Una splendida festa di morte. I kinghiani d'hoc come chi scrive riconosceranno in questa frase il titolo con cui fu pubblicato in origine il romanzo Shining in Italia, ma questa definizione si presta bene per descrivere anche The Monkey, il nuovo film di Osgood Perkins che adatta La scimmia di Stephen King, una delle storie contenute nella seconda raccolta di racconti del Re dell'horror, Scheletri. Una definizione che calza a pennello, perché questo è il nuovo lavoro del regista di Longlegs: una sanguinosa e divertita carrellata di morti in una commedia horror eccessiva e gustosa, che si avvale anche di diversi ospiti di riguardo a vivacizzare il tutto. Un film diverso rispetto a Longlegs, ma che si dimostra ugualmente interessante e conferma le capacità del regista nella cura e solidità della messa in scena.
Due fratelli e una scimmia

Hal e Bill sono due gemelli, identici di aspetto ma diversi nel carattere, che trovano in soffitta un scimmia giocattolo appartenuta al padre Peter. Un ritrovamento a cui segue una scia di terribili e sanguinose morti tra le persone che li circondano, che li spinge non solo a liberarsi dell'inquietante giocattolo, ma che finisce anche per far prendere loro strade diverse negli anni a venire. I due sono però costretti a riprendere i contatti e ritrovarsi molti anni dopo, quando la scimmia riappare e le morti ricominciano, costringendoli a cercare di eliminare in maniera definitiva il giocattolo maledetto. Una missione che si rivelerà più complessa, nonché sanguinosa, del previsto e che conferma che per Perkins l'horror si muove con agilità nel contesto familiare.
Legami di sangue
Sono due gli interpreti dei gemelli Hal e Bill: Theo James nella loro versione adulta e Christian Convery che li tratteggia da ragazzi nella prima parte di The Monkey. Proprio questo primo atto del film è il più riuscito in quanto a caratterizzazione dei due personaggi, perché da una parte ne abbozza il rapporto e il legame, ma anche per come riesce a incarnare alcune tematiche sviluppate di tante opere di Stephen King relative all'infanzia e quella disarmante purezza nel trovarsi faccia a faccia con l'orrore e confrontarsi con esso. È lì che Osgood Perkins dimostra di riuscire ad andare oltre l'esiguo racconto a cui si ispira il film, di aver fatto proprio lo spirito dello scrittore in senso più ampio e compiuto.

Nella parte di storia che vede il giovane Convery al centro del racconto si gettano le basi per quello che verrà a seguire, per quella scia di morti sempre più eccessive che ci conducono verso il finale della storia. Un'attenzione per la costruzione dei personaggi che ci sarebbe piaciuto vedere maggiormente sviluppata per tutta la pellicola, che si affida con gusto all'altra sua anima: quella eccessiva e gustosamente sanguinosa.
The Monkey e il gusto per sangue e morte
D'altra parte non ci può sorprendere questo gusto per l'horror visti i nomi coinvolti: se Perkins ha già dimostrato di padroneggiare il genere, per quanto declinato diversamente, con Longlegs, e Stephen King è la massima autorità del campo, troviamo anche James Wan alla produzione. Un best of dell'horror contemporaneo che si concretizza in un'esplosione di sangue e morte consapevole e divertita, che sa coinvolgere anche lo spettatore in questo tripudio di uccisioni messe in scena con piglio creativo e gusto per lo shock. È evidente la capacità di Osgood Perkins nella messa in scena, nella costruzione di sequenze d'impatto per mostrarci ogni vittima della scimmia giocattolo: mai banali, eccessive, sorprendenti, le morti di The Monkey fanno pensare all'approccio fantasioso dei vari Final Destination con una spinta ulteriore sull'acceleratore del gore.

Funziona? Sì, è perfetto in quello che intende fare, basta sposare le intenzioni dell'operazione e lasciarsi andare. Godersi il macabro spettacolo senza pretendere di più dal punto di vista narrativo, limitato in partenza da un originale cartaceo ben poco approfondito. Siamo invitati a una festa di sangue e partecipiamo con piacere, così come i volti noti che compaiono in cameo, da Elijah Wood allo stesso Perkins, pronti a cogliere i tanti easter egg e le citazioni al mondo di Stephen King che infarciscono il racconto. Un gioco nel gioco.
Conclusioni
Tanto sangue, ma anche altrettanto macabro divertimento per The Monkey, il nuovo lavoro di Osgood Perkins che dopo Longlegs adatta un racconto di Stephen King mettendo in scena con creatività e gusto una serie di violente uccisioni. Se il primo atto imposta bene anche il rapporto tra i due fratelli protagonisti, andando avanti con la storia è la componente horror e gore a prendere il sopravvento invitandoci a partecipare a una gustosa festa di sangue. Valore aggiunto del film i cameo e gli easter eggs e citazioni al mondo di Stephen King da cogliere per gli appassionati del Re dell'horror.
Perché ci piace
- Il gusto e la perizia tecnica con cui le morti del film sono messe in scena da Perskins.
- I cameo e i tanti easter eggs alle opere di Stephen King.
- L'attenzione per le tematiche di King, a partire da come sono sviluppati i due gemelli sin dall'infanzia, che vanno oltre l'adattamento del singolo racconto.
Cosa non va
- Va da sé che bisogna accettare l'operazione e non cercare uno sviluppo narrativo più articolato.