Il concorso del Festival di Roma ci sta regalando alcune chicche indie made in USA di pregevole fattura. Dopo l'eccentrica opera seconda da regista di Roman Coppola, oggi è la volta di The Motel Life, dramma familiare interpretato da Emile Hirsch e Stephen Dorff. Il film, diretto da Alan e Gabe Polsky, narra la storia di Frank e Jerry Lee, due fratelli, rimasti orfani appena adolescenti, che tentano di sopravvivere nel cuore del Nevada, là dove il sogno americano ha assunto le fattezze di un incubo. Una storia cruda, disperata, narrata con stile agile che segna l'esordio alla regia dei due fratelli produttori i quali, per alleviare il peso del loro racconto, ispirato al romanzo omonimo di Willy Vlautin, ancorano la discesa all'inferno dei loro protagonisti al tentativo di sopravvivere lasciando spazio alle fantasie adolescenziali, alle favole moderne narrate da Frank e ai disegni, unico talento di Jerry Lee. La star Dorff e i fratelli Polsky ci raccontano i segreti della loro vita da motel in un incontro appassionato.
Cosa vi ha attratto del romanzo di Willy Vlautin?
Alan Polsky: Abbiamo letto il romanzo e ci siamo innamorati della storia. Era un libro scritto benissimo e già potevamo immaginarci il film che volevamo raccontare. Sentivamo che i personaggi erano densi di sentimenti, inoltre si parlava di due fratelli che, come noi, collaborano e comunicano attraverso l'arte. Il desiderio di fuga è qualcosa che determina la natura dei personaggi e noi abbiamo cercato di raccontare questa necessità.
Gabe Polsky: Uno degli aspetti più forti della vicenda erano queste storie che i due fratelli si raccontano per darsi coraggio. Volevamo mantenere questo aspetto delle storie inserendole nel plot principale in modo originale. Dopo un brainstorming abbiamo deciso di utilizzare l'animazione e ci siamo fatti aiutare da un grande artista. Ci serviva uno stile un po' greve, grezzo, quasi dei bozzetti, perché se i disegni fossero stati troppo perfetti il tutto sarebbe risultato troppo poco credibile.
Stephen, come hai creato un personaggio complesso come Jerry Lee?
Stephen Dorff: Quando ho letto la sceneggiatura me ne sono innamorato e mi sentivo davvero in relazione con Jerry Lee, ma non sapevo come portarlo in scena. Gabe e Alan mi hanno guidato attraverso questo personaggio così pericoloso. E' qualcuno che ha avuto molta sfortuna nella vita e i Polsky mi hanno aiutato a trovare la dimensione recitativa giusta per non eccedere. Per me forse è stato il ruolo più difficile che abbia mai interpretato perché penso che Jerry Lee sia un uomo molto dolce, pieno di emozioni, ma colpito duramente dal destino.
Voi nella vita, da fratelli, che rapporto avete?
Gabe Polsky: Nella realtà noi abbiamo un ottimo rapporto. Ogni tanto litighiamo ed è accaduto anche nel corso della realizzazione del film. Nella nostra pellicola il rapporto è esasperato, i nostri fratelli si vogliono davvero bene e sono pronti a tutto l'uno per l'altro.
Alan Polsky: Questo è vero. Nello sviluppo della storia anche Frank ha i suoi problemi con l'alcolismo e con la sua ragazza e ha bisogno dell'aiuto di Jerry Lee. Il più debole tra i due fratelli ha comunque la funzione di fungere da sostegno all'altro.
Come siete riusciti ad avere nel cast il grande Kris Kristofferson?
Alan Polsky: Pochi personaggi hanno il carisma di Kris e nessuno meglio di lui poteva interpretare il ruolo che gli abbiamo affidato. E' una persona straordinaria e piena di carisma. Sul set è stato fantastico, ha interpretato le sue scene in due giorni facendo una breve pausa mentre si trovava in tour.
Stephen, di fronte a personaggi come il tuo molti attori fanno sfoggio di virtuosimo. Tu come sei riuscito, invece, distogliere l'attenzione dalla tua menomazione fisica concentrandola sull'interiorità di Jerry Lee?
Stephen Dorff: Prima d'ora non avevo mai interpretato un personaggio con una menomazione fisica, perciò mi sono recato alla clinica universitaria dell'UCLA per incontrare alcune di queste persone e conoscere la loro storia. Però il film parla d'altro, non volevo che fosse lo showcase di una persona senza una gamba. Jerry Lee è una persona che è stata sfortunata nella vita, aveva tanti sogni e ora per un errore sta per perdere tutto. Il fatto di avere una gamba sola è solo uno degli aspetti della sua personalità
Dopo aver lavorato con Elle Fanning in Somewhere come ti sei trovato con la sorella Dakota Fanning?
Stephen Dorff: In realtà le scene che abbiamo condiviso sono poche perché lei recita a stretto contatto con Emile Hirsch. Sul set mi veniva da ridere perché ho lavorato con la sorella minore, conoscevo i genitori e i nonni perciò mi sono sentito subito vicino a Dakota. Sono un po' come uno zio per lei. Sono due sorelle di enorme talento, la recitazione scorre nel loro sangue da sempre.
The Motel Life è un'opera assai ben riuscita, ma se doveste parlare dei difetti del film cosa direste?
Alan Polsky: Il film aveva dei vincoli. Abbiamo girato in 24 giorni e ogni regista vorrebbe avere più tempo a disposizione. Io sono fiero di tutti coloro che hanno lavorato con noi. Sul set siamo diventati una famiglia, vivevamo tutti insieme in un casinò di Reno e siamo molto felici del risultato.
Stephen Dorff: Dopo Somewhere Sofia Coppola è entrata nella mia vita in un modo davvero speciale cambiandola in meglio. Sono cresciuto sui set cinematografici, nella mia carriera ho avuto alti e bassi e l'arrivo improvviso di Sofia mi ha dato la possiblità di interpretare un ruolo diverso. Lei mi ha fatto un regalo perché era qualcosa di cui avevo bisogno come persona. Dopo mi è stato permesso di scegliere finalmente i film da fare e The Motel Life è un film che ho scelto. Ora voglio interpretare personaggi diversi e generi diversi. Cerco di affrontare nuove sfide che mi stimolino a migliorare sempre.