Lo sapevamo ancora prima di iniziare la nostra recensione del quinto episodio di The Mandalorian 2 (2x05) che avremmo assistito a un episodio diverso da tutti gli altri. Pervaso da un clima di attesa che si regala solo ai grandi eventi, questo Capitolo 13 non solo ha soddisfatto le aspettative della vigilia, ma le ha addirittura superate. Diretto da Dave Filoni, la mente creativa dietro le serie animate di successo (parliamo di Star Wars: The Clone Wars e Star Wars Rebels), e che, più di chiunque altro, ha compreso la natura profonda della saga. Filoni ha dimostrato, col tempo - e non lo neghiamo, con quest'ennesima prova di regia -, di essere il vero erede di George Lucas, colui che riesce ad equilibrare esattamente le tematiche che da sempre fanno parte della saga unendole a una viscerale passione da fan. Il risultato è che quando scrive o dirige si percepisce, subito ad impatto, il cuore pulsante che mette nel suo lavoro: l'episodio di questa settimana è un proseguimento della storia del nostro Mandaloriano preferito e del suo piccolo Bambino, alla ricerca di una Jedi di nome Ahsoka Tano nel pianeta Corvus, ed è impregnato di quell'amore e di quel sense of wonder che - siamo sicuri - colpirà con la stessa intensità sia i vecchi appassionati che i neofiti.
Un episodio di rivelazioni
Non poteva che essere Dave Filoni a introdurre in una serie live action la Jedi Ahsoka Tano, un personaggio che lui stesso ha creato nel lontano 2008 per la serie animata Star Wars: The Clone Wars e che si è dimostrato col tempo uno dei personaggi più amati, oltre che uno dei più tragici. Qui interpretata da Rosario Dawson, incredibilmente perfetta e identica alla controparte animata, Ahsoka non è solo un legame all'universo narrativo della saga e un semplice "contentino" ai fan, ma il motore stesso della puntata sin dalle prime inquadrature che la rappresentano. Proprio il prologo della puntata mette subito in chiaro il tono che sarà mantenuto per tutti i restanti 45 minuti: basta una spada laser per catapultare The Mandalorian nelle dimensioni del mito e dell'epica. Si ha, insomma, la sensazione di star assistendo a qualcosa di incredibilmente importante, non solo nell'impianto visivo (ne parleremo tra poco), ma anche dal punto di vista narrativo. La serie creata da Jon Favreau spesso è stata criticata per la sua stessa struttura episodica, che richiama un po' le vecchie serie televisive che guardavamo da ragazzi, ovvero quella di avere una missione per ogni puntata e procedere lentamente con la trama orizzontale, e La Jedi non è poi così diverso nella sua esecuzione: anche in questo caso il nostro protagonista dovrà compiere una quest prima di ripartire per un'altra avventura. Ma ciò che avviene nel mentre è un episodio ricco di rivelazioni, sia sul passato del nostro "Baby Yoda" (e forse questa sarà l'ultima volta che lo chiameremo così) che sulla situazione della galassia. Da un certo punto di vista proprio queste rivelazioni si dimostrano un'arma a doppio taglio (ma avevamo già approfondito questo aspetto sull'universo narrativo della saga relativamente al finale del terzo episodio): potranno esaltare parecchio l'appassionato che di Star Wars ha visto ogni prodotto audiovisivo e ne riconosce i riferimenti, ma potranno anche lasciare un po' indifferente chi, invece, si è approcciato a Star Wars solo attraverso i film e solo negli ultimi anni (meno male che su Disney+ l'intero universo di Star Wars è a disposizione per essere riscoperto).
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Pistoleri e samurai
Ciò però che davvero colpisce in questo episodio e ne contribuisce nell'eccezionalità è l'atmosfera che si respira. Corvus è un pianeta come non se ne erano mai visti prima nella saga: alberi spogli, polvere, vento che soffia, c'è un clima di desolazione che stacca di prepotenza la serie dalle solite ambientazioni tanto care alla saga e ne omaggia i modelli di riferimento. Il Capitolo 13 è allo stesso tempo una storia di pistoleri (Mando) e di samurai (Ahsoka), western e chambara in un contesto fantasy, ovvero tutto ciò che George Lucas desiderava costruire, in base alle sue stesse passioni, nel lontano 1977. Il ritmo della puntata rallenta nella parte centrale quando ci si concentra sul lore e sugli elementi più spirituali di Star Wars con alcune delle più belle sequenze della serie, riprese sotto una luce lunare e con una scelta fotografica raffinata che dona all'episodio una serie di tableaux vivants, veri e propri dipinti in movimento con una particolare attenzione per la composizione e i colori. Non ci nascondiamo a dirlo: sembra veramente un'altra serie, più curata sotto ogni aspetto, ancora più cinematografica del solito. E anche quando nella seconda metà di puntata l'azione prende il sopravvento, lo fa con dei ritmi tutti suoi e atipici, rispettosi di quei modelli cinematografici. Sono scontri di attesa e di risposta, di tensione (stavolta vera! Impossibile prevederne l'esito)e di pause. I personaggi entrano in scena come figure mitologiche tra gli uomini comuni, i dialoghi si perdono come la polvere soffiata dal vento, basta un cenno, uno sguardo, il modo in cui si muovono le mani avvicinandosi e allontanandosi dalle armi. Un episodio di pistole e spade, azione e calma, di opposti che si attraggono e donano linfa vitale all'universo della galassia lontana lontana.
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Passato e futuro della saga
C'è spazio per espandere ancora di più l'universo narrativo e citare alcuni personaggi che tanto hanno fatto la fortuna della saga. È come se Dave Filoni sapesse di dover raggiungere un obiettivo solo: prendersi gli applausi degli spettatori ai titoli di coda. The Mandalorian prosegue, dopo l'episodio della scorsa settimana, ad espandere la propria mitologia e a inserirsi sempre di più nell'economia della saga: si parla delle Guerre dei Cloni, si parla di Jedi, si torna a parlare di Forza e di quello che significa, si citano personaggi in maniera sorprendente (uno in particolare fa presagire un suo ritorno in live action come accaduto con Ahsoka), si ritorna a discorsi sulla paura e sull'addestramento Jedi. Tutti elementi che negli anni Star Wars ha riproposto più volte e che a prima vista potranno sembrare eccessivamente reiterati. Ma in questo caso il tutto assume la dimensione di un ennesimo tassello che contribuisce a creare un universo coeso, ancora più mitologico. Unisce il passato del brand e si avvia a lanciare il Mandaloriano e il Bambino verso il futuro, sempre più legato al resto delle serie e dei film di Star Wars. Ed è in questo corto circuito tra narrazione e dimensione metacinematografica che questo quinto episodio compie il vero e proprio miracolo regalando il miglior esempio dell'eredità della creatura di George Lucas (e dello stesso autore). Se Star Wars ci ha insegnato che la Forza connette tutte le cose, fa piacere sapere che tutti noi siamo connessi allo stesso modo a questo incredibile, sorprendente, mai stancante universo mitologico.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione del quinto episodio di The Mandalorian 2 completamente esaltati da quanto visto. L’episodio diretto da Dave Filoni è allo stesso tempo omaggio verso la saga e passo in avanti narrativo verso il futuro della stessa. Una cura maniacale e sorprendente a livello visivo, la presenza di grosse rivelazioni, una commistione di western e film di samurai e una dimensione assolutamente epica e mitologica ci regalano uno degli episodi migliori della serie (se non il migliore) che non può fare a meno di esaltare lo spettatore, che sentirà il bisogno di volerne di più.
Perché ci piace
- A livello visivo l’episodio si dimostra il più ricercato e raffinato, portando in scena ambientazioni non comuni.
- Vedere il personaggio di Ahsoka in live action è un sogno che si avvera per gli appassionati, ed è perfettamente interpretata da Rosario Dawson.
- Giocando tra il western e il chambara, l’episodio coinvolge omaggiando il genio di George Lucas.
- La serie si inserisce sempre di più nell’universo narrativo della saga regalando grosse emozioni.
Cosa non va
- Forse lo spettatore meno appassionato potrebbe non vivere con la stessa intensità dei fan alcune rivelazioni.