In uno dei più rinomati ospedali cittadini, pur alle prese con una difficile situazione economica, un comitato per i trapianti di organi è chiamato a decidere chi, tra tre potenziali candidati, sia più meritevole di un cuore nuovo. Tra i membri vi sono il dottor Andre Boxer, rispettato chirurgo dalla comprovata esperienza, e la sua collega Jordan Taylor, con la quale ha una relazione.
Come vi raccontiamo nella recensione di The God Committee - La scelta, non sarà per nulla semplice selezionare il fortunato, soprattutto anche per via dell'ingente donazione che il padre di uno degli ipotetici beneficiari ha intenzione di fare alla struttura ospedaliera: 25 milioni di dollari che potrebbero risollevarne le sorti in un colpo solo. Medici, psicologi e il prete facente parte del comitato sono di fronte alla loro coscienza e la decisione che prenderanno influenzerà radicalmente i loro anni a venire.
Questione di scelte
Un dramma low-budget dedicato, come testimoniato dalle diapositive ad accompagnare i titoli di coda, al personale medico e in particolare a coloro che per primi si sono distinti nei trapianti di cuore, offrendo così la possibilità di una nuova vita a migliaia di pazienti che ormai si davano per spacciati. The Good Committee - La scelta è basato sull'omonima rappresentazione teatrale di Mark St. Germain e ci trascina nel profondo di un'odissea privata vissuta da un ridotto numero di personaggi, alle prese con rimorsi e rimpianti per quanto avvenuto anni prima. Il film infatti vive su un continuo alternarsi tra piani temporali, con il passato e il presente che si intersecano nel tentativo di districare la matassa narrativa in una forma più imprevedibile e mantenere quel pizzico di sorpresa fino alla mezzora finale, dove infine tutte le - pur prevedibili - carte vengono messe sul banco.
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Anima persa
Il problema principale di un'operazione come questa è in un approccio freddo e minimalista, che rinuncia volutamente a spettacolarizzazioni emotive di sorta in favore di uno sguardo più intimista, che rischia però di privare di tensione la storia e castrare sul nascere le dinamiche tra i personaggi principali. I demoni personali restano così in superficie e lo spettatore finisce ben presto per perdere di interesse, con i complessi discorsi legati all'etica medica che si rivelano fine a se stessi. La presenza di un comitato che sceglie chi ha più diritto di vivere rispetto ad altri può sembrare ai nostri occhi spaventosa ma è una realtà nella sanità statunitense, che si trova così a privilegiare qualcuno, o per meriti o per mero interesse dei giudicanti - come in questo caso.
L'importanza dello stile(s)
La narrazione manca di polso e non riesce a imprimersi - paradossalmente - nel cuore di chi guarda, ma nemmeno nello sguardo data la regia anonima e senza guizzi che si trascina stancamente per novanta minuti di visione, fino a quell'epilogo amaro che sa tanto di beffardo scherzo del destino, inutile forzatura che nulla aggiunge e nulla toglie a quanto mostrato in precedenza. Almeno il cast riesce a mettere una pezza in diverse situazioni, offrendo quel pizzico di umanità a figure spesso schiave di eventi "più grandi di loro": se Kelsey Grammer torna a bazzicare in campo medico dopo aver vestito per lungo tempo i panni del Dr. Frasier Crane nelle serie Cin Cin e Frasier, la parte del leone (o meglio della leonessa) la fa Julia Stiles, attrice fin troppo sottoutilizzata, qui intensa e sofferta al punto giusto.
Conclusioni
I membri di un comitato per i trapianti d'organi, chiamati a scegliere chi sarà il fortunato destinatario di un cuore nuovo, si trovano alle prese con una difficile decisione che mette in gioco etica e interessi e sette anni più tardi sono ancora alle prese con le conseguenze del loro responso. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di The God Committee - La scelta, il film è un dramma freddo e statico, privo di guizzi e sorprese di sorta nonostante una narrazione che cerca di sparigliare le carte "a spasso nel tempo". Il buon cast, in particolare Julia Stiles, poco può per imprimere quell'energia necessaria a personaggi ben presto schiacciati dai loro rimorsi, incapaci di far presa sul pubblico.
Perché ci piace
- Kelsey Grammer e Julia Stiles sono intensi e credibili.
Cosa non va
- La storia è priva di sorprese e ben presto perde di interesse.
- La messa in scena fredda e incolore affossa il lato emozionale sul nascere.