C'è anche qualche (mezza) delusione al Far East Film Festival 2023 (almeno per chi scrive). E viene da uno dei titoli presentati in conferenza stampa che più ci avevano incuriosito per l'argomento portato in scena. Come spiegheremo nella recensione di The Sales Girl, si tratta di una commedia mongola (due i titoli dalla Mongolia che quest'anno torna per il secondo anno in selezione al Festival) che porta la firma del regista Sengedorj Janchivdorj, che per il suo nono film sceglie di scandagliare i taboo e i pregiudizi sui sexy shop raccontando la storia di una ragazza apparentemente timida che ci lavora, della proprietaria sopra le righe e dei suoi clienti.
Una (a)tipica (tragi)commedia sexy
Il tono di The Sales Girl Sengedorj Janchivdorj lo stabilisce quasi subito dalla prima scena, o almeno così vorrebbe. Si parte infatti con l'inquadratura fissa da lontano di una buccia di banana che cade per strada e poi su vari passanti che si avvicendano su quella via. Prima o poi qualcuno inciamperà su un frutto che, per conformazione, ha una forma fallica non a caso. A quel punto per una serie di (s)fortunati eventi la protagonista del film ottiene il lavoro come commessa al sexy shop illegale, curato da una strana donna dall'accento mezzo russo che la sera si aspetta che la ragazza vada da lei a portarle l'incasso... e un po' di cibo per il gatto. Inizia così per la ragazza una sorta di doppia vita, di nascosto dai genitori e dai compagni di classe, e una specie di educazione sentimentale e sessuale, che arriva tanto dalla suddetta proprietaria quanto dagli avventori più o meno abituali oppure semplicemente incuriositi dal sottoscala del negozio passando per strada. Questa parte del racconto, volutamente irriverente e senza peli sulla lingua, vuole mettere definitivamente un punto sui taboo sul sesso, che non dovrebbe più esistere. Ci riesce e dona alla pellicola un tono giocoso ma non per questo meno attento e sagace.
Una stramba (tragi)commedia filosofica
Dove invece il film perde di mordente è nel voler necessariamente inserire nel tessuto narrativo tutta una parte filosofica ed esistenziale sul ruolo del sesso nelle vite quotidiane dei personaggi. Poteva funzionare se ci fosse stato equilibrio nel tono del racconto, mediato tra la parte più comica e quella più seria e riflessiva, ma purtroppo ciò non accade e il risultato è un film dal ritmo altalenante. Anche la messa in scena riflette questo approccio sbilanciato a livello di sceneggiatura: la regia alterna momenti di campi medi e totali, che vorrebbero donare un approccio più autoriale alla pellicola, ad altri più incentrati su primi piani e dettagli, per provare ad entrare nella psicologia dei personaggi, che rischia però di creare un cortocircuito prima di arrivare agli spettatori. Così come la fotografia che gioca con le luci al neon che richiamano il sexy shop e anche qualcosa di segreto e torbido, pur volendo far trasparire esattamente il messaggio contrario.
Un romanzo di formazione sessuale
Parallelamente assistiamo ad un vero e proprio romanzo di formazione e sessuale della protagonista, che crea un doppio uguale e contrario con la proprietaria, una donna che sembra aver vissuto mille vite e avere altrettante cicatrici rimaste da queste esistenze. Si crea così una sorta di rapporto madre-figlia malsano e anomalo che porterà a rivelazioni sconcertanti tra le due sul rispettivo passato. Il film in fondo è una sorta di terapia di liberazione di una giovane ragazza che ha tutta la vita avanti e forse ha troppa fretta di viverla e scoprirla, e dall'altro la presa di consapevolezza di una signora vissuta e piena di esperienze pronta a condividerle con la nuova generazione per passare il testimone e non far commettere i suoi stessi errori. Si vive una volta sola ed è bene non lasciarsi troppi rimorsi e troppo dolore lungo il cammino, The Sales Girl sembra dirci questo, soprattutto perché il karma agisce in modi misteriosi. Peccato non l'abbia fatto con maggior equilibrio e convinzione.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di The Sales Girl consapevoli dell’intento auto-ironico che il regista ha voluto portare al suo nono film, ma allo stesso tempo consci che il risultato non sia esattamente ciò che lui aveva in mente. Una mescolanza non sempre lineare e fluida di toni e temi per un racconto altalenante che coinvolge e sconvolge fino ad un certo punto.
Perché ci piace
- L'educazione sentimentale e sessuale della protagonista.
- Il rapporto che si crea con la proprietaria del negozio.
Cosa non va
- L'intento autoriale del regista non sempre fa centro.
- Il mix di toni e tematiche è sbilanciato.