Swinging Napoli
Musica sixties, colori sgargianti, stile mod ripensato, miracoli presunti ed equivoci da riparare, il tutto nella capitale del Sud Italia mai così improbabile: Pappi Corsicato torna alla regia sette anni dopo Chimera, traducendo secondo la sua folle idea di cinema "La marchesa von O" di Heinrich Von Kleist, già portata sul grande schermo nel 1976 dal maestro francese Eric Rohmer. Il suo adattamento è un affascinante e colorato divertissement senza pretese, eppure geniale, un ritratto spiritoso dei nostri tempi e un'esplorazione della donna di cui non si tacciono problemi e contraddizioni, con un occhio gettato sul maschio in crisi, con la sua brutalità e le sue debolezze. La storia originale non perde quindi la propria attualità, nonostante la sua struttura essenziale: lui è sterile, lei si scopre incinta senza aver avuto rapporti extraconiugali, un miracolo che ha una prevedibile spiegazione, ma che basta a far saltare la coppia chiamata perciò a ritrovare una fiducia andata persa.
Ambientato in una irreale Napoli contemporanea, con la cornice postmoderna del Centro Direzionale, ma i colori e le atmosfere della Swinging London degli anni Sessanta, il film di Corsicato propone personaggi eccentrici eppure sinceri che si muovono in non-luoghi riscaldati da colori accesi e da un gusto che finalmente recupera le intuizioni di anni archiviati dal nostro cinema con troppa fretta. L'estroso regista napoletano coglie le ansie della donna di fronte all'inaspettato, mantenendo sempre un tono leggero e concedendosi spesso momenti visionari in cui il sogno si fa elogio appassionato della femminilità. Gli sguardi s'avvinghiano sullo schermo con passione, il corpo si esalta, tra balli e continue passeggiate che trasudano sensualità, la carne parla e l'abito abbellisce, mentre il patetico resta sempre fuori dalla narrazione, regalandoci finalmente un film di pura leggerezza impreziosita da uno stile eccentrico e da un ritmo travolgente. Rispetto ai suoi film precedenti, Corsicato cerca di mantenersi più equilibrato, evitando gli eccessi pur senza disdegnarli, e rivelando una ricchezza di idee sul piano espressivo davvero irresistibile. Entusiasmante è il continuo gioco di rimandi, dai colori e le suggestioni del cinema di Pedro Almodovar agli inserti geniali à la Tarantino, dalle fantasiose citazioni di film come Via col vento, American Beauty e La corazzata Potemkin, fino alle colonne sonore di Ennio Morricone riciclate per l'occasione con grande intelligenza.
Divertente e a tratti geniale, il film colleziona una serie di quadretti esilaranti, che ritraggono con sapienza le relazioni interpersonali, da quelle familiari ai rapporti d'amicizia, splendidamente orchestrati dal montaggio del bravissimo Giogiò Franchini. Finalmente Caterina Murino ha la possibilità di farsi vedere e non la spreca, Alessandro Gassman ha un compito da svolgere con onestà e fa il suo dovere, Michele Venitucci stupisce per bravura, Martina Stella è per una volta perfetta in un ruolo che sembra calzarle a pennello, e siamo entusiasti nel ritrovare Iaia Forte, protagonista di una delle scene più divertenti del film. L'impressione di essere di fronte a un film "di plastica", a un'opera troppo colorata per risultare credibile, può forse infastidire qualcuno. Giocare a prendersi poco sul serio non ha mai fatto male a nessuno, però, e quando è fatto con tale gusto non può che essere un piacere.