Volevamo iniziare con una frase memorabile questa nostra recensione di The Midnight Sky, per dettare il tono della storia e descrivere brevemente le sensazioni che il settimo film diretto da George Clooney ci ha lasciato a fine visione. Dopo un lungo pensare, però, ci siamo dovuti ricredere. Il film, disponibile dal 23 dicembre su Netflix, non ci ha lasciato qualcosa di forte durante la visione e, arrivati ai titoli di coda, ci ritroviamo nella spiacevole situazione di non trovarci alcuna sua traccia addosso. Non è un disastro, ma senza dubbio è una delusione; non è un fallimento artistico, ma evita ogni spunto originale. La sensazione principale, nel corso delle due ore di film, non è tanto il ripetersi di certe tematiche care all'ultimo filone di narrativa sci-fi, ovvero la comunione tra esistenzialismo e affetti attraverso la distanza delle stelle, ma la mancanza di un focus ben definito che rende la storia tratta dal romanzo di Lily Brooks-Dalton vecchia in partenza.
Due storie tra terra e cielo
Anno 2049: la Terra è affetta da cambiamenti climatici che hanno reso l'aria irrespirabile. I pochi sopravvissuti hanno cercato riparo nei rifugi sotterranei, tranne Augustine Lofthouse, astronomo e malato terminale, che ha preferito restare in uno dei pochi posti ancora abitabili: una base scientifica nell'Artide per cercare di comunicare con una navicella spaziale di nome Aether. La squadra della navicella, composta da vari astronauti tra cui Sully (Felicity Jones), sta tornando a casa dopo aver passato del tempo studiando una luna di Giove, scopertasi abitabile, pronta per accogliere la salvezza dell'umanità. L'equipaggio non sa che la Terra, nel frattempo, ha raggiunto il punto di non ritorno. Mentre Augustine e Sully cercano di mettersi in contatto, nella base scientifica fa la comparsa una bambina muta di nome Iris, che inizierà a sconvolgere la vita dell'astronomo. E, forse, a renderlo meno solo durante i suoi ultimi giorni di vita. È un film che alterna le vicende ambientate sulla fredda e inospitale terraferma e il vuoto e pericoloso spazio, scelta che sottolinea come l'unico barlume di speranza per la vita futura sia insito unicamente nell'umanità e nei rapporti tra le persone. I due protagonisti, l'uno in cielo, l'altro in terra, possono proseguire nella loro "avventura" (che sia la missione, o la vita) solo attraverso un contatto (poco importa non sia fisico, ma solo attraverso cuffie e microfono), un primo passo per far rinascere la vita.
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Uno spazio conosciuto
L'astronauta incinta che sta per tornare sulla Terra dopo aver scoperto la possibilità di una nuova vita. Il solitario rude che ha dedicato la sua vita al lavoro sacrificando i suoi affetti. La sopravvivenza di un adulto e una bambina che non parla. Ma anche una tempesta cosmica che provoca danni alla navicella. L'unica base umana che riceve il contatto in un clima glaciale. Ma anche un passato da superare e affetti da ritrovare. Sono tutte tematiche già raccontate e che Clooney non riesce ad elevare: per gran parte del film, si ha la sensazione di assistere a un bignami di film sullo spazio già conosciuti (alcuni momenti ricordano addirittura Gravity dove recitava proprio George Clooney) e assimilati, senza che le tematiche - che non definiamo banali - possano dimostrare la loro originalità e la loro particolarità. Più interessato al singolo che alla somma delle loro parti (come il personaggio di Augustine, solitario eremita), The Midnight Sky vorrebbe arrivare a un finale catartico, ma senza aver lavorato a dovere sui personaggi, sulle loro motivazioni e su una certa coesione narrativa che dovrebbe sorreggerne il peso emotivo. Interessato ad emozionare senza sforzi, il film non cattura mai completamente lo spettatore: ne attira a fasi alterne l'attenzione senza dare l'idea di una direzione precisa. Il risultato è un'opera che vorrebbe abbracciare una dimensione autoriale e "alta" cercando di raggiungere lo spettatore "mainstream", rimanendo in una via di mezzo non appagante che non entusiasma.
George Clooney, il fascino e l'ingegno dietro la macchina da presa
Le stelle che illuminano il cielo
Sia chiaro, non tutto è da buttare. Per quanto a volte troppo presente, la colonna sonora di Alexandre Desplat è l'ennesima conferma del talento del compositore. George Clooney, se dietro la macchina da presa dimostra comunque una mano solida, anche se ben distante dalla qualità delle altre sue prove, riesce a dare vita a un personaggio interessante, forse troppo chiuso in sé stesso, ma senz'altro affascinante. Le scene mute in compagnia della giovanissima Caoilinn Springall (soprattutto davanti a un piatto di piselli) sono momenti in cui il film sembra credere molto in quello che sta raccontando e funzionano soprattutto dal punto di vista emotivo. Un po' più sottotono Felicity Jones per colpa di un personaggio non particolarmente carismatico mettendo in risalto il difetto maggiore - quello di scrittura - del film. Molto buoni gli effetti speciali che riescono a dare vita ad alcuni momenti che rendono appagante la visione. Peccato che questi momenti più riusciti, uniti a scelte di regia azzeccate, minimali ma comunque forti, non riescano a colpire a dovere lo spettatore.
Conclusioni
A conclusione della nostra recensione di The Midnight Sky non possiamo fare a meno di esserne rimasti delusi. Nonostante alcune buone sequenze, una colonna sonora piacevole e l’interpretazione di George Clooney, il film si appoggia su tematiche importanti ma abusate, non riuscendo ad elevarle, sembrando così un film sin troppo derivativo. I singoli momenti più emozionanti e spettacolari non bastano per promuovere un film che appare superficiale, in una costante via di mezzo senza direzione precisa, e che, cosa più grave di tutte, non colpisce lo spettatore.
Perché ci piace
- George Clooney dimostra una mano sicura in cabina di regia e una buona prova attoriale.
- Alcuni momenti particolarmente riusciti riescono ad attirare l’attenzione dello spettatore.
- Le tematiche non sarebbero banali…
Cosa non va
- …ma la scrittura penalizza il tutto, personaggi compresi, lasciando costantemente un senso di “già visto”.
- Il film non prende una direzione precisa lasciando un po’ tutto in superficie.