È stato uno degli ultimi titoli presentati alla dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma, nonché uno dei più attesi dal grande pubblico: The Place, il ritorno dietro la macchina da presa del regista e sceneggiatore Paolo Genovese dopo lo strepitoso responso riportato dal precedente Perfetti sconosciuti. Film dal taglio interamente drammatico e interpretato da un cast corale, dopo l'anteprima a Roma The Place sarà al cinema a partire da giovedì prossimo.
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Sabato pomeriggio, al Festival, abbiamo incontrato Genovese in compagnia di Valerio Mastandrea, il protagonista di The Place, e di quasi tutti gli altri membri del nutrito cast in occasione della conferenza stampa del film, che esplora le scelte morali di un gruppo di personaggi e opera l'insolita scelta di una radicale "unità di luogo", ovvero un bar in via Gallia, a Roma: ecco cosa ci hanno raccontato...
The Place, il lato oscuro di noi stessi
Paolo Genovese, com'è nato il progetto di The Place?
Paolo Genovese: Ho fatto questo film perché ero rimasto folgorato dalla serie americana The Booth at the End. Perfetti sconosciuti e The Place sono legati da un filo rosso: entrambi indagano nella parte più oscura delle persone. Perfetti sconosciuti ci mostra quanto poco sappiamo degli altri, mentre The Place quanto poco sappiamo di noi stessi. Quando ottieni un grande successo, le conseguenze migliori sono la possibilità di fare quello che vuoi e avere un pubblico che si fida di te, perlomeno nel primo week-end. Ho voluto realizzare un film diverso da Perfetti sconosciuti perché, come dicono i fratelli Taviani, vorrei dare al pubblico qualcosa che ancora non sa che potrebbe piacergli: in questo caso, un film più drammatico e fuori dagli schemi.
Come mai la scelta di dedicarti a un altro racconto corale?
Paolo Genovese: Ogni attore ha girato per uno o due giorni, con l'eccezione di Valerio che è stato lì fermo in quel bar per tredici giorni... se quest'anno vincerà il David di Donatello sarà per la miglior scenografia, in fondo è l'unico che gli manca! The Place pone interrogativi profondi sulla nostra asticella morale, usando dieci punti di vista diversi, così da far riflettere lo spettatore in dieci modi diversi. Oggi siamo tutti abituati a dare giudizi frettolosi, anche grazie ai social network, ma questo film ci chiede di esprimere un giudizio più profondo, e in tal senso la coralità era fondamentale.
Qual è il rapporto del protagonista rispetto a questa coralità?
Paolo Genovese: Ciascun personaggio fa i conti con se stesso; il secondo piano di lettura, però, è legato al sentimento per le scelte dei personaggi, ma senza che ci siano interferenze con queste scelte. Valerio Mastandrea ha conferito al protagonista piccole suggestioni per esprimere tale sentimento e la sua pietas; le decisioni dei personaggi, però, sono regolate sempre dal libero arbitrio.
Quanto hai ripreso per il film dalla serie TV alla base del soggetto?
Paolo Genovese: Dalla serie abbiamo ripreso alcuni personaggi, altri li abbiamo eliminati e altri ancora li abbiamo aggiunti noi. Le puntate della serie duravano dodici minuti, mentre nel film volevamo arricchire i personaggi e intrecciare fra loro le varie storie, ma soprattutto dare un finale a tutte le storie e al film in sé.
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Valerio Mastandrea e i nuovi "perfetti sconosciuti"
Quale dimensione volevate dare al personaggio interpretato da Valerio Mastandrea?
Paolo Genovese: Il personaggio di Valerio non è definibile, per una scelta voluta. Nel film ognuno si confronta con se stesso, non esistono un bene o un male superiori: per ciascuno di loro questo metro di confronto è diverso.
Valerio Mastandrea: Ognuno è libero di interpretare il mio personaggio come crede, e questo lo rende ancora più inquietante, perché ti obbliga a capire cosa vuoi veramente. In teoria è un personaggio che potrebbe anche non esistere! Una chiave del mio lavoro era di fargli esprimere l'empatia per il dolore degli altri, come se lui fosse una tenda spostata dal vento.
Nei vostri personaggi avete ritrovato alcuni elementi di voi stessi?
Valerio Mastandrea: Il mio personaggio non ha una storia, ma un ruolo: quello di aiutare gli altri. E mi ha spinto a riflettere sulle sfumature del concetto di "aiuto", per esempio su come questo consista nello spingere gli altri all'autodeterminazione.
Sabrina Ferilli: Io no, assolutamente no, anzi lei è proprio l'antitesi di me come persona.
Vinicio Marchioni: No, fortunatamente no, anche se in quanto padre di famiglia mi sono immedesimato nella sua situazione.
Silvia D'Amico: Io sì, perché a ogni donna capita di volersi sentire più bella.
Vittoria Puccini: A me è successo di desiderare fortemente qualcosa, per poi invece scoprire che dietro ciò che desideri può nascondersi un pericolo... solo a quel punto capisci cosa vuoi veramente.
Silvio Muccino: Sì, ci sono risonanze con la mia vita. Paolo ci ha chiesto di pescare in zone d'ombra e metterci a nudo, una sfida molto stimolante; e quella zona d'ombra è un po' come una bomba ad orologeria, da cui vorremmo scappare ma con la quale invece dobbiamo venire a patti.
Marco Giallini: No, assolutamente no... anzi, non mi rispecchio in nessuno dei film di Paolo!
Rocco Papaleo: Il desiderio del mio personaggio è condivisibile da tutti gli uomini, o quasi: anch'io sognavo di fare l'amore con una pornostar, e una volta ci sono pure riuscito! Però non l'ho pagata, è stata una questione di simpatia...
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Sabrina, il tuo personaggio è differente rispetto a tutti gli altri: qual è il tuo punto di vista al riguardo?
Sabrina Ferilli: Questo film per me è misterioso, difficile da spiegare; io, per esempio, nel ruolo di Valerio ho visto la nostra coscienza. Il mio personaggio è caratterizzato da un colpo di scena, ma potrei anche essere solo una visione di Valerio. Non viene espresso un giudizio e il film va oltre il tema del mistero: è molto maturo e affascinante, e non deve essere spiegato.
A proposito di place: qualcuno di voi ha un "luogo dell'anima" in cui riflettere su voi stessi?
Marco Giallini: Al cesso! Io al bagno faccio certe pensate...
Vittoria Puccini: Nella mia casa di campagna, vicino Firenze.
Valerio Mastandrea: Sulla Tangenziale, alle cinque del pomeriggio!
Paolo Genovese: Quando sto in motorino, e finalmente non devo rispondere al telefono.
Silvia D'Amico: Sul litorale romano.