C'è una melodia country a farsi largo tra le stazioni radio americane. È il 2006 e ad accompagnare quella musica così coinvolgente, figlia di un genere fortemente ancorato a quella terra posta al di là dell'Oceano, è una giovane cantautrice dal nome di Taylor Swift. Ma quella melodia è solo un antipasto di un successo che si espanderà a livello mondiale solo due anni dopo. Nel 2008 e complice il rilascio dell'album Fearless e dell'iconico brano Love Story, Taylor Swift da giovane interprete della musica country si trasforma magicamente in fenomeno di caratura mondiale.
Un successo imperituro, il suo, che nasce e si concentra nello spazio di pochi anni, per poi maturare e continuare a navigare sull'onda dei plausi, dei record e delle vittorie. Per iniziare a comprendere il "fenomeno Taylor Swift" basta recuperare poche frasi lasciate impresse su una pagina del New York Times: "(Taylor Swift è) una delle migliori autrici del pop, il personaggio più dotato di senso pratico della scena country e più in contatto con la propria vita interiore rispetto alla maggior parte degli adulti". Il suo è un linguaggio universale; nello spazio dei suoi versi si nascondono emozioni, memorie, momenti di vita vissuta da chiunque. Al passaggio di ogni canzone, ciascun ascoltatore può, cioè, ritrovare parti di sé; una frammentazione personale raccolta nel ritmo di versi di brani differenti, adesso più lenti, altri più movimentati.
Quanto Taylor Swift riesca a parlare a un pubblico eterogeneo e differente per età, nazionalità e cultura, lo dimostra il suo concerto evento disponibile su Disney+, Taylor Swift: The Eras Tour. Al centro di uno spettacolo quasi cinematografico, immane per tenuta visiva, e scenograficamente curato nei minimi dettagli, l'occhio si perde e la voce scappa via, libera da ogni timidezza e restrizione, per cantare adesso senza paura, insieme ad altre mille voci.
It's me, hi, I'm the problem, it's me
Ma... c'è però un ma. Chi sta scrivendo questo articolo è immune a quel potere magnetico di Taylor. Comprende la forza intrinseca di messaggi potenti nascosti in brani come Anti-Hero o Exile; li apprezza, li canticchia, ma non riesce a fare suo quell'universo cangiante, che dal genere country ha saputo mescolarsi al pop, al folk, e a tratti anche al rock. Chi scrive questo articolo, però, sa che proprio il suo essere estraneo a ogni tipo di fanatismo, può tramutarsi in strumento imprescindibile all'analisi oggettiva di un prodotto come The Eras Tour e al fenomeno che vi è alla base. Cosa spinge quindi milioni di ascoltatori a lasciarsi cullare dai racconti romantici, o dalle fragilità esistenziali firmati Taylor Swift? E soprattutto, come ha fatto un'artista come lei, figlia di una musica apparentemente lontana dalla nostra cultura, a elevarsi al titolo di idolo musicale anche tra il pubblico italiano, per tradizione poco attratto e abbastanza estraneo a un genere come quello country?
Haters gonna hate
Dopo aver passato tre ore e mezza a visionare The Eras Tour, si può tranquillamente affermare che la risposta è alquanto semplice: Taylor Swift è una calamita. Ogni suo sguardo, ogni suo gesto così coreografato, di disneyana, principesca memoria, è un magnete attrattivo che coglie lo sguardo di chi la guarda, per trattenerlo stretto a sé. Sostenuta da impalcature imponenti, colorata da abiti e scenografie restituenti le diverse "ere" della sua carriera, Taylor Swift con la sua presenza scenica riesce a costruire uno spettacolo obiettivamente grandioso, un concerto che si fa prima favola, poi cinema. E non sorprende allora se il suo passaggio sia in sala, che sulla piattaforma Disney+, sia un evento da non perdere, un appuntamento a cui è impossibile mancare. Anche per chi non è interessato; anche per chi è poco coinvolto, nasce in lui l'esigenza di partecipare a questa giostra visiva, così da non restare indietro rispetto agli altri, e insieme comprendere qualcosa di più circa un fenomeno così distante da sé.
Ooh, look what you made me do
Per chi non è parte integrante della musica di Taylor Swift, The Eras Tour funziona lo stesso, perché ben orchestrato, ben diretto, ma soprattutto ben montato. Il rilascio sul grande e piccolo schermo si rivela pertanto una scelta azzeccata e alquanto furba: là dove un concerto non riesce ad arrivare, per ovvia mancanza di interesse da parte di un uditorio poco incline alla musica di Taylor Swift, grazie al suo passaggio televisivo ecco subentrare uno spettacolo per gli occhi che sa farsi apprezzare da tutti. Ma tutto questo si riduce a una questione puramente estetica: certo, l'essere sorretto da un costrutto spettacolare di pura qualità riesce a prendere per mano lo spettatore e migliorare l'esperienza di visione, ma non riuscirà comunque a ovviare il gusto personale per una musica che non entra nelle ossa, non ribolle nel sangue, non scorre sulle guance sotto forma di lacrime di pura emozione.
La comprensione di un fenomeno attraverso il fenomeno stesso
Assistere a The Eras Tour, come anticipato poco sopra, aiuta comunque a comprendere la forza di un fenomeno come quello di Taylor Swift. Nell'era del tutto e subito, dell'apparenza e della superficialità, dietro a quelle coreografie, a quei gesti teatrali, si nasconde la forza di una performer eletta al ruolo di cantastorie. Ogni brano portato sul palco è una fiaba mista alla realtà: la difficoltà di essere donna al giorno d'oggi (The Man), l'essere il nemico di se stessi (Anti-Hero), il combattere contro il fantasma dell'angoscia, della depressione, dei disturbi dell'alimentazione, il sentirsi sempre una somma di errori, e il vivere al ritmo di battiti cardiaci per una storia d'amore sul nascere, e un'altra sul finire, vivono di una sincerità di racconto facilmente riconoscibile e condivisibile.
Non narra storie inventate, frutto dell'immaginazione, o della pura fantascienza, Taylor Swift, ma sprazzi di vita vissuta mescolate a metafore fiabesche (Peter Pan e Wendy, Romeo e Giulietta ecc.) che permettono ai propri ascoltatori di immedesimarsi e così avvicinarsi a quell'universo personale. Un'immediatezza emotiva che fa dei suoi brani dei facili tormentoni social (nonché parti di colonne sonore di opere come The Bear, o The Fall Guy), perché perfetti ad accompagnare attimi di vita quotidiana immortalati da video amatoriali pronti a essere postati sui mass media.
L'aspetto angelico, etereo, e così ordinario della stessa cantante, la volontà di esporsi senza freni o limiti, e la cura maniacale nella resa visiva di tali canzoni (si pensi ai video musicali, o alle performance sul palco), permettono inoltre a tali brani di imprimersi con maggiore facilità nella mente dello spettatore. Un gioco immaginifico di forza reciproca, che stuzzica l'apparato più inconscio del proprio pubblico e che The Eras Tour moltiplica all'ennesima potenza, grazie anche a performance curate come rappresentazioni teatrali, con tanto di oggetti di scena, e narranti una storia ben precisa. Al resto ci pensa la forza personale di una ragazza che avrà paura di se stessa, ma non del mondo che la circonda, tanto da difendere la propria indipendenza e autorialità sfidando il sistema e ripubblicando i primi album nel contesto di una faida contro il produttore discografico Scooter Braun, reo di aver venduto all'insaputa della stessa Swift i suoi diritti d'autore. Una lotta che si è fatta ulteriore ponte di accesso su consensi e simpatie nei confronti della cantante, rafforzando il fenomeno "Taylor Swift" soprattutto sul lato dell'intraprendenza femminile e le conquiste nell'ambito dell'uguaglianza di genere.
Ma tolto quest'abito cucito su misura, rimane quella soggettività che domina quando si parla di musica. La giostra di colori, di sguardi in camera, di scenografie cangianti e in linea con il brano del momento, possono essere momenti che solleticano e divertono, ma che difficilmente spingeranno un ascoltatore ad apprezzare improvvisamente una musica a cui è poco sensibile. Ci possono essere dei piccoli segnali di rivalutazione; alcuni brani potranno piacere di più rispetto a prima, ma nulla di più. E forse va bene anche così. Dopotutto, la visione di un'opera come The Eras Tour per chi non ama Taylor Swift va oltre a motivazioni puramente musicali, ed è per questo importante sottolineare quanto sia indispensabile approcciarsi a tale visione come strumento di indagine e comprensione circa l'universo che ruota attorno a tale cantautrice, i perché nascosti dietro il suo essere fenomeno musicale (e mediatico) e i segreti del suo successo. Poi una volta spenta la luce della televisione, tutto torna come prima, i gusti non cambieranno, si tornerà ad ascoltare i generi e gli artisti tanto amati, consci però di aver fatto tesoro di una presa di coscienza in più circa mode, fenomeni, mondi, così apparentemente lontani da noi.