Recensione Beyond our Ken (2004)

Una commedia nera atipica, narrata quasi come un thriller, che esplora temi con l'ossessione dell'amore e la crudeltà come ideale prosecuzione della passione da un punto di vista insolito e originale.

Un insolito 'triangolo'

Quando Ching, giovane insegnante, perde il lavoro a causa di alcune sue foto messe su Internet dal suo ex Ken, la donna è pronta a tutto pur di cancellare le foto dal pc dell'uomo; per far questo, si mette in contatto con Shirley, l'attuale compagna di Ken, che da quel momento sviluppa una forma di diffidenza verso il fidanzato, mentre tra le due donne si sviluppa una singolare complicità.

Il regista Pang Ho-cheung si è costruito ad Hong Kong una solida reputazione come autore di commedie nere (si veda il recente Men suddenly in black, sorta di parodia dei più recenti gangster movie della ex-colonia britannica), e con questo film prosegue il suo percorso, esplorando a fondo un'amicizia tra donne dai tratti singolari, insoliti, che riserverà non poche sorprese. La narrazione si snoda tra i divertenti sotterfugi escogitati dalle due amiche per non far scoprire all'uomo le loro manovre, alternando la storyline principale a spassosi flashback dei rispettivi incontri con Ken e delle precedenti, disastrose esperienze sentimentali delle due donne. La sceneggiatura è convincente nel narrare l'evolversi del rapporto tra le due, dall'iniziale diffidenza alla complicità, mantenendo un tono da commedia che tuttavia non fa mancare mai credibilità al plot. L'amore trasformato in ossessione, la persona desiderata ridotta ad oggetto (o piuttosto a mera idea), la crudeltà che sembra essere la prosecuzione naturale della passione al termine di un rapporto: temi risaputi, ma certamente trattati qui da un punto di vista insolito, che stimola la curiosità dello spettatore anche per la struttura atipica, quasi da thriller, della narrazione.

Rispetto ai precedenti film di Pang, il film si avvale di una fotografia maggiormente curata, con cromatismi visivamente molto attrenti che rimandano in parte ai giochi di colore di un maestro come Christopher Doyle; la regia, caratterizzata da una singolare commistione tra un ritmo serrato e situazioni da commedia nera, rimanda per certe soluzioni stilistiche ad alcuni film di Wong Kar-Wai. Gran parte della riuscita del film è affidata anche ai tre interpreti principali, convincenti nei diversi registri di recitazione che lo script impone loro: funziona la singolare coppia femminile composta da Gillian Chung e Tao Hong, e funziona altrettanto bene l'"oggetto del desiderio" Daniel Wu, un Ken che resta ambiguo per lo spettatore fino alla fine del film.

La cover di Amandoti dei CCCP riproposta da Gianna Nannini, singolare ma azzeccata "scoperta" che il regista ha voluto inserire nel suo film, chiude una pellicola interessante, insolita, visibile a diversi livelli (semplice commedia, curiosa sorta di "thriller", spaccato sui rapporti sociali), che ha il merito di mantenersi credibile pur nella singolarità della vicenda trattata: certamente una scoperta interessante per il pubblico locale, da un regista che in futuro avrà sicuramente ancora molto da dire.

Movieplayer.it

3.0/5