Scrivere la recensione del primo episodio di The Walking Dead: World Beyond significa tornare, a distanza di mesi, nell'universo televisivo basato sui fumetti di Robert Kirkman, ma in un modo diverso dal solito. Non abbiamo infatti a che fare con la serie madre, la cui decima stagione sta tornando sugli schermi con quello che doveva essere il finale (ora chiamato solo "episodio speciale"), e neanche con lo spin-off che ne raccontava l'antefatto, di cui sta per iniziare la sesta annata. No, questo è un nuovo capitolo, nato in parte dalla fantasia di Scott M. Gimple, precedentemente showrunner del capostipite e ora supervisore creativo dell'intero franchise, con l'aiuto del collega Matthew Negrete, anch'egli veterano del mondo ideato da Kirkman. È un nuovo capitolo inconsueto, che arriva in Italia grazie ad Amazon Prime Video anziché Fox come da tradizione e si presenta fin dal principio come qualcosa di diverso: sappiamo già ora, nel bene e nel male (in entrambi i casi in base ad eventuali aspettative per il futuro), che durerà solo due stagioni, di dieci episodi a testa.
Un mondo nuovo
The Walking Dead: World Beyond si discosta da ciò che siamo soliti aspettarci da The Walking Dead principalmente nella sua scelta di storyline: le protagoniste della vicenda sono due giovani sorelle, Iris e Hope Bennett, che fanno parte della prima generazione davvero cresciuta durante l'apocalisse dei morti viventi (la storia si svolge dieci anni dopo l'inizio dell'epidemia, allusione velata al decennale della serie madre). Vivono, insieme ad altri superstiti, in ciò che un tempo era il campus della Nebraska State University. Attendono notizie del padre, uno scienziato di cui si sono perse le tracce dopo che si è recato altrove per un incarico, legato a un'organizzazione militare che ha contatti regolari con gli abitanti della zona. A un certo punto loro decidono di partire alla ricerca del genitore, con alcuni compagni di viaggio, e così inizia una nuova avventura in territorio ostile.
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Diverso, ma non troppo
Lo show si propone come qualcosa di relativamente inedito, concentrandosi sui più giovani e sull'impatto che l'apocalisse ha avuto su di loro, un concetto tutt'altro che inverosimile alla luce degli eventi degli ultimi mesi. C'è anche il valore aggiunto della presenza di Jordan Vogt-Roberts (il cineasta che ci ha regalato Kong: Skull Island) in cabina di regia, nel tentativo di fare qualcosa di nuovo con l'identità visiva del franchise, anche se alla fine rimangono i boschi e gli abiti più o meno uguali per tutti. D'altronde, considerando che non sono esclusi legami più espliciti con la serie madre (chi conosce bene questo universo saprà sicuramente che il gruppo armato ha un nesso con Rick Grimes), sarebbe stato poco saggio discostarsi troppo dall'estetica prestabilita, che solo in alcuni passaggi dove gli effetti speciali vacillano si fa sentire in modo non del tutto positivo.
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Dove invece l'influenza del capostipite si fa notare di più è nella scrittura, e chi era contento di sapere Scott M. Gimple lontano dalle avventure di Daryl e compagnia bella sarà forse meno felice di ritrovarlo qua, con la sua classica logica basata sugli archetipi e non tanto sull'evoluzione organica del racconto. È troppo presto per giudicare da quel punto di vista, e con Negrete come showrunner al posto del collega è del tutto possibile che questa sia solo una partenza a tratti faticosa in vista di un percorso più solido, predefinito, con un punto di arrivo ben preciso al termine dei venti episodi previsti. O meglio, questa è una delle due possibilità. L'altra, sapendo già che non ci saranno infinite stagioni, è che lo stile di Gimple, basato su tempi morti e storyline che girano a vuoto in nome di momenti forti strategici, possa rendere agonizzante anche quella che sulla carta sarà un'esperienza più breve, per lo meno in termini di durata oggettiva del progetto. Gli ingredienti giusti per andare in direzioni promettenti ci sono. Resta da vedere se, con tutta la pianificazione che c'è già stata alle spalle, la serie saprà mescolarli nella giusta misura o se avremo a che fare con una pallida fotocopia dello show principale, proprio nel momento in cui quest'ultimo sta invece ritrovando la retta via.
Conclusioni
È con una certa curiosità che chiudiamo questa recensione del pilot di The Walking Dead: World Beyond, perché se da un lato il primo episodio non fa abbastanza per discostarsi narrativamente e tematicamente dalla serie madre, dall'altro le carte in regola per fare qualcosa di diverso con il mondo creato da Robert Kirkman ci sono tutte.
Perché ci piace
- I personaggi sono archetipici ma efficaci.
- La premessa generale è interessante.
- È un piacere rivedere Julia Ormond sullo schermo.
Cosa non va
- Le scene action non reggono il confronto con la serie madre.
- La scrittura di Scott M. Gimple non è cambiata tra uno show e l'altro.