Torino Film Festival, Francesca Archibugi presenta Parole povere

Il nostro incontro con la regista capitolina che, in attesa dell'inizio delle riprese del nuovo film, ha completato il suo nuovo lavoro, un documentario nato dalla collaborazione col poeta friulano Pierluigi Cappello; "Non un biopic, ma un vettore per raccontare altro", ha spiegato l'autrice.

Il Torino Film Festival si offre come palcoscenico d'autore a quei registi italiani che stanno ultimando i loro lavori o si sono dedicati a progetti del tutto particolari con una sezione, E adesso in Italia, piena di primizie molto gradite dal pubblico di casa; l'onore è toccato a Francesca Archibugi che ha presentato Parole povere, documentario nato dalla collaborazione col poeta friulano Pierluigi Cappello.
Prodotto dalla Tucker Film di Zoran, il mio nipote scemo e Tir, premiati a Venezia e a Roma, Parole povere è il toccante incontro tra una delle registe più sensibili del nostro cinema e un artista della parola, che non si sottrae allo sguardo dell'autrice capitolina, parlando a cuore aperto della sua infanzia, degli amici, dell'amore per la poesia ("Un fatto artigianale, una costruzione paziente delle parole e non solo il frutto di una folgorazione momentanea", dice Cappello) e per la sua terra. "Non conoscevo Pierluigi, ma, quando vinse il Viareggio, comprai tutti i suoi libri - ha detto la Archibugi - naturalmente su internet, perché non si trovano nei negozi. Decisi allora di riprendere l'happening avvenuto al Mittelfest di qualche anno fa, uno spettacolo di letture di poesie accompagnate dalle musiche di Battista Lena. Ho pensato che valesse riprenderlo quando era ancora giovane e bello, prima che diventasse un brutto poeta da sussidiario".

Parole povere non è per la regista, "un biopic, ma un vettore per raccontare altro". "Abbiamo lavorato senza una sceneggiatura - ha aggiunto -, in verità non sapevo nemmeno cosa fare. Io e Pierluigi condividiamo la stessa attività, guardiamo le persone, è il nostro sport, non mi stancherei mai di farlo. I suoi versi sono pieni di persone, raccontati anche solo con una frase". Quanto al lavoro sulla poesia di Cappello la Archibugi ha sottolineato che "la poesia lavora come immagine. Per questo non ho pensato di fare qualcosa di illustrativo, in fondo c'è una complessa relazione tra immagine psichica e segno".

La regista si è poi soffermata sul suo lungo periodo di assenza dal set. "Quando saltano dei progetti importanti come Nel mare ci sono i coccodrilli, che era praticamente pronto in ogni dettaglio ci resti veramente male, ma ci sta - ha spiegato -. Nel mondo del cinema italiano in questi anni è successo veramente di tutto, non ci sono cattivi o buoni. Ora sono pronta a cominciare le riprese di un nuovo film, tratto da una piece francese. Con Francesco Piccolo stiamo alla seconda stesura della sceneggiatura". Chiosa finale dedicata al cinema e all'amore per la settima arte. "Sì, sono una scrittrice, ma non riuscirei a considerare la mia vita senza il cinema - ha concluso -, lo amo perché si sta in compagnia, noi facciamo insieme delle traversate transoceaniche. Purtroppo è un'arte gerarchica, in testa c'è sempre il regista, che resta lì anche se è un cretino".