Quanto ancora potrà andare avanti una serie come The Walking Dead? Nessuno ad oggi saprebbe dare una risposta, perché se è vero che un inevitabile e prevedibile calo di ascolti c'è stato, è altrettanto vero che la media per episodio continua ad essere invidiabile (oltre 10 milioni di spettatori). E che se è difficile andare avanti all'infinito senza ripetersi (cosa che per molti già sta avvenendo da tempo), il fumetto di Kirkman prosegue imperterrito da molto più tempo e ha ancora molto materiale da offrire allo show. Abbastanza da andare avanti per altre due-tre stagioni e chissà quanto ancora.
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Tutto questo per dire che nonostante sia alla settima stagione, The Walking Dead potenzialmente ha ancora molto da dire e, paradossalmente, può ancora migliorare, può correggere in corsa i propri errori ed eventualmente anche riconquistare fan e spettatori che si sono allontanati col tempo. Per farlo però dovrà necessariamente correggere il tiro su alcuni problemi che hanno afflitto in particolare quest'ultima stagione e che hanno rischiato di rovinare, o quasi, un materiale di partenza (quello dedicato ai primi scontri con Negan) davvero eccellente. Ovviamente dei 16 episodi di quest'anno abbiamo già parlato a lungo e in modo dettagliato (le nostre recensioni le trovate tutte a questo indirizzo), ma prima di salutare la serie e metterla da parte temporaneamente fino al prossimo autunno, ripercorriamola insieme cercando di capire cosa ha funzionato e cosa invece no.
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Cosa ci ha convinto
La dittatura di Negan
Molti non saranno d'accordo. A molti l'interpretazione di Jeffrey Dean Morgan non è piaciuta, come in generale la resa di Negan, più grottesco e sopra le righe che spaventoso. Ma il suo personaggio, in fondo, è sempre stato così, anche nel fumetto: non un cattivo a 360°, ma un bastardo tanto carismatico quanto opportunista. L'idea che deve dare Negan è quella di un personaggio che sei costretto ad odiare a causa del contesto e della situazione, ma in realtà è anche uno che, se si trovasse nella "nostra" fazione, non mancheremmo di ammirare e di volere come alleato se non amico.
È per questo che la dittatura di Negan funziona e che i Salvatori (Dwight escluso) non hanno alcuna intenzione di rovesciarla, perché Negan è sicuramente feroce e vendicativo, ma è anche "giusto" e coerente nel portare avanti le regole che lui ha stabilito e che portano beneficio a lui in primis, ma anche a tutti i suoi "sudditi". Essere un Salvatore, essere uno dei tanti Negan, in questo mondo così difficile è certamente qualcosa per cui vale la pena di combattere, di fare sacrifici e magari anche tradire come dimostra Eugene.
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A differenza di quanto accadeva col Governatore, tutti i Salvatori sono qui assolutamente consapevoli di quello che è a loro richiesto per mantenere i loro standard di vita, così come sono consapevoli di quello che li aspetta al di fuori delle mura di casa. Scelgono di essere cattivi perché è l'unica cosa che gli è rimasta. Scelgono di essere Negan perché sono quelli come lui ad essere in grado di sopravvivere alla fine. Negan diventa così non una persona ma una scelta di vita ed è per questo che è così spaventoso e che, almeno in una prima fase, sembra non lasciare alcuna via di scampo alla gente di Alexandria, ma li costringe ad arrendersi ed accettare queste nuove assurde ed ingiuste regole.
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Rick leader imperfetto
Il personaggio interpretato da Andrew Lincoln è in continua evoluzione ed è un personaggio bellissimo (e reso benissimo dal suo interprete) proprio perché la sua grande umanità lo porta a compiere tante grandi imprese ma anche tanti errori. In questa stagione gli errori di Rick sono molteplici e quasi letali. Il primo, quello che si porta appresso dall'anno scorso, è stato quello di sottovalutare Negan. Il secondo è stato quello di sottovalutare se stesso e i suoi compagni e di non riuscire a vedere un'alternativa al sottomettersi. Il terzo, forse il più grave di tutti, quello di essere pronto a cominciare una guerra senza capire bene le forze in gioco: con il solo appoggio del gruppo di Jadis è convinto di poter uccidere Negan una volta per tutte, ma finisce con l'andare vicinissimo al perdere tutto.
A salvarlo, come altre volte è accaduto, è l'aiuto degli amici e dei suoi cari, di quella famiglia che è riuscito a costruire con tempo e sacrifici e che è disposta a morire (vedi Sasha) per lui e per quello che rappresenta. Questa è la forza di Rick, questo è quello che potrà portare nella guerra contro Negan e proprio per questo sarà interessante vedere quale delle due filosofie potrà vincere e a che prezzo: da una parte la compattezza di un'unica visione, dall'altra una moltitudine di pensieri e leader che può contribuire in modo diverso ma ha anche esigenze diverse.
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L'addio ad alcuni personaggi storici
Questione cliffhanger a parte, la morte di Glenn e Abraham è stato uno shock per gli spettatori ma anche per i protagonisti della serie, soprattutto per Rick che per tutti primi episodi è stato semplicemente annichilito e sopraffatto da quanto successo ad inizio stagione. Il modo, se vogliamo anche rapido, in cui è stato gestito il post-mortem di due personaggi così amati può aver fatto storcere il naso all'inizio a molti, coloro che si aspettavano una maggiore enfasi sulle conseguenze subite dagli amici sopravvissuti.
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Ma in realtà le conseguenze le abbiamo viste per tutta la stagione, in più occasioni e sempre molto emozionanti: Carol che ne viene a conoscenza, Daryl che parla con Maggie delle sue responsabilità, Rick che confessa a Michonne il suo senso di colpa, l'avvicinarsi di Sasha e Rosita etc etc... Ma è nell'episodio finale, con il sacrificio di Sasha e il discorso di Maggie, che la serie omaggia nel modo migliore queste due vittime di Negan di cui non ci scorderemo tanto presto.
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Le differenze con il fumetto
Ormai lo sanno tutti, nelle tavole firmate da Kirkman Negan uccideva solo Glenn. Ma non è certo questa l'unica novità introdotta dalla serie televisiva che prosegue in modo coerente la scelta adottata anni or sono da Scott M. Gimple di fissare con dei paletti alcuni sviluppi narrativi fondamentali e imprescindibili e poi girarci attorno e costruirci nuove linee narrative con la massima libertà. Come vedremo più avanti non tutto sempre funziona al meglio, ma quanto meno lo show riesce a staccarsi nel modo giusto dal fumetto così da offrire costantemente sorprese anche a chi pensa di sapere tutto e al tempo stesso non rovina il piacere agli spettatori di potersi gustare una storia simile ma diversa attraverso gli albi cartacei.
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Cosa ha funzionato solo in parte
Le nuove comunità e i nuovi personaggi
Uno dei problemi delle precedenti stagioni dello show AMC è sempre stata la scarsa varietà di ambientazioni. Con questa nuova stagione il problema è stato in qualche modo risolto visto che ad Alexandria si sono aggiunti Sanctuary (la base dei Saviors), Hilltop (di cui già avevamo avuto un assaggio), Il Regno, Oceanside e in più anche la bizzarra discarica. Peccato però che non tutti i personaggi e i nuovi gruppi ci siano stati presentati alla stesso modo e che se dei Salvatori sappiamo abbastanza e possiamo ritenerci per il momento soddisfatti di tutti gli altri, nonostante diversi episodi trascorsi quasi esclusivamente nelle nuove location, sappiamo ancora molto poco. Certo, alcuni personaggi sono già diventati nuovi beniamini dei fan (Ezekiel e la sua tigre Shiva in primis), ma di molti altri abbiamo già dimenticato il nome o il loro scopo (vedi Gregory). In più c'è l'incognita Jesus, un personaggio tanto atteso e promettente ma che finora fatica ad emergere.
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Il maggiore spazio riservato ai personaggi secondari
The Walking Dead ha tanti personaggi da gestire. Ma davvero tanti. Va da sé che non tutti possono avere lo stesso spazio o la stessa importanza, ma quanto meno va apprezzato il tentativo di non fossilizzarsi sempre e solo sugli stessi. In questa stagione abbiamo visto episodi (più o meno) monografici legati a Eugene, Tara, Rosita, Sasha, Morgan, Negan e Dwight. Un buon modo (peraltro senza mai ricorrere a flashback in stile Lost) per avvicinarci a personaggi più spigolosi o meno incisivi e per trovare nuovi potenziale spunti narrativi per il futuro. Peccato però che non sempre le cose funzionino come previsto, il caso di Tara per esempio è assolutamente esemplare visto che non solo il personaggio non è certo tra i più amati o i più interessanti, ma che era completamente sparito da diverso tempo. Reinserirlo con un episodio del genere, senza alcun altro personaggio storico di supporto, è rischioso e se non scritto e realizzato con la massima cura può risultare solo controproducente.
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Da dimenticare
I tempi narrativi troppo dilatati
L'abbiamo già detto tante volte nelle recensioni che abbiamo dedicato ai singoli episodi, il vero problema di questa stagione (ma più in generale della serie da diverso tempo a questa parte) è la gestione dei tempi e dei ritmi dei vari episodi: perché se è vero che The Walking Dead non è mai stata una serie dal ritmo altissimo e ha sempre dedicato molto più spazio all'introspezione psicologica che alle scene d'azione, è anche vero che in passato c'era un equilibrio che oggi spesso sembra mancare. E soprattutto sembra che sedici episodi (per di più divisi in due tronconi) per una stagione sono forse troppi se non si vuole dare una forte accelerata ma si vuole continuare a mantenere un certo distacco dal fumetto. Ridurre gli episodi a 12/13 potrebbe effettivamente essere un'ottima trovata per il futuro ma bisognerà vedere se la AMC sarà disposta a farlo. In ogni caso la risposta del pubblico non è stata forse quella che si aspettavano gli autori, certe lungaggini di troppo non sono state perdonate e bisognerà in qualche modo porre rimedio per il futuro.
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Qualità tecnico/produttiva altalenante
Se c'è una cosa che ha fatto arrabbiare e scatenare i fan sui social ancora più degli "episodi in cui non succede nulla" sono stati i casi, davvero clamorosi, del pessimo cerbiatto in digitale dell'episodio del Luna Park o dell'imbarazzante fondale di carta di una casa. Certo, poi c'è l'indiscutibile bellezza della tigre Shiva o della messa in scena di alcune degli episodi più riusciti (e quasi sempre c'è lo zampino del sempre più bravo Greg Nicotero in cabina di regia), ma che una serie così importante e seguita abbia delle cadute di stile così clamorose è francamente ingiustificabile.
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Carol, Morgan e Daryl
Chiudiamo infine citando tre personaggi amatissimi dal pubblico che però faticano da tempo a trovare un loro ruolo e un senso nello show. Come abbiamo già detto ormai i personaggi sono tanti ed è difficile trovare il giusto spazio per tutti, ma possibile che per questi tre non ci sia nulla di meglio da fare che continuare a riproporre la solita solfa da più di un anno e mezzo? Daryl per quanto ancora dovrà continuare a vagare da una comunità all'altra senza nulla da fare e senza dialoghi degni di tal nome? E Carol e Morgan quanto ancora dovranno continuare a rimuginare sulle loro persuasioni filosofiche, sulle loro scelte morali per poi puntualmente tornare sui propri passi alla bisogna? Se gli autori non sanno che farne possono sempre decidere di sfruttare l'amore che i fan ancora nutrono per creare ad hoc una linea narrativa che concluda il percorso in modo soddisfacente, ma rischiare di tirare la corda a lungo è un gioco pericoloso e non è certo troppo lontano il momento in cui di questi personaggi a nessuno fregherà più di tanto. Così come, nella peggiore delle ipotesi, anche della serie, ma siamo certi che sia gli autori che la AMC questo l'hanno capito e che correggeranno il tiro già dal prossimo ottobre.
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