È stato Daniel Jones l'ospite a sorpresa, lo scorso ottobre, dell'anteprima italiana di The Report, l'eccellente opera prima del regista Scott Z. Burns, passato per tre giorni al cinema - dal 18 al 20 novembre - prima del suo debutto nel catalogo di Amazon Prime Video dal 29 novembre. Un personaggio che per sette anni ha analizzato la documentazione della CIA per conto di una commissione del Senato degli Stati Uniti, arrivando infine a denunciare i metodi di tortura adoperati dall'Intelligence americana (e proibiti da Barack Obama) all'interno di un rapporto di ben seimila e settecento pagine; lo stesso rapporto che dà il titolo al magnifico film di Scott.
Interpretato sullo schermo da un eccezionale Adam Driver, la cui espressività controllata ma nervosa esprime appieno la tensione del personaggio, Daniel Jones è stato il protagonista di una storia davvero straordinaria. In qualità di assistente della senatrice democratica Dianne Feinstein, che sullo schermo ha il volto di Annette Bening, Jones si è adoperato infatti per abbattere il muro di silenzio eretto dalla CIA, dando vita a uno dei più clamorosi scandali della recente storia nazionale: una vicenda di cui parliamo più nel dettaglio nella nostra recensione di The Report. Oggi Daniel Jones è un paladino dei diritti civili anche attraverso la sua organizzazione, Advance Democracy; ecco cosa ci ha raccontato a proposito di The Report e della sua incredibile esperienza nello staff della senatrice Feinstein.
La tortura e il braccio di ferro con la CIA
Nel film, il suo personaggio ha una determinazione di ferro e non mostra mai segni di cedimento: per lei è stato lo stesso o a volte ha pensato di abbandonare l'impresa?
È stato un viaggio di sette anni: per me, per i senatori e per tutti i membri dello staff. E più scoprivamo nuove informazioni, più ci sentivamo indignati. Quindi no, in sette anni non ho mai avuto un momento di esitazione: perché ne valeva la pena. Sono molto felice che alla fine sia stata pubblicata una sintesi del mio rapporto sulla CIA, e che ora Scott Z. Burns abbia portato questa storia al cinema.
Condivide la decisione degli autori di non raccontare nulla a proposito della sua vita privata?
È stato un lavoro che ci ha impegnato sette giorni su sette, giorno e notte, ed è un tipo di lavoro che recherebbe danni ad ogni relazione. Ma Scott ha preso la giusta decisione nel non mostrare la mia vita privata nel film: non avrei voluto che, a causa di questo, fossero ridotte le scene riguardanti la realizzazione del rapporto.
Com'è stato possibile che uno scandalo del genere si sia verificato in una nazione così attenta alla salvaguardia dei diritti umani?
La CIA aveva condotto degli studi sull'efficacia della tortura nel corso degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, e i risultati hanno portato alla conclusione che la tortura non è efficace. Tale conclusione era contenuta nei vari rapporti interni alla CIA, ma questi rapporti non trapelavano mai all'esterno.
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La ricerca della verità, da Zero Dark Thirty a Donald Trump
Cosa pensa della scelta di inserire, in una scena del film, uno spot di Zero Dark Thirty, un'altra opera sulla CIA e la tortura?
C'è una storia particolare dietro Zero Dark Thirty: lo sceneggiatore Mark Boal aveva scritto un copione incentrato sulla fuga di Osama bin Laden. All'epoca la CIA era stata contattata dai produttori, e propose di girare invece un film sull'uccisione di bin Laden: non più dunque un'opera su una sconfitta della CIA, ma su un suo successo, e fornirono loro del materiale al riguardo. Gli autori di Zero Dark Thirty avevano ottime intenzioni, ma hanno ricevuto dalla CIA dei dati falsi sulla tortura: sono stati indotti a credere a una menzogna, proprio come tutti noi.
I temi al cuore di The Report potrebbero essere ricollegati a quanto sta accadendo in questi giorni negli Stati Uniti e allo scandalo che ha investito Donald Trump?
La ricerca della verità è infinita. Ci sono dei whistleblower che si rivolgono a canali esterni e ufficiosi per denunciare atti impropri all'interno della pubblica amministrazione, e altri che invece usano i canali giusti, come sta accadendo in questi giorni per la questione dell'Ucraina e di Donald Trump. Io ero circondato dai membri di una commissione del Senato, che mi hanno sempre appoggiato; ma alcuni senatori hanno subito un'opposizione perfino più dura di quella che ho subito io.
Ha incontrato Adam Driver per lavorare insieme a lui alla costruzione del suo personaggio?
Sì, ho incontrato Adam Driver. Il rapporto sulla tortura era immenso, poi è stato ridotto a una sintesi di cinquecento pagine, e in seguito è stato condensato nelle centoventi pagine della sceneggiatura: sono quelle le pagine che Adam ha dovuto usare per raccontare ben sette anni, lasciando spazio anche per il contesto degli avvenimenti. Lui e Annette Bening hanno accettato di partecipare al film praticamente gratis, perché hanno creduto nell'importanza di questo progetto. Scott e gli altri hanno svolto un lavoro fantastico per The Report: sono dei narratori straordinari.
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