Il romanzo L'uomo in fuga di Richard Bachman, ovvero Stephen King quando ha voglia di pubblicare con un altro nome, torna a essere adattato per il cinema dopo L'implacabile (1987) con protagonista Arnold Schwarzenegger. Questa volta il titolo è The Running Man (ovvero quello originale del libro) e nel ruolo di Ben Richards c'è Glen Powell, ormai sempre più lanciato come nuova icona del cinema d'azione hollywoodiano. In sala dal 13 novembre, dietro la macchina da presa c'è una mano che con le scene a tutta adrenalina ci sa decisamente fare: Edgar Wright.
È matematico: se c'è lui al comando si può star certi che ci saranno sicuramente inseguimenti d'auto, corse sfrenate e un ritmo incalzante. Il tutto scandito alla perfezione da una selezione musicale travolgente (e da riascoltare in loop). The Running Man non fa eccezione: se amate i film che non vi lasciano tregua, questo fa decisamente per voi. La vera domanda è: un autore come Wright, che ha sempre lavorato con storie originali da lui ideate (fatta eccezione per Scott Pilgrim vs. the World) e scritte, che quando ha dovuto confrontarsi con un sistema già consolidato come quello Marvel per Ant Man è scappato, sarà riuscito a trovare un compromesso tra indipendenza e le limitazioni di un remake?
Sì e no. La seconda domanda è: Glen Powell regge il confronto con l'amato Arnold Schwarzenegger? Qui possiamo essere più sicuri: non si sente la mancanza della star action anni '80. Anzi: Powell ha fatto un lavoro ottimo, confermandosi perfetto per questo tipo di film anche come interprete dalla molteplici capacità, a suo agio con le commedie romantiche quali Tutti tranne te, i disaster movie come Twisters, l'umorismo demenziale e il cinema d'autore, come testimonia la sua collaborazione con Richard Linklater, che l'ha voluto in Fast Food Nation, Tutti vogliono qualcosa e Hit Man - Killer per caso.
The Running Man: tre film in uno
Scritto insieme a Michael Bacall (una curiosità: anche questo è uno pseudonimo, il suo vero nome è infatti Michael Stephen Buccellato, fa anche l'attore e ha recitato in tre film di Quentin Tarantino, ovvero Grindhouse - A prova di morte, Bastardi senza gloria e Django Unchained), questo The Running Man è come se contenesse tre film in uno.
Ci sono infatti diverse anime che convivono in questi 133 minuti scatenati. Un simpatico omaggio al cult anni '80 (fate caso alle varie citazioni, come i dollari con il volto di Schwarzenegger); l'adattamento più fedele al libro di King e la personalità di Edgar Wright, che, come già detto, si può apprezzare sopratutto nel ritmo tarantolato e in una colonna sonora (con musiche di Steven Price) che trascina. A differenza dell'ancora più muscolare adattamento del 1987, il regista inglese rende giustizia all'anima più cupa dell'opera di King, cogliendone appieno il sottotesto di critica a una politica che si intreccia sempre più con l'intrattenimento.
Fuga per la vita
In questa versione siamo ancora nei Nuovi Stati Uniti. Ben Richards è un uomo finito negli Outer Blocks della metropoli Co-Op City. È stato licenziato a causa della sua umanità e messo nella Lista Nera in quanto insubordinato. La figlia ha bisogno di cure, la moglie lavora in un night club. Quando si presenta l'occasione di fare soldi grazie a un programma televisivo, in cui deve fare il "runner" per 30 giorni, accetta. Peccato che in gioco ci sia la sua vita: la fuga è da assassini che vogliono eliminarlo. A produrre è Dan Killian, un Josh Brolin deliziosamente diabolico. Tutto prende però una piega inaspettata quando Ben diventa, suo malgrado, un simbolo: la resistenza dei dimenticati lo eleva a icona della lotta contro il potere.
Nel 2025 una trama del genere sembra quasi normale: nell'epoca dei social in cui tutto è diventato spettacolo, ci sembrerebbe sicuramente meno strano uno show televisivo di questo tipo. Una serie come Squid Game lo ha raccontato molto bene. Dobbiamo però pensare che quando King pubblicò il libro il Presidente USA era Ronald Reagan: la contaminazione tra spettacolo e politica era appena iniziata. Oggi quella minaccia si è trasformata in una distopia reale (pensiamo alle immagini create con l'AI dal team di Trump).
Wright è ben consapevole della deriva della società contemporanea e infatti inserisce nel film diversi riferimenti a fatti e personaggi che conosciamo bene. Ma, allo stesso tempo, proprio come lo show a cui partecipa il protagonista, realizza un lungometraggio di puro intrattenimento. La gestione dei tre livelli narrativi funziona per la maggior parte della durata, ma in diversi momenti c'è un'incertezza nel cambio di tono. The Running Man rimane comunque un action di fantascienza estremamente godibile, con un grande cast. Insieme a Powell e Brolin ci sono infatti il sempre ottimo Colman Domingo, nel ruolo di Bobby "Bobby T" Thompson, il presentatore del programma; William H. Macy, che interpreta Molie Jernigan, che aiuta il protagonista nella fuga; Lee Pace, ovvero uno dei cacciatori e Michael Cera, membro dei ribelli.
Conclusioni
The Running Man racchiude tre anime in una: la personalità incontenibile di Edgar Wright, maestro di scene d'azione che si mescolano perfettamente con la musica; l'adattamento fedele al romanzo di King e l'omaggio al film anni '80 con Schwarzenegger. Ci sono alcune incertezze nel cambio di tono: questa nuova versione è infatti più cupa della precedente, ma si tratta comunque di intrattenimento puro. Ritmo sostenuto, grande colonna sonora, ottimo cast, guidato da un Glen Powell sempre più in ascesa. Se cercate emozioni forti al cinema è il film che fa per voi.
Perché ci piace
- Il ritmo sfrenato.
- Glen Powell: ormai sempre più in ascesa.
- Un ottimo cast: Josh Brolin, Colman Domingo, William H. Macy, Lee Pace e Michael Cera.
- La colonna sonora.
Cosa non va
- Wright tiene insieme tre film in uno e non sempre il cambio di tono funziona.