Un assassino che non spaventa
Molte volte è difficile recensire un film; quando si provano sentimenti contrapposti dopo la visione, quando gli aspetti positivi e quelli negativi si equilibrano.
Nel caso di questo Cabin Fever, diretto dal semi-esordiente Eli Roth, invece è facilissimo dare un giudizio che non può essere altro che estremamente negativo. Il film parte con buone premesse, diciamo che i primi due minuti sono passabili, da allora in poi prendono piede tutta una serie di banalità incredibili. Andiamo a vedere prima tutti i difetti, per poi enumerare i pochi (e relativi) pregi.
Innanzitutto la trama. Si racconta di un gruppo di ragazzi che vanno a passare una settimana in mezzo al bosco, senonché la loro vacanza viene rovinata dall'irruzione di un uomo ricoperto di pustole sanguinanti nel loro chalet. Da qui si dipana uno degli intrecci più deboli e pieno di buchi narrativi che abbia mai visto. Infatti, non solo il principio è già piuttosto esile ma il modo in cui si svolge e alcune "trovate" di sceneggiatura sono francamente stomachevoli. Il tutto è diretto in maniera sciatta e impersonale, da principianti (in effetti Roth lo è) ma con le pretese dei grandi registi. Questo rende ancora più insopportabile la pellicola, che nonostante duri solo 1 ora e 34 minuti, dopo neanche mezz'ora già diventa prevedibilissima. In sostanza una regia veramente poco equilibrata e poco attenta a dosare i vari piani di ripresa. Sembra quasi che il regista si trovasse là per caso a girare un filmino di famiglia qualsiasi. Anche per quanto riguarda le presunte sequenze da "salto dalla sedia", esse non sono per niente inquietanti, anzi spesso e volentieri fanno addirittura ridere, per quanto sembrano ridicole. Partendo dall'idea iniziale, si poteva sviluppare qualcosa di molto migliore, evitando tutte quelle sequenze che nell'intenzione vorrebbero shockare, ma che in realtà lasciano piuttosto increduli.
Passando a ciò che, tutto sommato, possiamo salvare, troviamo la fotografia che, anche se a livelli altalenanti, presenta dei bei colori, e le musiche (in parte curate da Angelo Badalamenti, un maestro della musica nel cinema) che non si innalzano oltre un certo livello di mediocrità quasi mai, ma che nel disastro generale possiamo ergere a elemento migliore di tutto il film.
Infine le interpretazioni. I personaggi sono caratterizzati in maniera pessima, seguendo i più triti stereotipi del cinema americano, e abbinati a dialoghi che non hanno un minimo di luce creativa. Un cast di sconosciuti o quasi, per una recitazione che vola sempre bassa, sia nella parte iniziale più tranquilla, in cui sembrano tutti involontariamente mielosi, che quando scoppia la follia nel gruppo, momento in cui non riescono a mantenere la giusta tensione drammatica. A questo proposito è memorabile (in negativo, ovviamente) il personaggio del vicesceriffo, veramente ai limiti del trash in quanto a consistenza ed espressività.
Insomma, si esce dal cinema in preda allo sgomento.
Per dirla in estrema sintesi: bocciato. Avanti un altro.