Soffia un forte vento, il vento delle memorie. E come marinai in balia delle onde di un mare in tempesta ci ritroviamo a riscoprire e recuperare, all'inizio di questa nostra recensione di The Bourne Identity, un corpo abbandonato. Sono passati quasi vent'anni dall'uscita del primo film di una saga di successo, capace di dar vita a inizi anni Duemila a un nuovo modo di affrontare il cinema action e di spionaggio. Il film di Doug Liman, ispirato al romanzo Un nome senza volto di Robert Lindlum, autore del personaggio, ha dato vita, nel corso degli anni, a tre sequel e uno spin-off. Ripescare Jason Bourne come se fosse la prima volta ci permette di giocare con la nostra stessa memoria, ricordando un film che rivisto oggi mantiene per certi versi una discreta dose di fascino. Merito del suo protagonista e dell'impianto narrativo di partenza: un personaggio alla ricerca della propria identità, letteralmente resuscitato, che si ritrova catapultato in un mondo che lo vuole morto.
Alla ricerca di un'identità
Riassumiamo brevemente la trama del film. Un peschereccio si accorge di un uomo in mare durante una notte di tempesta. I marinai portano a bordo quest'uomo misterioso, ferito alla schiena da due colpi di pistola e senza documenti. L'uomo non ricorda assolutamente nulla del suo passato e, una volta sbarcato nella terraferma, inizia una ricerca personale sulla propria identità. Scoprirà di essere Jason Bourne e scoprirà pure di essere ricercato. Tra inseguimenti, fughe e un mistero da svelare, quello relativo al suo passato e ai motivi per cui stanno tentando di ucciderlo, Bourne scoprirà di essere, nel frattempo, una vera e propria macchina da guerra. Spietato, letale, capace di difendersi rapidamente a colpi di krav maga o prendendo al bisogno oggetti comuni che diventano armi pericolosissime (ad esempio una penna biro), Bourne cercherà di riappropriarsi di quell'identità perduta per chiudere definitivamente col passato e cominciare una nuova vita. In questa missione che ha la caratura delle pericolosissime missioni di James Bond, ma tutta rivolta verso l'interno, verso il mondo personale e non verso l'esterno e la politica mondiale, lo aiuterà Marie (Franka Potente), una giovane ragazza tedesca incontrata per caso con cui nascerà un legame affettivo.
Jason Bourne: I 10 momenti migliori della saga
Perdersi e ritrovarsi
Ciò che funziona di più, nel rivedere The Bourne Identity nel 2020 è la maniera così lineare e francamente diretta con cui il film riesce a instaurare un rapporto con lo spettatore, catapultandolo all'interno della narrazione (la stessa velocità con cui poi Jason e Marie romperanno il ghiaccio e diventeranno partner). Avendo come punto di riferimento un personaggio senza memoria, inconsciamente capace di combattere e cavarsela in ogni situazione, ma anche abbastanza umano e semplice da sembrare un uomo comune (lontano quindi da quel modello di eroe perfetto e pieno di fascino a cui siamo abituati e distante dall'essere l'ennesimo macho dei film action), noi spettatori siamo subito incuriositi dalla storia. L'intero mondo in cui è ambientato il film è un misterioso enigma da decifrare e da scoprire. Siamo nella stessa situazione del protagonista, siamo subito dalla sua parte, come lui abbiamo la curiosità e la necessità di ritrovarci. Bisogna, però, ammettere che, soprattutto nelle sequenze action e in certi colpi di scena, il film non coinvolge sempre allo stesso modo: Doug Liman - per sua stessa ammissione molto più interessato al lato intimo del personaggio che alla spettacolarità e ai momenti più movimentati - gira senza eccessivi virtuosismi lasciando che la storia proceda in maniera abbastanza rapida e senza particolari sussulti. Capace di mettere in crisi, all'epoca, un brand fortissimo come quello dell'Agente 007 (e non è un caso che il successivo ciclo Craig abbia poi un film che si rifà particolarmente al modello Bourne, parliamo di Quantum of Solace), l'arrivo del personaggio di Jason al cinema fu una boccata d'aria fresca, ma che rimane ben inserita nel contesto dell'uscita. Un film che, più passa il tempo, più rischia di perdersi di nuovo.
Per una nuova vita
Molto interessante rimane tutto il discorso tematico relativo all'identità del protagonista e al suo percorso di crescita all'interno del film. Jason Bourne è allo stesso tempo un uomo senza identità alla ricerca del suo passato, ma che è desideroso - una volta raggiunto l'obiettivo - ad abbandonarlo di nuovo per iniziare una nuova vita. Un gioco di inseguimenti che non coinvolge solo Mini Cooper rosse per le strade di Parigi, ma pure il passato e il futuro. Il tutto inserito in un mondo tecnologico, che mostra già le prime connessioni interpersonali (elemento non presente nel romanzo originale per ovvie ragioni - è del 1980! -) e che punta i riflettori su una sorta di predestinazione che ha il sapore della mitologia. Jason Bourne, per quasi tutta la durata del film, si ritrova in un'esistenza che non si è scelto. Gli stessi sicari che tentano di ucciderlo sembrano pedine, marionette di burattinai che gestiscono le vite di tutti, costretti a seguire ordini o a suicidarsi in caso di fallimento. Ritrovare l'identità per Bourne significa venire a patti con il proprio passato di marionetta e recidere i fili per essere finalmente sé stesso. È un discorso che il film non affronta mai di petto, ma lascia sullo sfondo, e in questo modo lo rende sempre attuale.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di The Bourne Identity consci di aver fatto un balzo nel passato di un film che, nonostante abbia creato una saga di successo, in questo primo capitolo sembra aver sofferto il tempo che passa. Nonostante un personaggio carismatico e alcuni momenti adrenalinici, la trama del film mostra il fianco a qualche ingenuità di troppo. C’è un bel discorso tematico sulla ricerca della propria identità, sul crearsi una nuova vita e sulla predestinazione che, non essendo ben esplicitato, diventa atemporale facendo funzionare gran parte del coinvolgimento del film ancora oggi.
Perché ci piace
- È l’inizio di una saga di successo con un protagonista allo stesso tempo umano e letale.
- Alcune sequenze d’azione sono divertenti e ben eseguite.
- Tematicamente affronta un discorso sull’identità e sulla predestinazione valido ancora oggi.
Cosa non va
- La trama presenta, con gli occhi di oggi, parecchie ingenuità e semplificazioni.
- La regia di Doug Liman, per quanto sicura, non presenta particolari momenti creativi che potrebbero valorizzare le sequenze più movimentate.