facciale che sconvolgerà la sua esistenza.
Diventare un altro: istruzioni per l'uso
A tratti ridicolo, a tratti toccante, Un'altra vita - Mug è un dramma bislacco che coinvolge lo spettatore spingendolo a identificarsi in un protagonista ingenuo e sopra le righe. Dietro l'aria da ribelle, Jacek è un bambino cresciuto che vive ancora con la famiglia e non sembra troppo intenzionato a mettere in pratica quel vago progetto di trasferirsi in Inghilterra. La comicità nasce dal contrasto tra le sue candide provocazioni e le reazioni scandalizzate degli abitanti del paesino della campagna polacca in cui vive che lo vedono come una sorta di Anticristo.
La situazione cambia radicalmente quando Jacek viene dimesso dall'ospedale dopo l'incidente trasformato in un altro uomo, un uomo dall'aspetto vagamente mostruoso. Anche stavolta la presa di coscienza non è soggettiva, l'operaio non si rende ben conto di ciò che gli è accaduto finché non si specchia nello sguardo degli altri leggendovi sorpresa (e disgusto). In particolare in quelli della fidanzata Dagmara, che interrompe la relazione. La spavalderia e l'ottimismo di Jacek vengono messi a dura prova con una sofferenza inspiegabile che ha tanto il sapore di una prova divina. Al lavoro sulla statua del Cristo, edificata proprio per onorare il Signore e dare un punto di riferimento ai cattolici polacchi, Jacek diventa a sua volta una sorta di martire costretto a soffrire per espiare peccati che non sembra aver commesso.
Follia polacca
Al primo livello, il racconto moralistico di Małgorzata Szumowska non ci trasmette nuovi insegnamenti. Nel ribadire che non si giudicano le persone dalle apparenze, Un'altra vita - Mug punta il dito sulla superficialità degli essere umani e sulla ristrettezza mentale degli abitanti delle zone più periferiche. Nel momento del dramma, gli unici a stare accanto a Jacek sono i parenti, in particolare la sorella, che lo accudisce e lo aiuta a reintegrarsi in una società in cui sembra non esserci più posto per lui.
Ma forse la chiave di lettura del film sta in quella folle sequenza d'apertura in cui, per aggiudicarsi gli incredibili sconti, gli acquirenti devono fare irruzione nel centro commerciale in mutande (con Jacek in prima fila, ovviamente). Il messaggio che la regista ci vuol suggerire è che forse, dietro il rigore e l'ottusità di gran parte del popolo polacco, si nasconde una vena di follia che può risultare salvifica o autodistruttiva a seconda di come la si veda.
Conclusioni
Come evidenziato dalla recensione di Un'altra vita – Mug, la tragicommedia di Małgorzata Szumowska punta il dito contro l'ipocrisia e la superficialità insite nella natura umana analizzando con occhio critico la sua Polonia. Per ribadire il concetto, la regista sceglie come protagonista un novello Candido metallaro e ribelle costretto a espiare un martirio non meritato che gli attirerà addosso lo sdegno dei suoi concittadini. A stemperare il dramma, una vena di follia che serpeggia in tutto il lungometraggio.
Perché ci piace
- E' un dramma pervaso di ironia che alimenta una vena surreale.
- Fin dalla prima scena - la corsa ai saldi in biancheria intima - capiamo che il film è un'opera fuori dagli schemi, capace di coinvolgerci con una storia potente e personaggi sopra le righe.
- Gli attori svolgono un prezioso lavoro uniformandosi al mood della vicenda.
Cosa non va
- Al primo livello, la morale contenuta nel film è piuttosto scontata, ma vista la qualità dell'opera ci piace pensare che sotto la cenere covi molto di più.