La recensione di Tiepide acque di primavera è un altro viaggio nella memoria cinefila, che ci riporta al periodo prima della pandemia. Per l'esattezza all'edizione 2019 del Festival di Cannes e alla sezione parallela indipendente nota come Semaine de la Critique, terreno fertile per le scoperte in quanto dedicato esclusivamente alle opere prime e seconde. Lì, due anni fa, la chiusura fu affidata a questo imponente esordio di matrice cinese, un debutto fluviale in tutti i sensi del termine, impressionante biglietto da visita e promessa di altre opere a venire: al termine del film, infatti, appare la scritta "fine del primo volume", per indicare che ciò a cui abbiamo assistito è parte di un tutto ancora più ambizioso che il regista Gu Xiaogang intende costruire sotto forma di trilogia, a partire da questo primo viaggio nella sua regione natale che è al contempo un omaggio alla storia locale e un ritratto della contemporaneità.
Storie di famiglia
Tiepide acque di primavera, come titolo, non rende giustizia al contesto storico che si cela dietro l'originale, e la traduzione internazionale Dwelling in the Fuchun Mountains: un appellativo che si rifà a quello di una delle più celebri opere pittoriche cinesi, un dipinto che rappresenta le montagne che circondano la città-distretto di Fuyang, nella provincia di Zhejiang. È la regione da cui proviene il cineasta, ed è lì che si consuma in piccoli frammenti la vicenda di una famiglia il cui quotidiano viene stravolto quando, all'inizio del film, la nonna settantenne accusa un malore durante la propria festa di compleanno. Da lì parte un susseguirsi di piccole scene di vita di tutti i giorni, dove le stagioni della vita coincidono con quelle dell'anno (il film è stato girato nel corso di due anni), e il fiume è la grande costante, con i movimenti di macchina che ne replicano lo scorrere anche quando non è parte dell'inquadratura.
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La vita continua
Xiaogang Gu dice di essere stato ispirato, in parte, dalla trasformazione profonda a cui è andata incontro la sua città in occasione delle Olimpiadi del 2008, ed è Fuyang, insieme al tempo che procede inesorabile, il vero protagonista del film, come si evince anche dalla scelta di inquadrare quasi sempre i personaggi umani in campi medi o lunghi, mostrandoli come piccola parte di un tutto molto più grande, delle minuscole bolle d'aria che ogni tanto riaffiorano in superficie mentre l'acqua scorre incurante di ogni piccolezza. E se a volte il cineasta esordiente non riesce a mantenere bene l'equilibrio tra i due elementi, semplificando un po' troppo la vicenda umana, complessivamente i momenti di disarmante tenerezza si sposano egregiamente con una riflessione più distaccata sull'evoluzione del paesaggio e dell'ambiente in cui ci muoviamo, un processo che trascende il ciclo vitale di ognuno di noi. Certo, la possibilità di perdere la nonna è fonte di sconforto per i vari membri della famiglia, ma vi è anche la consapevolezza, dentro e fuori il film, che questi piccoli episodi, raggruppati all'interno di un flusso più imponente, non sono né l'inizio né la fine. Soprattutto la seconda cosa, poiché i titoli di coda si aprono con la già menzionata promessa di ulteriori capitoli. Tutto tornerà a scorrere, nella vita e sullo schermo.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Tiepide acque di primavera, sottolineando come si tratti di un esordio letteralmente fluviale che pone le basi, molto promettenti, per una riflessione più ampia, articolata in film multipli, sulla natura del tempo e dei suoi effetti sull'ambiente che ci circonda.
Perché ci piace
- La regia asciutta e in apparenza semplice cela una grande ricchezza tematica e formale.
- Per quanto frammentari, i racconti umani sono per lo più coinvolgenti.
Cosa non va
- La durata di quasi due ore e mezza, unita all'assenza di un fil rouge narrativo più convenzionale, potrebbe dissuadere gli spettatori poco curiosi.