Dopo gli ottimi ascolti del primo episodio, The Walking Dead, serie targata AMC dedicata agli zombie, è tornata con una puntata dal carattere prevedibilmente interlocutorio. Non poteva che essere così, d'altronde, per un secondo episodio che veniva dopo il setting di luoghi e personaggi operato dal pilot, e che aveva soprattutto il compito di preparare gli eventi (determinanti) che vedremo nel prosieguo della storia, oltre che di delineare meglio quelli che ne saranno i protagonisti. Così, l'episodio ha inizio presentando i due gruppi intorno a cui l'intreccio ruoterà in seguito, verosimilmente destinati a riunirsi presto: gli uomini accampati nel bosco poco lontano da Atlanta, in cui troviamo Shane, poliziotto amico del protagonista Rick, insieme a Lori e Carl, rispettivamente moglie e figlio di quest'ultimo; e il manipolo di sopravvissuti a cui si riunisce Rick stesso in città, dopo una movimentata fuga dal carro armato in cui era rimasto intrappolato, favorita dal giovane Glenn. Il prologo ambientato nel bosco, dopo una tesa sequenza che porta a immaginare esiti ben diversi, ci mostra l'affaire tra Shane e Lori, altro elemento che prevedibilmente avrà il suo peso negli sviluppi della vicenda; successivamente, l'episodio si concentra su Rick, che appena raggiunti i compagni di Glenn barricati all'interno di un supermercato, assumerà il ruolo di leader naturale del gruppo.
Il motivo centrale dell'episodio è rappresentato proprio dalle dinamiche instauratesi nel gruppo chiuso all'interno del centro commerciale, con l'iniziale ostilità nei confronti del poliziotto destinata a tramutarsi presto in fiducia, e con il personaggio "asociale" rappresentato da Dixon (interpretato da una vecchia conoscenza degli amanti del genere come Michael Rooker), instabile e razzista, presto ridotto a più miti consigli dallo scontro con Rick. Il tema delle tensioni (anche razziali) che si instaurano in un gruppo sotto assedio è anch'esso uno dei topoi di sempre dello zombie-movie, da La notte dei morti viventi in poi; la diffidenza e lo scontro dei punti di vista, l'incapacità di gestire una situazione di emergenza e le tensioni che contrastano con la solidarietà, il personaggio negativo e l'emergere di un leader, sono tutti elementi qui ripresi con fedeltà, oltre al sempiterno tema dell'assedio che Romero prese in prestito dal genere western, e che qui rimanda chiaramente al cult Zombi, secondo film della sua trilogia storica: nella scelta dell'ambientazione (il supermercato) ovviamente, oltre che nelle conseguenti riflessioni sul valore della merce e sul venir meno del concetto stesso di proprietà, in una società che ha visto sovvertire le sue regole di base. Così, la storia vede lo stesso Rick tentare di rimediare all'involontaria messa in pericolo del gruppo generata dal suo ingresso nella struttura, con una fuga certo originale nelle premesse: confondersi con i morti viventi cospargendosi di sangue e resti umani, per ingannare gli zombie grazie all'odore di morte. Proprio in questa soluzione narrativa vediamo un altro elemento interessante, già intravisto nell'episodio precedente e sempre più caratterizzante l'intera serie: la drammaticità dei momenti più violenti e splatter, l'assenza di quel contraltare grottesco (o almeno ironico) che caratterizzava al contrario molti esempi cinematografici del genere: si prova un'enorme pena per l'uomo smembrato e massacrato per prelevarne i resti, si avverte la pesantezza e la devastante "immoralità" del gesto, il sangue e le interiora sono davvero sangue e interiora, resti martoriati di un essere umano che come tutti aveva vissuto, amato, sofferto. Proprio in questo elemento drammatico, in questo clima estremamente serio che azzera le derive più ironiche e metacinematografiche che il genere aveva offerto negli ultimi anni (e non parliamo solo di parodie dichiarate come L'alba dei morti dementi - Shaun of the Dead, ma anche di elementi contenuti negli ultimi film dello stesso Romero) rispettandone al contempo tutti i motivi più caratterizzanti, troviamo un indubbio punto di forza dell'intera serie, che non ha paura a tornare alle origini e alle istanze di base del genere horror: le paure ancestrali (la morte), lo sconvolgimento dei tabù, il terrore derivato dal venir meno dei punti di riferimento, di quelle strutture sociali che costituiscono l'impalcatura della vita civile. Venir meno anche del più basilare senso di umanità, il cui sacrificio in nome della sopravvivenza impone di lasciare al suo destino un uomo ammanettato sul tetto di un palazzo, invaso dai non-morti. E, se pure un elemento ironico (e citazionista) lo troviamo alla fine dell'episodio, con un Glenn in macchina che rimanda al protagonista di Io sono leggenda, il deserto e la devastazione che regnano intorno smorzano subito quel sorriso. La morte, più che mai, è al lavoro: Rick e i suoi compagni hanno appena iniziato a farci i conti.Movieplayer.it
4.0/5