Stick, recensione: Owen Wilson, una serie ben scritta e il golf come metafora di vita

Un ottimo cast e uno splendido tono da commedia umorale dietro lo show in dieci puntata sviluppato da Jason Keller. Con un appunto, lo storytelling sportivo funziona sempre. Su Apple TV+ dal 4 giugno.

Owen Wilson protagonista di Stick

La giocata ad effetto, il fiato tirato, il centimetro capace di fare la differenza. Questione di attimi, sottile confine tra la gloria e la sconfitta. C'è poco da fare, il racconto sportivo declinato sullo schermo - grande o piccolo che sia - funziona sempre alla grande. Al centro, 'sta volta, il cuore di una storia che parte dal concetto di redenzione, agganciandosi poi a quel tassello narrativo che si lega alle seconde possibilità. In mezzo, un personaggio amabile nella sua stortissima definizione (del resto i personaggi storti sono i migliori).

Stick Scena Serie
Judy Greer e Owen Wilson

Con un altro appunto mica male: finalmente il golf non è più sinonimo di sport per ricchi uomini bianchi (e biondi?), bensì viene raccontato come un ponte tra due generazioni accomunate dai sogni, tanto grandi quanto fragili. Ecco cosa c'è dietro Stick sviluppata da Jason Keller, un'altra ottima serie targata Apple TV+ (a cadenza settimanale, con i primi tre episodi disponibili dal 4 giugno) che, per colori e vibrazioni, si affianca di diritto a Ted Lasso.

Stick: a lezione di golf con Owen Wilson

Se parlavamo di sognatori, Stick ha per protagonista Pryce Cahill, interpretato da Owen Wilson (un ruolo tagliato per le sue corde, e ritrova David Dobkin, uno dei registi, a 20 anni da 2 Single a nozze), un ex golfista finito in malora: diversi anni prima era il 18° nel ranking mondiale, prima che la sua vita si frantumasse dopo aver dato di matto durante un torneo PGA. Adesso lavora in un negozio di articoli sportivi, accarezzando i vecchi trofei e, intanto, provando a restare vicino alla sua ex moglie Amber-Linn (Judy Greer).

Le cose cambiano quando Pryce si imbatte in Santi (Peter Dager), un ragazzo che sembra avere una doto innata: colpisce le palline con una precisione tale da essere considerato un fenomeno. Santi però vive ancora con sua mamma Elena (Mariana Trevino), e quindi l'idea di Pryce di fargli da mentore deve prima ottenere il benestare della donna. Ad aiutarlo nell'ambiziosa idea c'è pure Mitts (Marc Maron), che mette a disposizione il suo vecchio camper per un tour che prevede diversi green. Lungo la strada incontrano Zero (Lilli Kay), ragazza gender fluid, che diventerà la caddie di Santi. Tutti e cinque, compresi i cani di Elena, iniziano uno di quei viaggi perfetti per essere declinati sotto forma di serialità.

Lo sport come metafora

Stick Scena Serie Apple
Lilli Kay, Mariana Trevino, Judy Greer, Marc Maron

Stick funziona, perché come nel miglior storytelling sportivo il contesto - il golf, in questo caso - diventa metafora di vita (pur essendo raccontato nel migliore dei modi, senza rinunciare ai tecnicismi che faranno felici i fan di una splendida disciplina sportiva, in quanto la produzione si è avvalsa di diversi consulenti).

Lo show Apple diventa narrazione corale ben bilanciata, dimostrando una simpatia mai approssimativa, e mai banale. All'inseguimento di una seconda possibilità, sulle note di una soundtrack ad effetto (c'è pure la sempre efficace Baba O'Riley degli Who, brano capace di fomentare come pochi altri), e cavalcando i colori saturi di una messa in scena perfetta tanto per la commedia quanto per il dramedy catartico. Un divertimento che non supera il limiti della forzatura, tenendo più o meno bene i trenta minuti delle dieci puntate. Un po' troppe? Probabilmente.

Tuttavia, la scrittura ha la capacità di allargarsi, sfiorando pure le differenze (e diffidenze) generazionali: un muro, tra Santi e Pryce, da superare arrotando un linguaggio da costruire appuntendo la fiducia. Bird dopo bird, swing dopo swing. Entrambi (ri)tornano a guardare in faccia la realtà, si espongono, sfidano se stessi, le proprie convinzioni e i propri demoni: in questo senso il senso del golf si appoggia meravigliosamente bene al tono della serie, essendo uno sport in cui la pressione mentale è molto più forte di quella fisica. La stessa pressione che affligge e sfiata una società, la nostra, votata alla più assurda delle perfezioni. Eppure, come mostra Stick, anche il miglior colpo vincente non può prescindere da quell'irrazionalità sghemba, istintiva e fallibile. Peculiarità che ci rendono umani, e per questo unici. Ricominciando sempre, buca dopo buca.

Conclusioni

Stick ridefinisce il golf, non più solo come uno sport per ricchi, ma come ponte tra generazioni. La serie Apple affronta temi come le differenze generazionali e l'importanza della fiducia, mentre lo storytelling sportivo, ancora una volta, dimostra di essere perfetto sia in tv che al cinema. Un ottimo cast e una messa in scena che mescola al meglio la più umorale delle commedie fanno il resto, evidenziando come l'imperfezione e l'istinto siano ciò che ci rende umani. Oltre la pressione imposta dalla società.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Owen Wilson in un ruolo perfetto per le sue corde.
  • La soundtrack.
  • Il tono da commedia umorale.
  • La metafora sportiva.

Cosa non va

  • Dieci puntate sono troppe.