Leggende narrano che, una volta toccato un apice, la discesa sia inevitabile. Apriamo la nostra recensione del sesto episodio di The Mandalorian 2 (2x06) ancora pieni di entusiasmo per il capolavoro a cui abbiamo assistito la scorsa settimana, un concentrato di amore, citazionismo, rivelazioni e tensione difficile da dimenticare. Ammettiamo che una parte di noi si aspettava la quiete dopo la tempesta, l'altra invece non voleva rassegnarsi a un episodio che guardasse dal basso verso l'alto in nobile predecessore. Perché avremmo preferito cavalcare ancora sulle onde altissime dell'entusiasmo. Con questo The Tragedy ci siamo fermati a metà strada, sicuramente lontani dai fasti della scorsa settimana ma neanche dentro i tanto temuti episodi filler fini a se stessi e inconcludenti. Lo dimostra un cambio di passo nel ritmo e nello scorrere degli eventi molto significativo. Diciamo la verità: quando Ahsoka Tano ha detto a Mando di volare dalle parti di Tython alla ricerca di un tempio jedi diroccato, molti di noi avranno pensato che il viaggio sarebbe stato ancora lungo, tortuoso e pieno di imprevisti di mezzo. Insomma, era lecito immaginare che la cosa avrebbe richiesto molti episodi per verificarsi.
E invece siamo stati smentiti. Questo episodio va dritto al punto, non si perde in chiacchiere e mette subito alla prova gli straordinari poteri di Grogu, ma soprattutto fa una cosa inedita e molto gradita per entrare ancora più in empatia col protagonista: mette Mando in grande difficoltà, con le spalle al muro e alle prese con il concetto di perdita. Un trauma che è parte del suo vissuto, che adesso ritorna con prepotenza.
Chiamami col mio nome
La scorsa settimana era stata quella del grande battesimo. Il Bambino, colui che avevamo tutti adottato come Baby Yoda (per comodità), ha finalmente un nome, una storia, un passato che inizia a delinearsi. Un rito di passaggio fondamentale nell'economia di The Mandalorian, perché di fatto quello che per tredici episodi era stato soprattutto un McGuffin, un tenero comprimario da proteggere e scarrozzare come fosse un pacco prezioso adesso è una creatura a tutto tondo. Se Baby Yoda era un oggetto del contendere, Grogu ora è un soggetto. Ed è interessante come The Tragedy abbozzi questo cambiamento mostrandoci come lo stesso Mando cambi il suo modo di porsi nei confronti del pargolo, non soltanto un cucciolo da proteggere, ma un essere senziente col quale instaurare un rapporto più bilanciato.
E non è un caso che, pur senza dialoghi di mezzo (Grogu non ci ha ancora deliziato con la sua prima parola), l'episodio ribalti il punto di vista con Mando che subisce passivamente la potente volontà del bambino. Succede tutto in un episodio forse non esaltante come The Jedi, eppure determinante nel darci una certezza: la seconda stagione volge al termine, la narrazione ormai è un piano inclinato in cui non si possono permettere pause e soste. E così Robert Rodriguez può scatenarsi dando fondo a un tema a lui caro: tanta voglia di azione e frenesia.
Grandi ritorni
Ormai lo abbiamo imparato: The Mandalorian saccheggia archetipi narrativi con invidiabile noncuranza ed efficacia. Questo episodio non fa eccezione. E allora si ritorna a una dinamica tanto cara al genere western: l'assedio. Tutto The Tragedy è un lungo combattimento in cui "i nostri eroi" devono mantenere e proteggere una posizione mentre i nemici di turno la mettono a ferro e fuoco senza alcuna pietà. La mano di Rodriguez alla regia si avverte eccome nello stile volutamente grezzo e sporco della messa in scena, dove la camera a mano spesso ci restituisce l'irruenza dell'azione con i suoi tremolii e i combattimenti sono meno coreografati del solito. Alcuni duelli all'arma bianca sono particolarmente violenti, privi di armonia, dominati dalla brutalità della possanza fisica. Al netto di qualche sbavatura nel montaggio, questo cambio di passo abbraccia alla perfezione la rabbia e la disillusione di un enorme fantasma del passato che infesta (a meraviglia) tutto l'episodio, rubando la scena a tutti ed esaltando i fan con un paio di sequenze da applausi. Non faremo nomi per non rovinarvi la visione, ma era nostro dovere ribadire quanto questo gradito ritorno lasci il segno anche in alcune scelte della messa in scena. E allora la trovata di Rodriguez in cabina di regia, in quanto grande amante di un certo tipo di cinema "vecchia scuola" e appassionato di B movie, diventa davvero molto coerente con lo spirito del personaggio in questione. A due episodi dalla fine questo La Tragedia mette le cose in chiaro sin dal titolo, perché non è affatto clemente col nostro Mando, forse mai messo sotto torchio come ora. E visto che The Mandalorian saccheggia archetipi manco fosse un fuorilegge del lontano West, eccolo toccare un altro topos narrativo: il protagonista che soffre, perde e si dispera. Sempre un ottimo modo per guadagnarsi altre dosi di empatia da parte del pubblico.
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Conclusioni
Dopo i fasti della scorsa settimana, abbiamo scritto la nostra recensione del sesto episodio di The Mandalorian 2 consapevoli che non potevamo aspettarci gli stessi apici toccati da The Jedi. E così l’arrivo in cabina di regia di Robert Rodriguez è coinciso con un episodio breve, sintetico e stracolmo di azione. A tratti più violento e grezzo nella messa in scena rispetto al solito, The Tragedy vede un altro esaltante ritorno in scena e mette il nostro protagonista in grande difficoltà. E soprattutto inizia a delineare un nuovo arco narrativo per il piccolo Grogu, ormai rinato dalle ceneri di Baby Yoda.
Perché ci piace
- Finalmente il rapporto tra Grogu e Mando si sta evolvendo ribaltando alcune prospettive.
- Il ritorno in scena di un personaggio molto amato dai fan è davvero esaltante.
- L'azione più violenta e sporca del solito...
Cosa non va
- ...che però a tratti mostra qualche sbavatura nel montaggio.
- Dopo gli apici della scorsa settimana, questo episodio è un inevitabile passo indietro.