Intellettuale, giornalista, deputato, dandy, idolo per generazioni di lettori, raccontato tra letteratura, mondanità e racconti privati. Alberto Arbasino era tutto questo, e anche molto altro. Tutte le sue anime le coglie Stile Alberto, il documentario di Michele Masneri (autore del libro omonimo) e Antongiulio Panizzi, presentato alla Festa del Cinema di Roma e in onda sabato 15 novembre su Rai3 in seconda serata.
Una delle figure più originali della cultura italiana del dopoguerra, tanto spietato come scrittore quanto ironico come compagno di mondanità nei salotti e schivo nella vita privata. Il doc prova a restituire allo spettatore i tanti mondi che ha abitato, intrecciando materiali d'archivio, filmati inediti e testimonianze: il "Gruppo 63" e la politica, i rapporti con Pasolini e Visconti, fino al legame duraturo con il compagno Stefano.
La scelta del soggetto del documentario
Ma perché proprio Alberto Arbasino?" "L'ho sempre amato, era il mio scrittore preferito" - racconta Michele Masneri, da cui è partito il progetto - "e quando l'ho conosciuto speravo di diventarne amico. Invece non è successo, perché lui non aveva una corte: teneva tutti a distanza, non cercava adoratori. Era una delle sue qualità più affascinanti".
Mai incontrare i propri idoli, si dice. Eppure dalla conoscenza personale è nato un libro e poi l'idea del documentario. "Quando lo incontravo era come parlare con i suoi romanzi. Al pranzo di Pasqua era come se a tavola ci fossero anche i suoi personaggi, come Desideria di Fratelli d'Italia. Facevo foto e prendevo appunti: volevo conservare un mondo che stava sparendo".
Stile Alberto, Stile Libero: intervista ai registi
Quella di Arbasino era un'eleganza inconfondibile, uno stile vero e proprio, come da titolo, centrale fin dal principio, come ci racconta Masneri: "Lui era la qualità totale. Ogni dettaglio, dalle case ai quadri, era perfetto, ma non per moda. Era naturale. È ineguagliabile: nel mondo di oggi chi è che crea la moda invece di seguirla?".
"Secondo me la libertà è la parola che lo definisce - dice l'autore e regista - Non è mai stato gregario, non si è mai allineato, né a sinistra né a destra. È stato sempre coerente con la sua idea di intellettuale libero. L'ha pagata, ma è un esempio di ciò che un vero intellettuale dovrebbe essere". Scherza Panizzi: "Stile Alberto, ma anche stile libero. È questo che volevamo mostrare".
Una delle immagini più forti riguarda i suoi abiti: "Aveva tutti i vestiti fatti da Caraceni, poi donati alla Caritas. Oggi a Roma ci sono persone che girano con gli abiti di Arbasino, senza saperlo. È un simbolo meraviglioso di chi era davvero: elegante, ironico e profondamente umano".
I lati inediti di Alberto Arbasino
Il documentario vuole restituire la sua libertà e la sua solitudine, scoprendo sfumature inedite: "Mi ha colpito il suo lato televisivo - spiega l'altro regista Antongiulio Panizzi - perché era un conduttore brillante, con tempi perfetti per la TV, anche se la televisione di allora era molto diversa da quella di oggi. Gli fa eco Masneri: _"Io invece ho scoperto la sua solitudine. Da fuori sembrava uno sprezzante, ma era spesso isolato. Non era amato dai colleghi, non ha mai vinto premi importanti. Era apprezzato da una nicchia, ma non è mai diventato mainstream. E questo perché non apparteneva a nessun gruppo di potere".
La scelta del cast nel documentario
In Stile Alberto non ci sono testimonianze di ospiti celebri, scelti per notorietà. "Non volevamo le star in quanto tali" - sottolineano i due cineasti - "ma persone che lo avevano davvero conosciuto, anche se laterali, senza fama. L'unica persona famosa che ci sarebbe piaciuto avere era Stefania Sandrelli, protagonista de La bella di Lodi, il film tratto da un suo romanzo. Aveva accettato, ma poi una contingenza di impegni le ha impedito di partecipare". Il docu-film riesce comunque ad aprire le porte di case che non si vedono mai in TV.
Il coinvolgimento di Luca Guadagnino
Nel progetto è coinvolto anche Luca Guadagnino come produttore: "Aveva letto il mio libro e gli era piaciuto molto" - racconta Masneri - "Quando gli ho parlato del documentario, ha accettato subito di seguirlo. Ci ha consigliato il montatore, ha visto varie versioni e ci ha dato piccole note". Panizzi conclude: "Quello che ci ha colpito è stato il suo rispetto per il lavoro degli altri. È entrato nel progetto con discrezione, senza mai imporsi. Forse è proprio questo che lo rende Guadagnino".