Arriverà prossimamente nelle sale italiane con Kitchen film The Brink of Dreams, vincitore del L'Oeil d'or, premio per il miglior documentario all'ultima Semaine de la critique di Cannes, diretto dal duo di registi egiziani Nada Riyadh & Ayman El Amir. Il film segue un gruppo di ragazze di un remoto villaggio del sud dell'Egitto che ha deciso di sfidare le convenzioni, fondando una compagnia teatrale di strada, tutta al femminile. Al 42° Torino Film Festival in concorso documentari, i registi, già conosciuti per il fortunato Happily Ever After, descrivono il lavoro fatto in questo coming of age che nell'arco di quattro anni, ha testimoniato dall'infanzia all'età adulta, le fasi cruciali della vita d queste ragazze che sognano di diventare attrici, ballerine e cantanti, sfidando le loro famiglie e i compaesani con esibizioni inaspettate.
Un film nato per volere delle sue protagoniste
Majda, Haidi, Monika sono solo alcune delle giovani artiste e protagoniste di The Brink of Dreams, coloro che in questo documentario si mettono più in gioco, sia nel mostrare la propria vita pubblica, da artiste di strada ma anche nella loro vita privata e familiare. Sono state proprio loro ad essere promotrici del film in un certo senso, lo rivela Ayman El Amir che precisa: "Abbiamo incontrato queste giovani donne nel 2017. All'epoca lavoravamo per un'organizzazione femminista al Cairo che si occupa di empowerment femminile attraverso le arti e grazie a questo abbiamo incontrato molti gruppi di artiste, che lavorano nel teatro e nella musica. Viaggiando nel sud dell'Egitto, abbiamo conosciuto le ragazze del villaggio di El Barsha e siamo rimasti colpiti dal loro coraggio e dal loro essere ribelli. Siamo diventati loro amici e nel 2018 ci hanno chiesto di proiettare alcuni nostri documentari nel loro paese. Ci hanno fatto tante domande su come fare film e su come abbiamo iniziato. Noi neanche siamo del Cairo, non veniamo dalla grande città, e non abbiamo iniziato come registi, io sono un dottore e Nada è un ingegnere. In qualche modo ci siamo rivisti in loro e abbiamo un po' rivissuto la nostra adolescenza attraverso di loro, è stato catartico seguirle per quattro anni".
Ragazze sagge
Nell'osservare queste ragazze, il modo in cui si confrontano con il mondo esterno e si rapportano alle persone, soprattutto i componenti maschili delle loro famiglie e immediato intorno, si nota una sorta di consapevolezza adulta dello stato in cui la loro comunità versa rispetto a tematiche fondamentali come la parità di diritti o il dramma del patriarcato dominante. È Nada Riyadh a confermare questa percezione di maturità: "Specialmente all'inizio quando si esibivano, quello che volevano è farsi vedere e sentire nel loro villaggio, creare un cambiamento nella loro comunità, ed essere riconosciute come artiste dentro questa comunità. Questa è la loro battaglia perché molte persone pensano che un artista è qualcuno che è famoso e va in TV e fa tanti soldi. E nonostante i tanti spettacoli la gente pensa ancora tu non sia un artista se non rispondi questi requisiti. Per loro era molto importante poi discutere temi scottanti come I matrmoni infantili o la violenza contro le donne. Non sono solo ragazze che giocano".
Ragazze e artiste particolarmente sagge dunque, puntualizziamo: "Ogni gruppo di donne, quando si riunisce, acquisisce una sorta di coscienza collettiva che si forma proprio nello stare insieme - spiega Nada Riyadh. Credo che quando loro si sono riunite la prima volta, il loro intento non fosse certo il teatro o il recitare ma più il condividere certe problematiche con le altre, e trovar una sorta di rete di supporto da parte delle altre".
La macchina da presa che aiuta
Davanti alla macchina da presa di Nada Riyadh & Ayman El Amir, le loro protagoniste non si sottraggono ma piuttosto si lanciano in confronti e scontri con i loro familiari su questioni di genere, discriminazioni, disparità di genere. Ne viene fuori una sorta di dialogo lungo tutto il film in cui il pubblico parteggia per queste ragazze nel loro portare avanti piccole e grandi istanze. Si può avere il diritto di sognare e di pensare di non essere solo destinate a rimanere in casa a fare le mogli e le madri. Majda, Haidi, Monika non accettano di doversene andare dal loro villaggio per la più civilizzata e paritaria Il Cairo, vogliono promuovere il cambiamento nella loro comunità. La telecamera dà loro forza, è la scusa, il mezzo, il palcoscenico e forse un luogo dove trovare la mediazione e il coraggio di dire la propria con la potenza necessaria.
"Loro sapevano che la presenza della telecamera sarebbe stata costante e questo le ha spinte ad avere una conversazione con i genitori, con i fratelli, con i vicini di casa, sentendosi in qualche modo protette dalla nostra presenza" concorda Ayman El Amir. Ciò che è anche importante è ciò che è successo dopo la proiezione del film a Cannes: sono tornate nel loro villaggio e sono state accolte con un caldo benvenuto ed è iniziato un cambiamento nel modo in cui le donne sono percepite dentro la comunità ed anche negli spazi pubblici".
The Brink of Dreams: il potere della rappresentazione
Alla luce del cambiamento che sta avvenendo e che il cinema può, evidentemente portare, la domanda ai due registi nasce spontanea: qual è il ruolo dei cineasti oggi? Risponde subito Ayman El Amir: "Il nostro compito e non è scontato oggigiorno, è continuare a fare film. Farne di onesti e che parlino di noi stessi e ci rappresentino. In Egitto ormai il cinema mainstream ci mostra solo persone di status economico agiato, una percentuale molto molto bassa della popolazione egiziana e dunque è molto difficile vedere facce vere, persone normali. Credo sia molto importante pensare alla rappresentazione perché questa è un grande potere". Si unisce Nada Riyadh: "Generamente i film più potenti sono quelli che provano ad andare a fondo nelle situazioni e non si accontentano della superficie. Questo è ciò che molti registi stanno facendo ed è questo che porterà al cambiamento".