Negli anni si è distinto per le sue storie sospese tra il mistero incombente e il neorealismo. Due volte premio Oscar per il miglior film straniero, nel 2012 con Una separazione e nel 2017 con Il cliente, l'iraniano Asghar Farhādi torna in sala dal 3 gennaio con Un eroe, Grand Prix Speciale della Giuria Cannes. Un film che rappresenta non solo la ripresa di atmosfere e temi a lui cari, ma anche il ritorno in Iran, a casa sua, dove sembra molto più a suo agio dopo la parentesi spagnola di Tutti lo sanno o quella francese de Il passato. È qui che si snoda la vicenda del protagonista Rahim, in prigione a causa di un debito che non è riuscito a ripagare. Approfittando di un permesso di due giorni e del ritrovamento di una ingente somma di denaro, cerca di convincere il suo creditore a ritirare la denuncia. Ma le cose si complicano.
La video intervista a Asghar Farhādi
Fenomenologia della parola eroe
La parola eroe ci fa pensare sempre a persone straordinarie. Chi è invece l'eroe di questo film?
È esattamente il contrario di quello che normalmente pensiamo come caratteristiche principali di un eroe, cioè una persona pragmatica, precisa e forte che prende in mano le situazioni. In questo film l'eroe è una persona che lascia decidere gli altri fino all'ultimo, anche se alla fine è lui a decidere, è l'opposto degli stereotipi che abbiamo in mente quando parliamo di un personaggio che chiamiamo eroe.
L'ispirazione della storia di Un eroe viene da molto lontano, da quando lei era uno studente universitario. Come è cambiata in tutti questi anni?
Non è tanto la storia che avevo in mente da quell'epoca, ma il concetto di come si creano eroi all'improvviso e questo viene da un testo teatrale scritto da Bertolt Brecht, Vita di Galileo, che mi ha portato a dare particolare attenzione alle notizie sui media che trattavano il tema di persone che diventavano eroi. Quando ho iniziato a pensare a questo concetto, non esistevano i social media. In questi anni con l'avvento dei social invece ho capito quanto potessero essere influenti nella creazione di eroi e per questo nel mio film hanno un ruolo determinante.
Il ritorno in Iran e la corsa verso gli Oscar 2022
È tornato a girare in Iran dopo diversi anni. Si sente più a suo agio a girare a casa sua?
Purtroppo la situazione non è migliorata, anzi è peggiorata da quando sono andato via. Quando sono tornato per girare questo film non ho trovato un'atmosfera migliore.
La relazione tra Rahim e suo figlio ricorda molto quella dei due protagonisti di Ladri di biciclette. Quanto era presente questo riferimento?
Quando ho scritto il soggetto qualche amico che l'aveva letto mi ha detto che anche a lui ricordava Ladri di biciclette e mi ha fatto molto piacere perché è un cinema che amo. Proprio per questo ho inserito nel film delle immagini che fossero un omaggio personale a De Sica.
È contento di rappresentare il suo paese nella corsa agli Oscar?
Sono ovviamente contento per il percorso che sta facendo il film, ma essere un regista non è questo. Essere un regista è andare sul set, piazzare la telecamera e guidare gli attori.