Ha esordito, all'età di dodici anni, in The Tree of Life di Terrence Malick, e negli anni successivi ha vinto il Premio Mastroianni alla Mostra di Venezia ed è stato diretto da Jeff Nichols, Bryan Singer e Steven Spielberg. In attesa di rivederlo nei panni di Ciclope in X-Men: Dark Phoenix, il giovane attore Tye Sheridan, classe 1996, è venuto alla Festa del Cinema di Roma per presentare, nella sezione Alice nella Città, il film Friday's Child, dove interpreta un diciottenne costretto a cavarsela da solo dopo essere uscito dal sistema dell'affido familiare. Prima della proiezione ufficiale ha conversato con la stampa presente a Roma.
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Un'amicizia di lunga data
Conosceva già da prima il regista, A.J. Edwards, che ha anche lavorato con Malick. Il primo incontro è avvenuto in quell'occasione? "Lo conosco da quando avevo dieci anni, prima che iniziasse la mia carriera d'attore. Ci siamo parlati nel corso degli anni, sapevo che voleva fare il regista, e quando mi ha proposto questo film mi ha detto che era un progetto importante, legato al Texas, siamo entrambi texani. È stata un'avventura emozionante per tutti e due." Hanno lavorato insieme per costruire il personaggio? "No, mi ha mandato la sceneggiatura finita, aveva già fatto le sue ricerche e parlato con diverse fondazioni che aiutano in casi come quello mostrato nel film." Ha incontrato dei ragazzi che uscivano dalle case famiglia? "Sì, all'inizio ho letto molti libri consigliati da A.J., spesso erano libri che le case danno ai bambini quando raggiungono la maggiore età. Sono istruzioni per sopravvivere nella vita di tutti i giorni, come fare cose che io ho imparato dai miei genitori e che davo per scontate. Mi sono reso conto che è importante, non solo negli USA ma nel mondo intero, capire queste persone e la realtà in cui vivono. Ho anche parlato con molte persone della mia età che erano uscite da quel sistema. Mi hanno parlato molto apertamente della loro infanzia, dei problemi che hanno affrontato. Capivano l'importanza del film per parlare di questa tematica. Senza il loro aiuto non sarebbe stato possibile realizzare Friday's Child. Volevamo raccontare quel mondo in modo autentico."
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Un tema importante
In altri film della sezione Alice nella Città sono stati affrontati temi come il bullismo. La base per non esserne vittime è la famiglia e la scuola. Come si ritrova la strada quando non ci sono punti di riferimento, come nel caso del suo personaggio? "Posso solo dire che ho sempre avuto una famiglia affettuosa che mi sosteneva, amici, colleghi. Penso che molti come me diano per scontato avere quel tipo di sostegno. L'importante, per quelli che ne sono privi, è imparare dai propri errori e affrontare i dubbi. Con film come questo, sui problemi sociali legati alla gioventù, possiamo aiutare le persone a rendersi conto di queste difficoltà, soprattutto nel mio paese dove non vengono sempre riconosciute. Quando c'è consapevolezza, si può fare di più." Come ha lavorato con la co-protagonista Imogen Poots, soprattutto per le scene più dure? "Sarebbe bello lavorare sempre con le persone in modo intelligente e consapevole, e su questo set è stato possibile grazie a A.J., che guidava tutti nel modo giusto per rendere la tematica accessibile ma non troppo. Con Imogen è stato interessante esplorare il contrasto fra i nostri personaggi, e come influisce sull'alchimia personale."
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Scelte professionali
Si devia provvisoriamente dal film attuale per parlare di Ready Player One. Olivia Cooke, la protagonista femminile, ha firmato un contratto per tre film. Anche lui? "Non ho idea di cosa abbia firmato Olivia, non sono affari miei. Ma non direi di no se mi proponessero un sequel." La carriera di Sheridan è in equilibrio tra blockbuster e film impegnati. I secondi in sala hanno un percorso più difficile. Cosa bisogna fare per sostenere quel tipo di cinema? "È un flusso continuo. È vero, attualmente le sale sono per lo più dominate da grosse produzioni, e non sempre contengono messaggi importanti. Personalmente, quando vedo un film privo di messaggio, mi chiedo perché sia stato realizzato, e cerco di evitare quel tipo di film. Io scelgo i ruoli soprattutto in base al tema, anche in relazione alle questioni legate alla mia età, alla mia vita privata, e non mi interessano film dove la storia non ha un significato. Io amo il cinema perché mi aiuta a capire il mondo in cui vivo, e non deve per forza essere un film autoriale. Recentemente ho visto con i miei nipoti, che hanno tre e quattro anni, Inside Out. Penso che sia molto bello trasmettere messaggi importanti, come in quel film che parla delle emozioni umane, anche attraverso prodotti destinati ai più piccoli." C'è un regista in particolare con cui gli piacerebbe lavorare? "Ho sempre ammirato il cinema di Paul Thomas Anderson, soprattutto sul piano visivo. Mi piacciono molto Darren Aronofsky e Denis Villeneuve. Ci sono anche molti registi giovani che stanno cercando di lasciare un segno nell'industria americana, e sono aperto ad ogni tipo di collaborazione che apra nuovi percorsi."