Un gruppo di ragazzi con abilità fuori dal normale. Un misterioso istituto segreto immerso nei boschi del Maine. Un guardiano di notte dal passato doloroso. Una direttrice apparentemente impassibile ma in realtà toccata nel profondo dalla sofferenza. Se questi elementi vi hanno fatto pensare ad un romanzo di Stephen King, è perché ci muoviamo proprio in quei territori così riconoscibili.

The Institute è arrivata su MGM+ (Channel a pagamento di Prime Video e Infinity) con appuntamento settimanale. Ultima opera in ordine di tempo, tratta dalle opere del Maestro del Terrore, ad aver avuto una propria trasposizione nell'audiovisivo. Il primo episodio è disponibile gratuitamente; buona partenza, anche se la strada da percorrere appare in salita.
Da From a The Institute, di nuovo un posto da cui non si può più uscire
Non è un caso che le atmosfere della serie MGM+ ricordino quelle di From. Primo, perché Stephen King è stato uno dei grandi ispiratori (e sostenitori) della stessa. Secondo, perché la produzione condivide varie figure artistiche, a partire dal regista Jack Bender. Il creatore Benjamin Cavell, dopo vari titoli crime e procedurali, ha già adattato da King L'ombra dello scorpione nella miniserie del 2020. Non c'è da stupirsi quindi che si resti catturati dall'incipit, che offre due storie parallele che evidentemente andranno a collidere.
La prima è quella di Ben Barnes (volto riconoscibile della serie), che interpreta Tim Jamieson, ex poliziotto che vuole ricominciare facendosi assumere come guardiano notturno. Peccato che un'anziana senzatetto sembra saperne più di quanto dovrebbe su di lui e su quanto accade misteriosamente nella cittadina.

La seconda è quella di Luke Ellis (Joe Freeman, teniamo d'occhio questa faccia nuova), un ragazzo con il potere della telecinesi (ovviamente incontrollata) che viene rapito (o reclutato?) dal misterioso Istituto. La direzione della struttura è affidata alla dura Miss Sigsby (Mary-Louise Parker, l'altro nome di rilievo nel cast) e il resto dello staff sembra tutt'altro che accomodante, anzi potrebbe far parte della Famiglia Addams. Un luogo in cui si va ma da cui non si può scappare, se non alla fine del proprio "lavoro": questo ci viene detto nei primi episodi, proprio come in From.
L'istituto come assoluto protagonista

Non siamo dalle parti della X-Mansion purtroppo. Ovvero una scuola pensata per proteggere ed aiutare giovani mutanti con abilità straordinarie, insegnando loro come controllarle. Ci troviamo piuttosto dentro un Arkham Asylum, anche se meno decadente, in cui la follia regna sovrana. Le stanze dei giovani dotati lì presenti sono esattamente uguali a quelle che avevano prima di essere rapiti. Ma cosa sarà stato detto alle famiglie di questi ragazzi? L'obiettivo è far accettare loro - passivamente - una serie di esperimenti e studi, prima di un ritorno a casa. Previa cancellazione della memoria.

E proprio di famiglie disfunzionali parla la serie: non tutti i ragazzi provengono da un nucleo solido ma anche da case famiglia, conoscendo quindi bene l'essere spostati "come un pacco postale" senza un mittente a cui tornare. Qualcosa che ricorda gli esperimenti fatti a Undici in Stranger Things e da cui la ragazzina fuggiva. Luke avrà il coraggio - e soprattutto le abilità - di fare altrettanto? L'altra riflessione sottesa è sull'infanzia perduta, tema caro a King fin dai tempi di IT. In questo caso si traduce nel trattare i giovani dotati come se fossero adulti, facendoli dormire in una riproduzione della loro cameretta: un paradosso che speriamo ripaghi in termini narrativi.
La serie è un mix tra IT e Stranger Things

Il protagonista di The Institute è un saputello, decisamente sopra la media, destinato all'MIT a soli 15 anni. Una sorta di Sheldon Cooper che però va oltre i parametri della fisica. Ed è proprio questo che - apparentemente - vuole studiare l'Istituto, abituato a ragazzi molto meno perspicaci. Ma a quale scopo? Cosa fa Miss Bigsby quando rientra a casa la sera? Le regole a cui devono sottostare i ragazzi valgono anche per i dipendenti?
La scrittura di Benjamin Cavell cerca di rispondere a queste domande rifuggendo le dinamiche tipiche da teen drama ma incappa inevitabilmente in qualche cliché. La regia di Jack Bender è abbastanza claustrofobica da tenere incollati allo schermo. Si entra nell'atmosfera torbida fin dalla sigla di apertura, che è una cover di Shout dei Tears for Fears da parte dei Lumineers, una sorta di ninnananna per bambini. E ricorda la cover di Que Sera Sera di From. La fotografia scura sui toni del grigio rende tutto rarefatto, indefinito, proprio come la storia passata e futura dei protagonisti.
Conclusioni
The Institute parte da buona premessa che speriamo si mantenga nel corso delle puntate successive. Una premessa figlia del romanzo originario di Stephen King ma anche di atmosfere che da lui sono partite, come quella di From, con cui c’è una condivisione artistica da parte della serie. Convincono il cast e l’estetica rarefatta, così come l’idea di un misterioso laboratorio a cui si arriva, ma da cui non si può più uscire. O forse il nostro indomito protagonista Luke sarà l'eccezione alla regola?
Perché ci piace
- Il cast, dai veterani agli emergenti.
- L’atmosfera kinghiana generale, dettata da scrittura, regia, fotografia.
- La riflessione sulla famiglia e sull’infanzia perduta.
Cosa non va
- Non si evitano alcuni cliché da teen drama.
- Forse troppi rimandi alla serialità più recente.