Usa più volte la parola viscerale, il regista Stefano Chiantini, all'inizio della conferenza stampa di Una madre, il suo nuovo film. Segno che sente che la storia che ha deciso di portare sul grande schermo è proprio così, e ha ragione. Il suo nuovo film si intitola Una madre, e la maternità è un sentimento che corrisponde a quella parola. Ma nel racconto che ha costruito, in realtà, di madri in scena ce ne sono tre. Deva (Aurora Giovinazzo) ha vent'anni, ed è stata segnata da una scelta dolorosa: l'aborto di un figlio. Vive con la madre, Giovanna (Micaela Ramazzotti), quarantenne, in una piccola roulotte priva di ogni comfort, un luogo che rispecchia i modi e l'aspetto di Deva. Una mattina Deva trova lavoro da Carla (Angela Finocchiaro), sessant'anni, in una pescheria. E conosce suo nipote di un anno. Non vuole avere a che fare con lui proprio perché ha una ferita ancora aperta.
Una madre è stato presentato ad Alice nella città nell'ambito della Festa del Cinema di Roma ed è in uscita è prossimamente per I Wonder Pictures. "Quando scrivo ho un bisogno viscerale, sono logorato dal bisogno di scrivere" esordisce il regista. "Una madre è nato così: avevo voglia di scrivere questi personaggi femminili, questa conflittualità che essere madre porta dentro. Non è facile essere madre. È un amore, e come tutti gli amori presuppone una grandissima rinuncia. Per amare qualcuno devi rinunciare ad amare te stesso e l'essere umano è un grande egoista. È difficile essere genitore, capire come comportarsi". "Fare un film è logorante, vitale, viscerale" continua, ed ecco che quel termine torna ancora. "E diventa viscerale il rapporto con tutti i collaboratori. È un percorso che coinvolge tutte le persone. Il film rimane mio, ma è di tutti".
Micaela Ramazzotti: "L'irrequietezza dei personaggi è qualcosa su cui lavori"
Aurora Giovinazzo, cioè Deva, la protagonista del film, è assente dalla conferenza stampa, perché impegnata su un set. Stefano Chiantini è riuscito a trasformarla ancora, vestendola in maniera essenziale e modesta, e lavorando sulla sua forza, sull'energia della camminata. Parliamo di lei anche attraverso la coprotagonista del film, Micaela Ramazzotti, che nel film è sua madre. Ma come hai costruito il rapporto con Aurora? "Queste due donne hanno un rapporto violento, comunicano con la lotta" spiega Micaela Ramazzotti. "La prima scena, quella di presentazione, è una lotta selvaggia ai bordi di un fiume, sono come due animali selvaggi. Sono abituate a vivere con niente, stando sempre con gli stessi vestiti, senza luce senza gas. E Deva attraversando la città con una forza unica, prendendo un autobus, camminando a piedi. Fa una fatica per portare via quelle due lire che mette da parte". "L'irrequietezza che trovi in questi personaggi è qualcosa su cui lavori" continua. "C'è la preparazione che fa irrequieto un personaggio: la scrittura, l'abbigliamento. Una mamma che prende a botte una figlia da subito già gli dà un ritratto diverso: una madre agisce con dolcezza. Lei invece è ruvida, squinternata. Non è centrata. Spesso si addormenta in preda all'alcool. Ha delle fragilità mentali. L'unica cosa che riesce a fare, inconsapevolmente, è che riesce a liberare sua figlia".
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Micaela Ramazzotti: "Giovanna è una donna che ha toccato il fondo"
Il personaggio di Micaela Ramazzotti è molto riuscito. È come se avesse portato alle estreme conseguenze le fragilità di alcuni suoi personaggi, da Tutta la vita davanti a La pazza gioia. "È una donna squinternata, alcolizzata" rivela l'attrice. "È una donna che ha toccato il fondo, che è stata vessata, che ha conosciuto gli abusi, che sa difendersi dalla violenza. E sa liberare questa figlia che cresce in questo mondo tremendo, dove sembra non esserci un progetto di vita. Anche se lei un progetto di vita ce lo ha. Nasconde dei soldi, per scappare in una vita migliore". "La maternità nei film di Stefano c'è sempre" continua. "Riesce a capire cosa succede a noi madri. Il distacco che abbiamo con i nostri figli. Il primo è quando partoriamo, poi quando smettiamo di allattare. Poi quando prendono l'autobus da soli. E quando vanno via di casa. Noi madri dobbiamo essere brave ad essere una guida. Ci dobbiamo provare, è quello che le mamme devono riuscire a fare. Mi piace raccontare madri che toccano la maternità anche senza essere madri di sangue. Angela Finocchiaro è madre di una donna che non riesce ad essere madre. E la protagonista è una madre non di sangue che porta una luce a tutto il film".
Francesco Salvi: "Racconto l'uomo attuale"
Il villain del film è un uomo meschino e arido, e, con grande sorpresa, è interpretato da Francesco Salvi, un attore nato come comico ma che è in grado di fare benissimo ruoli di questo tipo. "Non mi hanno più dato spazio come comico" ci spiega. "Oggi c'è poco spazio a meno di fare delle gare in qualche tipo di talent. C'è poco spazio per la creatività. Mi piace fare l'attore. E tanti sono passati dalla comicità ai film tragici. È come un cuoco, non importa se deve fare la pasta o la frutta: sa cucinare. Ho detto di no a tante cose e ho pagato le conseguenze. Quando ti chiama un regista e ti propone una cosa, sapendo che le persone con cui lavorerai sono queste, dici di sì. È stato un piacere". "Come tutti gli uomini se mi lascio andare divento uno stronzo" dice, non senza un po' di ironia, a proposito del suo ruolo nel film. "Faccio l'uomo cattivo, ma non quei cattivi che possono essere quelli di Al Pacino e Marlon Brando. Questo è un uomo cattivo, polveroso. Si approfitta di questa ragazza, è un piccolo criminale. E l'ho fatto volentieri. È la chiave giusta per raccontare l'uomo attuale, e far risaltare la forza di queste tre donne fantastiche".
Angela Finocchiaro: "Mi occupo del personaggio e della cosa che può servire di più"
Tra le donne fantastiche c'è Angela Finocchiaro, che lavora in una pescheria e accoglie Deva. "Lei a capo chino crea una giornata dietro l'altra dedicandosi a questo piccolino, e non fa i conti con il passato, questa lacerazione con la figlia che non ha ancora capito" spiega Angela Finocchiaro sul suo ruolo. "Non ha capito come sia potuto succedere. E non è nemmeno riuscita ad aiutare questa figlia. Si dedica a questo bambino, la mattina presto. Sa che glielo toglierebbero. E fa qualcosa al di là della ragione. Quando morirà chi prenderà questo bambino? Deva arriva come un raggio di luce inaspettato, e ci porta verso un finale dove c'è una luce, una famiglia che si crea". Come Francesco Salvi, anche Angela Finocchiaro è vista soprattutto come attrice da commedia, eppure è perfetta in un ruolo drammatico, con quei suoi occhi chiari e puliti che trasudano umanità. "A parte che in certi momenti, con il catastrofismo che mi porto dentro, mi sembra più facile fare film drammatici. Non penso mai se faccio il comico o il drammatico. Quando faccio il comico penso di non far ridere. Mi occupo del personaggio e della cosa che può servire di più. La sceneggiatura era più asciutta di quello che è diventata, e molte cose erano demandate a un pensiero. È come se venissero a galla possibilità già narrate. Ho cercato di mettere tanti piccoli strati. Imparare a pulire il pesce, ad esempio, vuol dire lentamente entrare in un posto dove non è la tua abitazione. Avete dei turni notturni, vivere quegli spazi come il mercato e la pescheria. Così sulla concretezza si è cominciato a costruire questo personaggio".
Stefano Chiantini: "L'acqua è un elemento di liberazione"
A contribuire alla durezza di certi momenti del racconto c'è stata anche l'asperità dei luoghi dove si è girato. "Erano set scomodi" racconta Stefano Chiantini. "Il mercato del pesce, la pescheria, il campeggio stanziale. E quando abbiamo iniziato nel campeggio pioveva sempre. Ho detto: questo film lo faremo con 15 giorni di straordinario. Con la pioggia abbiamo girato lo stesso, tutto aveva un fascino diverso. Per la scena dell'inseguimento ho avuto l'abilità di scegliere l'unica giacca di cui non avevamo doppi. Se si rompeva non potevamo rifare la scena. Così abbiamo girato nell'unico posto senza acqua per farla cadere". A proposito di acqua, anche qui, come in un altro film di Stefano Chiantini, Naufragi, c'è la presenza del mare. È la stessa Micaela Ramazzotti a farlo notare e a fare la domanda al suo regista. "L'acqua è un elemento che torna sempre, in queste storie è un elemento di liberazione" risponde il regista. "I personaggi vogliono liberarsi: è un elemento che purifica, fa rinascere".