Una vita lunga tre autunni
Il giovane Hassan arriva a Port Said nel 1948 come adetto al telegrafo quando ascoltando un messaggio della bella Nura indirizzato al proprio promesso sposo se ne innamora pur senza conoscerla e la va a cercare al bordo della nave Atlantica. Con l'aiuto del capitano, trova la sua bella e con l'inganno la conquista e la fa sua con violenza, per poi però vederla andare in sposa con il vero fidanzato. Sono passati 23 anni, siamo ad Alessandria ma sempre in autunno; Hassan è ora un uomo di mezza età che viene contattato da Nadia, la figlia di Nura, che ha appena perso il fratello gemello in seguito ad un incidente. Si tratta forse della sua stessa figlia? Ancora autunno, anno 2001, Il Cairo; questa volta a contattarlo è Alì, figlio di Nadia, cresciuto con il mito dello zio morto e con più somiglianza con il nonno di quanto lo stesso Hassan voglia ammettere.
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Solo alla fine con l'ingresso in scena del carismatico Omar Sharif (che torna così a Venezia a sei anni dal Leone d'oro alla carriera) il suo Hassan della terza età guadagna così un po' di simpatia ed interesse dello spettatore, ma quando ormai per il film è troppo tardi, trascinatosi già per un'ora e mezza tra dolly e lunghi piani sequenza, scelte di regia a volte affascinanti ma in questo caso forse poco adatte ad un film che avrebbe dovuto forse puntare un po' più basso e regalarci un personaggio la cui vita fosse davvero degna di essere raccontata.
Movieplayer.it
2.0/5