The Libertine
1763, Venezia la Serenissima. Sotto la spinta dell'inquisizione i preti cattolici celebrano il battesimo degli ebrei che si sono convertiti alla loro religione. Il piccolo Lorenzo Da Ponte però ha difficoltà ad accettare questa imposizione dall'alto e lascia la chiesa scappando. Lo ritroviamo anni dopo: è diventato un abate ed è il protetto di Giacomo Casanova, in compagnia del quale banchetta e seduce le donne. 1781, Vienna. Lorenzo viene condannato per libertinaggio a 15 anni di esilio. In Austria la sua vita e la sua carriera cambieranno completamente dopo l'incontro con il grande Wolfgang Amadeus Mozart e dopo il ritrovamento di Annetta, la sua Beatrice dantesca.
In Io, Don Giovanni Carlos Saura ci racconta un personaggio che fu dotato di grande fascino e di grande carisma, qualità che però furono a lungo il suo croce e delizia: Lorenzo Da Ponte, interpretato da un innocuo Lorenzo Balducci, alias Don Giovanni. La vita dell'autore, riscoperto attraverso un viaggio in due tappe (Vienna e Venezia, la seduzione e l'innamoramento, la fantasia e il cinismo), viene dipanata dal regista di Flamenco sui toni del dramma lirico: la musica accompagna i personaggi e le maschere, come quelle carnevalesche che ricorrono, insistite e velate di una oscura enigmaticità, più volte nel film, intensificandone l'azione. Alle biografie parallele dello scrittore italiano e del genio Mozart, Lino Guanciale, un sorprendente attore emergente da tenere d'occhio, si accompagnano sgualciti rivoli privati: Saura inanella una serie concatenata di sotterfugi e di sipari retti dall'amor fou, e contaminati da un ostentato erotismo, che scoprono i retroscena di una delle opere liriche più sofferte e più conosciute al mondo. Sfarzosi costumi e vistose parrucche incorniciano le figure di attori e di attrici che si muovono e recitano come su un palcoscenico mentre le bizzarre scenografie "plastiche"
miscelano in maniera posticcia gli acquerelli settecenteschi e i colori caldi dei costumi e delle passioni, che provano con grande sforzo a emergere dai composti duetti amorosi, dai seni ammiccanti e maliziosi in bella mostra e dalle maldestre esibizioni voyeuristiche.La suggestiva fotografia di Vittorio Storaro prova a riscaldare l'atmosfera che risulta comunque inibita dalla musica, che pre-potente sovrasta dialoghi disastrosi inutilmente involgariti e ambientazioni surreali e improbabili. La variazione sul tema si scioglie nel manierismo laccato e nel malriuscito tentativo di proporre (o propinare?) il binomio immaginazione-realtà: Saura sembra non essere riuscito a decidersi tra l'una e l'altra dimensione e nel vuoto del mezzo ha inevitabilmente annaspato.