Per iniziare questa recensione di Un figlio di nome Erasmus, non si può che partire dal percorso davvero tortuoso che ha dovuto fare quella che è la prima produzione cinematografica interamente targata Eagle Pictures: il film infatti doveva uscire nelle sale a marzo ma poi, contribuendo alla campagna #iorestoacasa, ad aprile con una decisione coraggiosa è stato il primo lungometraggio italiano ad alto budget a intraprendere il debutto in streaming. Qualche settimana fa, appena qualche cinema ha riaperto, la commedia di Alberto Ferrari è approdata anche nelle sale, ma intanto ora esce anche in homevideo. Ed è infatti proprio grazie al blu-ray (di cui accenneremo dopo) che abbiamo potuto vederlo.
Una ragazza condivisa e una paternità misteriosa
La storia di Un figlio di nome Erasmus è semplice: a distanza di 20 anni dall'Erasmus fatto insieme a Lisbona, quattro amici ormai quarantenni vengono chiamati in Portogallo per i funerali di quella che all'epoca era stata una ragazza condivisa tra loro (anche se all'insaputa del fidanzato ufficiale). In realtà, la convocazione è stata fatta perché la donna ha lasciato un figlio ormai ventenne concepito con uno di loro, ma non si sa chi è il padre. Dopo essersi sottoposti ai test del Dna, aspettando i risultati i quattro vanno alla ricerca della misteriosa prole, aiutati da una ragazza che si offre di aiutarli.
Il deja vu del road movie alla riscoperta di se stessi
La prima sensazione dopo aver visto il film, è che sembra tutto già visto. Qui di originale, infatti, c'è ben poco. L'evento che rimette assieme vecchi amici, il road movie raccontato con la voce fuori campo nel quale i protagonisti prendono coscienza di se stessi e delle priorità da dare alla loro vita, l'incontro con la vecchia fiamma, i rimandi a film come Mamma Mia! (la paternità condivisa) e Una notte da leoni (gli effetti di una serata di follie al Campus), gli inserti malinconici e le piccole dosi di dramma attraverso una malattia: non ci sembra ci sia praticamente nulla che non si sia già visto nel cinema italiano.
Anche i personaggi, secondo schemi diversi, ricalcano figure già note: Ascanio (Luca Bizzarri) fa la guida alpina ed è un eterno Peter Pan, Jacopo (Paolo Kessisoglu) è un prete ben introdotto in Vaticano, Pietro (Ricky Memphis) è un manager artistico che ha a che fare con ragazzi di dubbio talento, mentre Enrico (Daniele Liotti) è un architetto candidato alla Camera che entro pochi giorni deve convolare a nozze. A questi si aggiunge la giovane Alice (Filipa Pinto), che li incontra e si offre di accompagnarli.
L'alchimia tra i personaggi e una sensazione di freschezza
Con queste premesse, si dirà, il giudizio non potrà che essere negativo: e invece parlare solo male di questo film risulta davvero difficile. I motivi? Sarà perché trasuda freschezza in ogni immagine, per gli splendidi paesaggi portoghesi, per un delicato equilibrio tra registri comici e altri più seri, per alcune gag particolarmente riuscite, nonché per la chimica tra i personaggi. A questo riguardo, Bizzarri è bravo a passare tra risate e toni drammatici, e l'alchimia con Kessisoglu è consolidata. Ricky Memphis è sempre irresistibile appena apre bocca nel consueto personaggio macchietta, mentre l'unico ad apparire un po' ingessato è Daniele Liotti, qui anche narratore. Tra l'altro c'è anche Carol Alt, ancora bella e affascinante a quasi sessant'anni.
Snodi narrativi forzati, ma anche un finale suggestivo
Sia chiaro, alcuni snodi narrativi sono davvero forzati e poco credibili, la ricerca di un maggior coinvolgimento emotivo oltre al divertimento cerca facili scorciatoie, e inoltre è davvero difficile scrollarsi di dosso la citata forte sensazione di deja vu. Però tutto sommato la sufficienza il film la strappa: c'è qualche buon colpo a sorpresa, il tormentone di "Pensiero" dei Pooh trova una bella sponda nel gustoso cameo di Roby Facchinetti, e infine il finale, seppur consolatorio, regala un'immagine suggestiva. Perché in fondo è giusto che lo spettatore curiosone per una volta non sappia troppo: e il sorriso in camera della protagonista che si tiene il sergeto per sé, è decisamente è un bel congedo.
Il blu-ray: video e audio ottimi, negli extra backstage e papere
Come si diceva, Un figlio di nome Erasmus esce ora anche in homevideo. Eagle Pictures propone una bella edizione combo, nel quale sono presenti sia il blu-ray che il DVD. Il blu-ray tecnicamente è impeccabile: il video (voto 8) offre un quadro compatto e ben dettagliato, favorito anche dai tanti esterni ben illuminati, che regalano un croma vivo e colori accesi, oltre a una bella sensazione di profondità. Ma anche le scene notturne hanno una buona tenuta. L'audio proposto in DTS HD 5.1 (voto 8) è anch'esso di qualità: non siamo certo di fronte a un film di azione, ma l'ambienza è molto curata con un costante utilizzo dell'asse posteriore, canali ben separati e una notevole grinta che sprigiona nei momenti musicali. Quanto agli extra (voto 6), troviamo un backstage di 7 minuti con momenti delle riprese sul set e interventi di regista e cast, e poi 3 minuti di papere.
Conclusioni
Come abbiamo visto nella recensione di Un figlio di nome Erasmus, il film con Luca e Paolo è un road movie alla scoperta della paternità che sa di già visto ed esplora temi ricorrenti nelle commedie italiane, ma che riesce a salvarsi per la simpatia dei protagonisti, alcune buone trovate e una bella sensazione di freschezza.
Perché ci piace
- L’alchimia tra i protagonisti e la loro simpatia.
- Gli splendidi paesaggi e alcune gag indovinate.
- Il delicato e suggestivo finale.
Cosa non va
- La sensazione di già visto è costante.
- Alcuni snodi narrativi sono decisamente forzati.
- La ricerca del coinvolgimento emotivo percorre una facile scorciatoia.