The Girl in the Fountain, Monica Bellucci e il regista: “Anita Ekberg è un simbolo forte”

La nostra video intervista a Monica Bellucci e Antongiulio Panizzi, rispettivamente protagonista e regista del film The Girl in the Fountain.

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The Girl in the Fountain: una scena

Tra gli eventi della sua trentanovesima edizione, il Torino Film Festival propone anche, corredata dal Premio Stella della Mole assegnato a Monica Bellucci, la prima mondiale di The Girl in the Fountain, dove l'attrice umbra e il regista Antongiulio Panizzi riflettono sulla figura di Anita Ekberg, iconica immagine della dolce vita felliniana. Il film, distribuito da Eagle Pictures, esce in sala come evento di tre giorni, dall'1 al 3 dicembre, e in occasione della presentazione torinese abbiamo avuto modo di parlare con la protagonista e il cineasta. Quest'ultimo ha esordito con una spiegazione della struttura del lungometraggio, che parla del voler fare un progetto sulla celebre attrice svedese. "La forma del re-enactment non era quello che volevamo", spiega Panizzi. "Era più interessante vedere il lavoro di un'attrice e studiare un personaggio. Monica ha capito perfettamente questo spirito, e oltre al suo lavoro d'attrice ci ha messo delle cose personali."

LA VIDEO-INTERVISTA A MONICA BELLUCCI E ANTONGIULIO PANIZZI

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Un'immagine immortale

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The Girl in the Fountain: una sequenza

Sono passati 61 anni dall'uscita de La dolce vita, con l'immagine iconica di Anita Ekberg nella fontana di Trevi. Cosa significa oggi quell'elemento visivo? Per Antongiulio Panizzi ha due valenze: "Dopo aver lavorato al montaggio, e al film, per più di un anno, è quasi angosciante quell'immagine, che prima era bellissima. Ci si rende conto di come una diva, già molto conosciuta all'epoca, si sia cristallizzata in quell'immagine. Dopo quel ruolo, che lei interpretò benissimo, al punto da far credere che fosse sé stessa, che non stesse recitando, le proposero solo parti simili. È un'immagine bellissima, ma allo stesso tempo drammatica." Aggiunge Monica Bellucci: "Per toccare una diva come questa bisogna andarci con estrema umiltà, in punta di piedi. Raccontare il processo creativo di un'attrice per interpretarne un'altra è stato il modo più interessante per approcciare il progetto e questa grande diva. È vero che la fontana è diventata una forma di prigione, ma è anche vero che questa donna e attrice con un film è entrata nella storia del cinema, e questo non succede mai. Lei rappresenta un simbolo femminile del dopoguerra, un periodo particolare della Storia italiana in cui le donne erano relegate al ruolo domestico. Arriva questa donna nordica, bionda, che ballava sui tavoli e cambiava i mariti: chiaramente fu come un tornado."

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Il processo recitativo

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The Girl in the Fountain: Monica Bellucci in una scena

La protagonista del progetto parla anche di come si è preparata: "Per quanto mi riguarda, è bello vedere il processo di immedesimazione di questa attrice che piano piano comincia a prenderne gli elementi: l'accento, diventare bionda, cominciare a muoversi in un certo modo. Tutto questo processo di assimilazione funziona solo se poi c'è un contatto d'anima." Nel film si parla anche della differenza tra la vera persona e l'immagine mediatica. Qual è il rapporto tra Monica Bellucci persona e Monica Bellucci diva del cinema? "Quello che diventi a livello simbolico, pubblico, è proprio il pubblico a deciderlo, non sei tu. Io faccio il mio lavoro, che mi piace molto ed è ancora una grande passione, poi però c'è tutta la parte privata che io tendo a proteggere molto. Penso che questo bisogno di ombra sia necessario." Tornando al personaggio di Anita, siccome c'è di mezzo l'accento svedese, si è sentita un po' come Fantozzi? "Lo dico proprio nel film, che non posso parlare così. Poi a un certo punto è uscita fuori una cosa che funzionava a meraviglia. L'accento era bello, sono riuscita un po' a ricostruire la sua voce rauca, e quelle sono magie che non possiamo spiegare."