Un altro pianeta, lungometraggio d'esordio di Stefano Tummolini, già attivo come sceneggiatore e autore, è un film particolare. Innanzi tutto per il budget, che ammonta, postproduzione esclusa, a soli mille euro, ma anche e soprattutto per la vicenda che vuole raccontare, mai così lontana da quelle rocambolesche e sopra le righe che il cinema hollywoodiano ha promosso da anni a proprio cavallo di battaglia. Si parla di una comune giornata al mare, durante la quale il protagonista Salvatore, grazie all'incontro con altri più o meno strani personaggi, avrà l'opportunità di riflettere su alcuni dolorosi momenti del proprio passato ma anche di scoprire che, persino nei luoghi e nei tempi più inaspettati, è possibile ritrovare la serenità e riscoprire la bellezza di una comunicazione vera. La pellicola rappresenta anche un'occasione per superare i pregiudizi e i clichè che gravano attorno agli omosessuali e al loro rapporto con l'amore e il sesso, non a caso Salvatore, seppur dichiaratamente gay e lungi dal disdegnare un po' di sano sesso, instaurerà un'affinità particolare non tanto con il giovane e disinibito Cristiano, che gli esterna sfacciatamente il proprio interesse, ma con la timida e riservata Daniela, con la quale condivide non solo una quotidianità segnata da una sofferenza che non si smorza col tempo, ma anche una sensibilità che è riuscita a sopravvivere alle durezze di ogni giorno.
Presso la Casa del Cinema a Roma il regista e gli attori hanno risposto alle tante domande e curiosità dei giornalisti.
A cosa è dovuta la scelta di ambientare il film in una sola giornata?
Stefano Tummolini: Per questa sorta di "unità di tempo, di luogo e di azione" ci sono essenzialmente due ragioni: la prima è di tipo produttivo, infatti dovendo fare un film praticamente senza soldi, in questo modo si riducevano le spese; la seconda è dovuta al fatto che io sono molto legato a quella spiaggia, amo il mare. Cito anche una frase di Zavattini, secondo cui il limite estremo a cui il neorealismo doveva tendere era quello di raccontare lo spazio di una vita in un'ora e mezza. Io ho voluto esprimere questo mediante l'attenzione costante e continua di un essere umano verso un altro. Inoltre c'è stata anche una grossa sfida a livello fotografico, data dalla necessità di immortalare i passaggi della luce da un momento del giorno all'altro.
La spiaggia dà un'idea di vuoto. Per "riempirlo", come avete lavorato sulla sceneggiatura?
Antonio Merone: La prima idea risale addirittura al 1997, successivamente ho obbligato Stefano a scrivere una sceneggiatura e io stesso l'ho aiutato. Era pronta già cinque anni fa, ma il progetto non ha ottenuto fiducia. Ogni rifiuto impone di riflettere, e ogni volta di rimettere in discussione la storia.
Che tipo di obiezioni vi sono state fatte?
Antonio Merone: Intanto, non tutti sono disposti a leggere una sceneggiatura. Poi ci siamo sentiti dire che non era interessante, che volevano che spingessimo la storia nella pruderie, o che ci fosse un cast di attori noti. O che semplicemente non piaceva.
Come mai avete inserito un riferimento a Ferzan Ozpetek?
Stefano Tummolini: Io ho iniziato a lavorare proprio con lui, come sceneggiatore. La battuta è di Cristiano, che vuole fare l'attore, ed è chiaro che per un giovane lavorare con Ozpetek rappresenta il massimo dell'aspirazione, specialmente per quel che riguarda il tema dell'omosessualità. Con quella scena si esprime anche la frustrazione di chi non riesce ad entrare nei "giri giusti" per far decollare la propria carriera.
Gli attori, come sono entrati a far parte del cast?
Lucia Mascino: Io avevo fatto il provino già sette anni fa, ma con il regista allora non ci eravamo piaciuti. Poi lui mi ha richiamata, secondo me non ricordandosi chi io fossi, ma la seconda volta ci siamo piaciuti, a dimostrazione di come le persone cambino o di come le cose vadano diversamente a seconda del momento. Abbiamo iniziato subito a lavorare, con dieci giorni di studio a tavolino, che per me, che vengo dal teatro, è stato molto importante, perché incontrarsi al di fuori di una dinamica produttiva rende le cose più simili a quelle a cui sono abituata.
Chiara Francini: Io sono molto amica del compositore della colonna sonora, e poi dopo aver letto il copione mi sono innamorata del personaggio di Stella. Le prove sono state molto divertenti, c'era molta interazione tra noi e il regista, e così abbiamo potuto colorare ulteriormente i nostri personaggi.
Tiziana Avarista: Io sono amica del regista, e ho accettato per amicizia, perché credevo molto in questo progetto. Non tanto perché mi piacesse il personaggio di Eva, che era anzi ancora tutto da definire, ma il regista è stato bravissimo a integrare umanamente le persone e a far uscire le peculiarità di ognuno.
Francesco Grifoni: Il regista mi ha contattato mentre studiavo ancora al Centro Sperimentale, e visto che per me era molto difficile riuscire a evitare la scuola, ci siamo dovuti incontrare a Termini. Lì ho letto la sceneggiatura e, dopo vari tira e molla perché non potevo trascurare la scuola, alla fine ho accettato. E' stata una delle prime cose che ho fatto, e ho cercato di creare un personaggio naturale, anche se diverso da me per molte caratteristiche, e Stefano mi è stato di grande aiuto per mettere a punto tutte le sfumature necessarie.
Antonio Merone: A un certo punto, dopo tanti rifiuti, io avevo anche proposto a Stefano di farlo con qualcun altro, almeno uno dei due sarebbe andato avanti, anche se in quel caso mi sarei buttato al fiume! Per fortuna lui non ha accettato.
La scabrosità del tema, e della "redenzione" finale del protagonista, come si concilia con le sale cinematografiche?
Stefano Tummolini: Questo non è certo un film facile da piazzare, ma quando uno crede in una cosa la vuole fare e poi la fa. In realtà non deve essere interpretato come una redenzione, tanto che a Venezia gli è stato assegnato anche il Queer Lion, il premio per i film su gay e lesbiche. Quello tra Salvatore e Daniela è un incontro casuale, tra due persone dalla sensibilità affine e che riescono ad aprirsi reciprocamente, nel caso di Salvatore ancora più che con Cristiano, sebbene siano entrambi gay. Ho lavorato proprio su certi clichè legati agli omosessuali per fare in modo di smontarli, perché la sessualità non è sempre la stessa, può essere contraddittoria come lo sono le persone.
Antonio Merone: Bisogna anche tenere conto che il mio è un personaggio di estrazione popolare, e in certe fasce c'è un'istintualità che la classe borghese non ha. Il modo di esprimersi è più diretto, e passa quindi attraverso il corpo.
Avete fatto delle lunghe prove?
Stefano Tummolini: Il film era praticamente no budget, quindi tutti coloro che hanno partecipato dovevano comunque lavorare, e ci siamo accordati per fare tutto il sette giorni. Già c'era l'incognita meteorologica, ma in ogni caso il tempo andava usato bene, bisognava arrivare pronti. E non fare cose troppo elaborate dal punto di vista tecnico.
Quale è stato il contributo degli attori?
Lucia Mascino: Il copione era già risolto quando ci è arrivato, ma poi sono state fatte anche della aggiunte. Ad esempio io ho un corpo muscoloso, e quindi abbiamo aggiunto la parte in cui spiego che ho fatto ginnastica artistica. C'è stato un lavoro di scoperta reciproca che non capita spesso nel cinema.
Tiziana Avarista: Siamo arrivati con una sceneggiatura già bella, e poi, visto che siamo attori che vengono dal teatro, ci è piaciuta anche l'esperienza quotidiana, senza segretari, costumisti eccetera.
Antonio Merone: Nel tentativo di tre anni fa avevamo soltanto otto minuti di girato, anche per la difficoltà di dover coordinare gli impegni di tutti.
Qual è stato il costo totale del film?
Stefano Tummolini: Noi siamo arrivati solo fino alla fase di premontaggio, poi la Ripley ha fatto la postproduzione e il riversamento su pellicola. Non è vero che si riesca a fare tutto con mille euro, ma si può comunque riprendere. Certo con la distribuzione digitale sarebbe diverso, perché adesso è il riversamento su pellicola che costa.
La pellicola sarà censurata?
Angelo Draicchio [il produttore della Ripley' Film, n.d.r.]: Sta passando in questo momento in censura, sicuramente avremo il divieto ai minori di quattordici anni, speriamo di non avere anche quello ai minori di diciotto.
Pensate che sareste stati così liberi se aveste avuto alle spalle una casa di produzione?
Stefano Tummolini: Come esordiente, non avrei avuto questa libertà. Però è anche vero che il film me lo immaginavo diverso, e siamo stati vincolati dalla povertà di mezzi. Tutto si paga, alla fine.
E' possibile fare un cinema di questo tipo senza un festival che lo supporti?
Stefano Tummolini: Io non so cosa sarebbe stato senza il festival. E' vero che la distribuzione in sala è monopolizzata da un certo tipo di pellicole, e il problema è sempre quello della visibilità, più che della realizzabilità.
Come è stata fatta la scelta delle musiche?
Stefano Tummolini: Innanzi tutto devo ringraziare Francesco Maddaloni, autore delle musiche originali, che ha dovuto spaziare dal pop alle sonorità da film erotico anni '70. Lo stare in spiaggia poi concilia un certo eclettismo, si ascolta la radio, che passa un po' di tutto. Rita Pavone è un classico, che qui è usata con la canzone Alla mia età come contrappunto al monologo di Tiziana che, al contrario della cantante, parla dell'età adulta.
E per quanto riguarda gli aspetti tecnici?
Angelo Draicchio: Il film è stato girato in HDV cam, quindi in digitale, pertanto è stato necessario un grandissimo lavoro di postproduzione, che abbiamo svolto grazie alla collaborazione di un laboratorio di Copenhagen.