Un riflessivo spacciatore londinese
Arriva nelle nostre sale nell'affollato panorama delle uscite estive di quest'anno The Pusher, titolo "italiano" di Layer Cake, una crime-story inglese che ha ottenuto grande successo in patria e che ha fruttato al suo esordiente regista-produttore Matthew Vaughn l'assegnazione della direzione del prossimo X-Men 3 ad Hollywood. E' notizia di pochi giorni che Vaughn a nove settimane dall'inizio delle riprese ha dovuto rifiutare per motivi personali, ma ciò non toglie che l'eccellente produttore di Lock & Stock - Pazzi scatenati e Snatch - Lo strappo si sia certamente fatto notare con il suo convincente esordio alla regia.
Tratto dall'omonimo romanzo di J.J. Connolly, definito il Traispotting del crimine e tradotto anche in Italia in L'ultima partita, The Pusher racconta la storia di un uomo senza nome come tanti, deciso e dalla forte personalità che sceglie di fare lo spacciatore per garantirsi una lauta ed anticipata pensione in un mondo in cui appare impossibile alzare la testa dalla mediocrità rimanendo nella legalità. Svolgendo la sua professione con spirito imprenditoriale e nel modo meno vistoso possibile, nel giro di dieci anni il nostro uomo diventa uno dei pusher più potenti di Londra ed è pronto a ritirarsi. Ma si sa, il circolo della devianza è duro da abbandonare, specie quando il proprio boss pretende un ultimo favore che aprirà una serie di scatole cinesi e di reazioni a catena impreviste.
Tra le numerose angolature che permettono al gangster-movie di mantenere nei decenni intatto tutto il suo fascino, il tema del mondo della criminalità come finto paradiso del lusso da cui è impossibile sottrarsi è, probabilmente insieme all' ancora più espolorato cinema dell'ascesa e della caduta di un malavitoso, quello che permette possibili varianti narrative e formali. Cinema hard-boiled in era pulp, girato in Olanda e a Londra, The Pusher si dimostra un esordio registico di sorprendente qualità e di grande intrattenimento a cui si può imputare solo un po' di indecisione nelle scelte drammaturgiche, con il suo stare in bilico tra tentazioni da scansonata black comedy stile primo Guy Ritchie (autore di Snatch e Lock & Stock) e la voglia di fornire una portata tragica al suo protagonista.
Detto questo, Vaughn sfrutta a pieno l'ottima sceneggiatura di Connolly e ci da in pasto un film piacevolmente corrosivo, moderno ed interpretato in modo convincente da tutto il cast, guidato dal sempre più lanciato Daniel Craig. La regia si fa notare per il buon ritmo, i vivaci movimenti di macchina e per alcuni barocchismi nella messa in scena che non stonano assolutamente nel contesto di un genere in cui la forma ha da sempre uno spazio di tutto rispetto .Citazione a parte meritano il particolare montaggio di Jon Harris (già fattosi notare in Snatch e Il gioco di Ripley), ricco di interessanti legature che aiutano la storia a mantenere un elevato livello di attenzione e l'eccellente commento sonoro affidato a Lisa Gerrard (ex Dead Can Dance) e Ilan Eshkeri in cui vengono modulati con sapienza e gusto decisamente cool suggestioni lounge ad avvincenti motivi elettronici e a classici anni '80.