Quanto abbiamo dovuto attendere prima che la serie televisiva più importante e seminale di tutti i tempi tornasse a popolare i nostri schermi e i nostri incubi? Ricordate quanti annunci, smentite, minacce di abbandono si sono susseguite in questi anni? E poi, una volta arrivata la conferma di questa terza stagione de I segreti di Twin Peaks, il silenzio assoluto. Niente informazioni sulla trama, niente foto di scena, pochissimi video e, di fatto, nessun trailer. Ci siamo dovuti aggrappare al poco materiale pubblicitario realizzato per l'occasione, alle solite oscure dichiarazioni di David Lynch e al continuo ed infinito (ab)uso della splendida colonna sonora di Angelo Badalamenti.
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In un periodo in cui ormai i revival delle serie sono all'ordine del giorno e in cui tutti, nessuno escluso, fanno a gara a cercare di riunire il maggior numero di membri del cast originale così da proporre agli spettatori un'esperienza più vicina possibile a quella dell'epoca, il nuovo Twin Peaks si è da subito confermato come un qualcosa di molto differente. Un qualcosa di unico. Come in fondo è stato all'epoca e sarà sempre lo show firmato da Lynch e Frost nel 1990 che avrebbe cambiato per sempre la storia del piccolo schermo. Ma siamo davvero sicuri che gli spettatori odierni di Twin Peaks - sia coloro che sono cresciuti guardando Canale 5 quelle sere di 26 anni fa, sia coloro che nel frattempo hanno recuperato lo show grazie ad un passaparola che non è mai cessato - siano davvero pronti a quello che David Lynch ha preparato per loro?
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Gli episodi non sono quello che sembrano
Il punto è che nel contesto di inizio anni '90, Twin Peaks era una serie che definire rivoluzionaria sarebbe un eufemismo. Nulla di quello che c'era in televisione all'epoca poteva anche solo minimamente avvicinarsi a quella commistione di mistery, soap opera e cinema d'autore che, facendo anche leva su un furbo tormentone tanto semplice quanto geniale ("Chi ha ucciso Laura Palmer?"), si era insinuato nelle case di tutto il mondo e aveva costretto ignari spettatori ad affrontare incubi e follie di un artista tutt'altro che popolare e cercare di trovarci (spesso inutilmente) un senso. Nessuno di noi spettatori dell'epoca era pronto per qualcosa come Twin Peaks e nessuno degli autori e produttori successivi è mai riuscito a replicarne il successo o la formula... anche perchè, se mai fosse esistita, sarebbe stata nella testa di Lynch, un labirinto che farebbe invidia a Minosse.
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Un degno erede di Twin Peaks non c'è mai stato, questo è vero, ma in questi ultimi cinque lustri la televisione ha cambiato faccia talmente tante volte che per proporre qualcosa di veramente rivoluzionario e nuovo bisogna rischiare, e tanto. Lynch è certamente uno dei pochi in grado di farlo, ma a caro prezzo: e no, non ci riferiamo alla questione budget che ha tenuto banco qualche tempo fa e che vedeva contrapposti il regista e Showtime che manda in onda la nuova serie, ma a quello che deve essere stato il vero (e difficile) argomento di discussione, ovvero la reale natura di questo nuovo show. Perché se avete visto, come noi, i primi nuovi episodi, vi sarete accorti che più che dalle parti di Twin Peaks siamo qui in un territorio ben diverso. Siamo nel bel mezzo di un lunghissimo incubo lynchiano, siamo dalle parti di quel nuovo film che da tempo nessuno sembrava più permettergli di fare.
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Qualcuno ricorderà la genesi di quello che forse è il capolavoro assoluto di David Lynch, Mulholland Drive. Nato come pilot per una nuova e misteriosa serie TV, il progetto fu bocciato dalla ABC a causa della scarsa chiarezza e disponibilità da parte del regista a fornire una bozza di plot per l'intera serie e divenne così un film pluripremiato. L'impressione è che Lynch si sia finalmente preso la propria vendetta e abbia sfruttato la popolarità di Twin Peaks - così come l'entusiasmo dei fan e l'appetibilità del marchio - per fare, per una volta, esattamente quello che gli pare. E se può essere normale per molti rimanere delusi davanti ad una verità del genere, davanti all'idea che forse il Twin Peaks di una volta non esiste e non esisterà mai più, non si può che apprezzare il genio e la sfrontatezza di un autore che non solo continua a fregarsene del pubblico, della critica e perfino dei propri committenti, ma che è anche disposto a "sacrificare" la sua opera più nota e più amata al grande pubblico per i propri ideali artistici.
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Chi ha ucciso Twin Peaks?
Nessuno. Nessuno ha ucciso Twin Peaks, tantomeno David Lynch. Di certo però con questi primi episodi (ma non ci aspettiamo nulla di troppo diverso per i successivi) ha dimostrato di non tenere a questo ritorno quanto i suoi fan più sfegatati e soprattutto di non voler approfittare della nostagia che ultimamente sembra caratterizzare l'industria dell'intrattenimento. Ha scelto di guardare oltre. Dove? Nessuno lo può sapere, stiamo pur sempre parlando di Lynch, ma di certo non al panorama che tutti aspettavamo, non al cartello iconico, non a quei personaggi che abbiamo imparato ad amare insieme alle crostate di ciliegie e i caffè nerissimi. Il che non vuol dire che negli episodi a venire non torneranno, ma che difficilmente la cittadina di Twin Peaks sarà quella che avevamo lasciato. Il che, poi, è anche naturale, eppure va in controtendenza rispetto ai revival di questi tempi, che devono essere fedeli a loro stessi in ogni dettaglio.
Non per questo Lynch dimostra di non sapere perfettamente come accontentare i fan: sono tantissimi gli omaggi e i riferimenti al vecchio show e forse basteranno questi a soddisfare, o comunque temporaneamente ammansire, i fan, forse anche i più esigenti. Ma superato il primo impatto, affrontato l'attesissimo ma spiazzante ritorno, quanti saranno disposti a seguire Lynch nei suoi incubi e nelle sue stranezze che, a differenza delle prime stagioni stagioni, non sono più una tantum ma assolutamente centrali nell'economia dei nuovi episodi? D'altronde i primi numeri di Showtime non sono incoraggianti e dimostrano che, nonostante l'indiscussa importanza e popolarità di Twin Peaks, per il grande pubblico non si tratta dell'evento sperato. E sicuramente non dell'evento che era stato negli anni '90.
Se è così è proprio perché nel frattempo Lynch è diventato un filmaker con una poetica sempre più distintiva e sempre più "avversa" al grande pubblico. Quanti d'altronde sarebbero disposti, senza l'appeal di Twin Peaks, a vedere 16 ore di cinema a là Mulholland Drive, Strade perdute o Inland Empire? Eppure perché stupirsi di tutto questo? Non abbiamo sempre detto che I segreti di Twin Peaks sarebbe stato un fenomeno ed un'esperienza irripetibile? David Lynch ce l'ha appena confermato e ci invita però a seguirlo in qualcosa di diverso, di più complesso e, chissà, forse altrettanto importante per il futuro della TV. Ora sta a noi decidere se seguirlo fino in fondo, magari mettendo da parte le (false) aspettative che per anni ci siamo creati, ed accettare che ci siamo messi nella condizione di farci benevolmente "prendere in giro" dall'autore più burlone che c'è.
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