Con la recensione di The Story of Looking, presentato in anteprima italiana al Biografilm Festival di Bologna prima di approdare in esclusiva streaming sulla piattaforma IWONDERFULL, torniamo a parlare dell'universo cinematografico di Mark Cousins, regista e giornalista che da una decina d'anni è presenza fissa nelle kermesse di tutto il mondo con i suoi documentari. Progetti che parlano della storia del cinema, in termini generali o con un approccio più specifico, come i lavori dedicati a Orson Welles e alle donne dietro la macchina da presa (quest'ultimo un lavoro fluviale di 14 ore, tant'è che per il debutto in sala alla Mostra di Venezia nel 2018 è stata presentata solo la prima parte del progetto). Un percorso molto particolare, dettato dall'associazione di idee che mette insieme immagini in apparenza incompatibili, e che in questo caso si declina in modo molto personale, mischiando autobiografia e riflessioni più vaste.
Vedere per credere
The Story of Looking, la storia dello sguardo, è innanzitutto un ritratto dello stesso Mark Cousins, che si inquadra nell'intimità mentre riflette su ciò che lo attende: il film documenta infatti, in parte, il preambolo dell'intervento a cui Cousins si è sottoposto per migliorare la sua vista, compromessa da una cataratta (avvertenza per gli spettatori sensibili: ci sono anche sprazzi dell'intervento stesso tra le immagini del progetto). Mentre lui aspetta quel giorno fatidico, comincia a meditare sull'importanza dello sguardo nella vita di tutti i giorni, e nella cultura. Perché prima di essere cineasta Cousins è soprattutto spettatore, non solo al cinema ma in generale: "Quando sono in treno non sto mai al telefono, guardo fuori dalla finestra", ci ha detto di recente in un'intervista (che potete leggere qui sotto), e tale filosofia è evidente nel corso del film, dove si analizza non solo l'esperienza spettatoriale in senso classico ma anche come questa viene rappresentata nell'arte.
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L'amore per le immagini
È un'opera atipica nel canone della filmografia di Cousins, anche se questi si è precedentemente interessato allo sguardo in altri modi, come nel 2018 quando ha firmato un documentario su Orson Welles che poneva l'accento sulla (pressoché sconosciuta) attività pittorica del grande regista. Qui la ricerca delle immagini si fa più intima, e al fianco dei classici montaggi di intuizioni visive ci sono quelle del cineasta, da solo, a letto, sfocato come il suo apparato oculare che spera di riportare agli antichi fasti. Un approccio che può sembrare un po' narcisista, ma che in realtà è coerente con la poetica di Cousins: se tutta la sua filmografia è incentrata sul potere delle immagini, perché non raccontare il momento in cui lui ha rischiato di non poterne più usufruire? Mettendoci la faccia oltre alla voce, quel tratto caratteristico che da anni dà una qualità ipnotica (o esasperante, a seconda dei punti di vista) alle sue riflessioni sul cinema.
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Non è il biglietto da visita ideale per chi volesse avvicinarsi per la prima volta al cinema di Cousins, dal momento che il film è anche una meditazione sul suo stile ormai consolidato. Per gli adepti, invece, è un viaggio simile a quelli precedenti, ma con l'aggiunta di quell'impronta personale, a tratti molto sofferta, che ci fa conoscere un po' più da vicino l'uomo che solitamente è dietro la macchina da presa. Impariamo a conoscere il suo, di sguardo, in tutti i sensi, mentre lui consegna un altro percorso visivo che saprà ripagare chi decide di dedicare a esso gli occhi. Anche con le dimensioni eventualmente ridotte dello schermo con cui lo si vedrà in streaming.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di The Story of Looking, ribadendo come nel documentario di Mark Cousins la riflessione sul cinema incontri la sfera intima in modo sorprendente e struggente.
Perché ci piace
- Il lato personale è molto forte.
- Il lavoro sul versante visivo è, come sempre con il cinema di Cousins, molto interessante.
Cosa non va
- Sconsigliato a chi non ha mai visto prima un film del regista.
- Alcune scene possono essere un po' forti per gli spettatori sensibili.