Strade di periferia
La strada rossa. Un titolo che richiama antichi miti, suggestioni, sensazioni tra le più disparate. Titolo che racchiude qualcosa di antico e di mistico.
Ma, al contrario delle possibili impressioni e interpretazioni, il film distribuito in Italia dalla Fandango non è nulla di tutto ciò. La strada del titolo è volgarmente delle tante vie della più squallida delle periferie di Glagow. E questo spaesamento adottato nella scelta del titolo si rivela paradigmatico di tutta la pellicola, che si configura come un lungo gioco di disorientamento, di continuo mescolamento delle carte, provocando così in chi guarda un vago senso di disturbo.
Operazione che assume contorni ancor più problematici e sfumati in quanto priva di un vero e proprio intreccio narrativo, così come quest'ultimo viene solitamente percepito. Solo in un caso si sviluppa un'azione precisa, con delle precise conseguenze, e viene posta dopo un ora e mezzo di nulla apparente.
Un nulla costruito su sguardi, su sensazioni, che permeano epidermicamente la pellicola, rendendo l'apparente inconsistenza del film solamente un'impressione degna di approfondimento.
La trama è dunque, per quanto detto sinora, facilmente riassumibile: Jackie lavora come operatrice in un centro di sorveglianza con telecamere a circuito chiuso. Ogni giorno vigila su una piccola parte della città di Glasgow, proteggendo la gente che vive sotto i suoi occhi. Un giorno le appare sotto gli occhi un uomo che lei pensava non avrebbe mai più rivisto, un uomo che non avrebbe mai più voluto rivedere.
Inizia così un lungo, silenzioso inseguimento, alternato fra la strada e il filtro dei monitor.
Il lungometraggio di Andrea Arnold, già insignita di un Oscar per il cortometraggio Wasp, racchiude moltissimi spunti di riflessione: l'elaborazione del lutto, la tecnologia e le relazioni interpersonali, la sicurezza e la privacy. Tutto messo sul piatto con un fine lavoro di sottrazione, che mette la narrazione al servizio dei personaggi e non viceversa.
Il progetto è stato patrocinato e prodotto dalla Zentropa di Lars von Trier, che ha fatto del film il primo tassello di un più ampio, curioso, progetto. Saranno infatti tre i film girati in Scozia da tre registi diversi (il primo dei quali è stato appunto la Arnold), usufruendo dello stesso cast e degli stessi personaggi.
Red Road punta l'attenzione su Jackie, donna sofferente e introversa, interpretata da una spigolosa Kate Dickie, trascurando quasi del tutto i personaggi secondari. Il film rischia così di soffrire di alcuni momenti di stasi, nell'inseguimento ossessivo delle giornate della protagonista. Un maggior lavoro di elisione in fase di montaggio avrebbe sicuramente aiutato.
Red Road, che si fregia del Gran premio della Giuria di Cannes, risulta così una pellicola per palati fini, dura e scomoda, non ermetica ma nemmeno immediatamente assimilabile.