Un'algida radiografia
Hèlèna è una giovane laureata in medicina, nata a Firenze, che sta facendo la scuola di specializzazione in Francia. Qui incontra Benoit, professore universitario e radiologo, che la sottopone a una lastra dopo che la ragazza ha iniziato a sentire dolori addominali. I due si conoscono e tra di loro nasce una relazione, mentre entrambi si scoprono sempre più affascinati dalla visione dell'interno del corpo dell'altro. La "violazione" dell'intimità del corpo tramite gli strumenti medici, ancora più forte di quella della nudità, diventa per i due una vera e propria ossessione, che dà al loro rapporto un carattere sempre più autodistruttivo.
La prima cosa che risulta evidente, nell'esordio alla regia dell'italo-francese Roberto Garzelli, è la sua notevole freddezza di tono. Nel raccontare una storia d'amore caratterizzata da pulsioni erotiche estreme, che crescono di intensità insieme al coinvolgimento dei due protagonisti, il regista sceglie di mantenere un occhio distaccato, con un approccio che vorrebbe essere forse quello dell'esame clinico, freddo e neutro, su un rapporto non convenzionale. Il modello, nel rappresentare pulsioni che hanno nella fascinazione per il corpo (e per i suoi segreti) la loro caratteristica principale, è quello del cinema di David Cronenberg, specie nelle sue opere contemporaneamente più radicali e meno grafiche (Inseparabili, M. Butterfly). Il paragone appare tuttavia impietoso per il film di Garzelli, che risulta comunque una pellicola sbagliata anche presa come opera a sé stante.
Non aiuta in questo neanche la prova poco convincente, e poco convinta, dei due protagonisti, forse diretti da par loro in modo non impeccabile: se sul volto di Stéphanie Andriot non traspare nulla della disperazione e della passione ossessiva che il suo personaggio dovrebbe esprimere, Etienne Durot appare invece imperturbabile dall'inizio alla fine, anche quando il suo personaggio attraversa quello che la sceneggiatura ci presenta come un conflitto interiore. Così, se anche alcune delle immagini, e in particolar modo il finale, possono disturbare a un livello puramente visivo, anche questo resta un effetto superficiale: sia emotivamente che intellettualmente, lo spettatore resta lontano dal film, senza percepirne mai l'anima, o quel cuore pulsante che, se esiste, il regista ha scelto di tenere celato.
Movieplayer.it
2.0/5