Toxic, la recensione: la via di fuga dalla desolazione è un corpo perfetto nel Pardo d'oro di Locarno 2024

La recensione di Toxic, opera prima della trentenne lituana Saule Bliuvaite che ha conquistato il Pardo d'oro per il miglior film al Locarno Film Festival 2024.

Le protagoniste di Toxic

Storie di ordinaria desolazione nella provincia lituana. La regista 30enne Saule Bliuvaite, caschetto biondo, fisico longilineo, ha conquistato il Pardo d'oro per il miglior film al Locarno Film Festival con un'opera prima dal sapore autobiografico tutta al femminile. Incentrato sui temi dell'accettazione di sé, della presa di coscienza del proprio corpo, ma anche della scoperta del mondo esterno e della propria sensualità, il film offre uno spaccato adolescenziale crudo e a tratti desolante.

Toxic racconta la storia delle tredicenni Marija (Vesta Matulyte), timida e impacciata per via di un problema alle gambe che la ostacola nei movimenti, e Kristina (Ieva Rupeikaitė), sfacciata e intraprendente. Le due ragazzine stringono amicizia quando iniziano a frequentare una scuola per modelle con lo scopo di partecipare a un casting che potrebbe cambiare per sempre il corso delle loro esistenze. Le due ragazzine si ingegnano con modo più o meno leciti per trovare i soldi necessari a partecipare al casting, arrivando a violare il proprio corpo nel tentativo di raggiungere gli standard di magrezza richiesti.

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Vesta Matulyte e Ieva-Rupeikaite in una scena

Un'adolescenza senza prospettive

Come ha raccontato la regista Saule Bliuvaite, Toxic affonda le radici nella moda dei decenni scorsi di arruolare adolescenti dai paesi baltici per via dei colori chiari e del fisico sottile, che corrispondeva ai canoni richiesti dalle agenzie di modelle. Ed è esattamente ciò che vediamo nel film, con l'aggravante di famiglie assenti o incapaci di fornire la guida necessaria a discernere il bene dal male. Il contesto sociale in cui Marija e Kristina crescono non è dei migliori, ma a colpire, oltre al vuoto di valori, è la competizione tra adolescenti pronte a tutto pur di abbandonare una regione priva di prospettive.

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Modelle adolescenti in attesa del servizio fotografico

Il titolo internazionale del film non fa semplicemente riferimento allo spaccato di una gioventù allo sbando che cerca vie di fuga facili come alcool e droghe, ma evoca le attitudini malsane che le giovani protagoniste hanno nei confronti del proprio corpo, usato come strumento per guadagnare denaro facile, abusato per rispondere ai ridicoli canoni imposti da certe realtà, oppure ferito dal bullismo di coetanei violenti e rabbiosi. Per fotografare questa realtà, Saule Bliuvaite adotta un approccio naturalistico, ma con qualche trovata registica che eleva la narrazione nel tentativo di portarci dentro la mente della protagonista e di sperimentare l'isolamento e la derisione attraverso il suo sguardo.

Un'opera prima d'autore

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Toxic: le protagoniste Vesta Matulyte e Ieva-Rupeikaite e la regista Saule Bliuvaite a Locarno 2024

In Toxic i tocchi autoriali non mancano di certo. Pur essendo un'opera prima, il film rivela la maturità di un'autrice che, pur senza risparmiare nulla delle brutture dell'ambiente in cui colloca la sua storia, si concede qualche gustosa digressione seguendo la danza casalinga del padre di Kristina e della fidanzata o soffermandosi sulla coreografia delle aspiranti modelle faticosamente eseguita dalla sgraziata Marija.

Tutti gli ingredienti del film, dalla fotografia di Vytautas Katkus alle musiche elettroniche di Gediminas Jakubka, contribuiscono a trasmettere il senso di alienazione e straniamento che sembra perseguitare le giovani protagoniste. Toxic ha il pregio di non speculare sulla sofferenza, fermandosi subito prima che la narrazione vada troppo oltre, ma pur avendo la possibilità di approfondire la questione dello sfruttamento delle giovani modelle, indagando a fondo per denunciare apertamente questa pratica, preferisce ripiegarsi in una dimensione più intima facendo della turbolenta dinamica emotiva che si innesca tra le due giovani protagoniste il vero focus del film.

Conclusioni

Il vincitore di Locarno 2024 è un'opera prima al femminile coraggiosa, ma consapevole. Nel raccontare la difficoltà di integrazione e accettazioni di sé di due adolescenti lituane, la regista Saule Bliuvaite fornisce uno spaccato doloroso dall'afflato naturalistico, ma che non disdegna qualche tocco autoriale qua e là.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • La familiarità della regista col tema permette di realizzare un'opera partecipe e accurata.
  • Le performance delle giovani protagoniste sono assolutamente convincenti.
  • Gli squarci surreali che interrompono la narrazione naturalistica impreziosiscono l'opera contribuendo a valorizzare la cifra autoriale.

Cosa non va

  • Alcuni aspetti dello script, in particolare la denuncia di un certo sistema di sfruttamento delle aspiranti modelle, avrebbero potuto essere approfonditi maggiormente.