Min-chan è il giovane pastore, determinato a diffondere la parola di Dio con profonda convinzione. L'uomo, in attesa di una possibile promozione data dalla costruzione di una nuova chiesa della comunità a cui è affiliato, ha appena scoperto dopo aver assunto un investigatore privato che la moglie lo sta tradendo.

Lee Yeon-hui è una detective della polizia pronta a tutto pur di incastrare colui che anni prima rapì sua sorella, poi morta suicida dopo il trauma subito. Proprio il criminale, ora in libertà vigilata tramite cavigliera elettronica, fa visita al centro gestito da Min-chan, con intenzioni poco rassicuranti. In Tre Rivelazioni i destini di questi personaggi si incroceranno in seguito alla drammatica scomparsa di una ragazzina, con la fede e la vendetta quali elementi alla base di un racconto sempre più complesso e stratificato.
Tre rivelazioni: dai morti viventi ai vivi morenti

Il nuovo film di Yeon Sang-ho sbarca direttamente nel catalogo Netflix e ci riconsegna un regista nuovamente consapevole, dopo il passo falso di Jung_E (2023) e l'improbabile sequel Peninsula (2020), continuazione di una grande cult dello scorso decennio quale è stato Train to Busan (2016).
In quest'occasione l'autore coreano si cimenta con il thriller a sfondo religioso, con l'horror a far capolino qua e là - ma il sovrannaturale è schivato in favore di un approccio più psicoanalitico dalle notevole suggestioni - in una storia che chiama lo spettatore stesso a farsi giudice, ascoltando di volta in volta i vari punti di vista delle figure coinvolte.
I volti del male

Il perdono e la vendetta al centro di un racconto dove il fanatismo prende il sopravvento, con il pastore che - vittima e fautore delle rivelazioni del titolo - comincia lentamente a perdere la propria stabilità, adducendo a Dio stesso la deriva di eventi sempre più fuori controllo. Ne esce un film teso e violento, dove a dolore e perdizione si mescolano speranza e catarsi, che proprio grazie alle sue variopinte scosse emozionali riesce a coprire in buona parte le pur evidenti forzature in fase di scrittura.
Molte situazioni infatti risultano se non inverosimili quanto meno impostate, quasi da trovare una giustificazione in quel presunto piano divino che diventa elemento via via centrale in questo incrocio di tormenti, con la resa dei conti che si avvicina a precedere quel liberatorio epilogo.
Essere o non essere, credere o non credere

Una situazione di stallo, non soltanto morale ma poi anche fisico - in una delle scene clou, con tanto di piano sequenza dalle dinamiche action e tensive che lascia senza fiato - che viene messa in scena da Sang-ho con ruvida efficacia, dando il giusto spazio ad ognuno dei tre protagonisti e adducendo le "ragioni" di ognuno, permettendo a chi guarda di farsi una propria idea e concordare o meno con le varie tesi proposte. D'altronde ci troviamo sì di fronte all'eterna lotta archetipica tra il Bene e il Male, ma qui le sfumature sono molteplici e il gioco delle parti garantisce colpi di scena e cambi di prospettiva con una certa efficacia.
Se i personaggi risultano credibili è anche per merito delle solide interpretazioni del cast: la trasformazione di Ryu Jun-yeol - lo ricordiamo nella serie cult The 8 Show - è tanto radicale quanto intensa, e allo stesso modo Shin Hyun-been diventa fulcro chiave, con le indagini che la vedono quale elemento chiave di immedesimazione da parte dello spettatore. E che dire di Shin Min-jae, che offre un villain inquietante ma allo stesso tempo oggetto di potenziale compassione?
Co-prodotto da un nome d'eccellenza come Alfonso Cuarón, Tre Rivelazioni è un film sicuramente perfettibile, ma le sue due ore offrono un godibile intrattenimento a tema, imperdibile per i fan del regista e del K-Cinema ma facilmente fruibili anche per chi si avvicina per la prima volta al genere e alle atmosfere indigene.
Conclusioni
Un pastore in crisi di fede e vittima di un crescente fanatismo; una detective tormentata e in cerca di vendetta; un violentatore pronto a colpire ancora. Al centro di Tre Rivelazioni il rapimento di un'adolescente porta le storie di questi tre personaggi a intrecciarsi, tra rancori passati e speranza future, in un gioco delle parti accattivante e moralmente ambiguo. Se la sceneggiatura forza la mano qua e là in diverse occasioni per far tornare tutto, dietro la macchina da presa il regista Yeon Sang-ho torna ai fasti di inizio carriera, con una buona gestione delle atmosfere e un senso della tensione costante, destinati a collimare in quel rush finale che chiude perfettamente il cerchio.
Perché ci piace
- Solide interpretazioni del cast.
- Tensione costante su alti livelli.
- L'intreccio appassiona...
Cosa non va
- ...nonostante diverse forzature, alcune evidenti.